In risaia/XII
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XII.
Non c’era tempra robusta che reggesse a quella vita. Tutte le giornaliere si facevano di giorno in giorno più macilente. A vederle tra le nebbie del mattino, avviarsi al lavoro a due, a tre, sfiaccolate, pallide, cogli occhi infossati, le braccia penzoloni, il passo lento, sembravano una processione di fantasmi.
E tuttavia, dopo una settimana di lavoro, la domenica si alzarono ancora di buon mattino per andare fino a Novara alla messa, ed a vendere le sanguisughe.
La Nanna avrebbe amato assai di rimanere dell’altro distesa sulla paglia in quell’inerzia refrigerante.
Ma il negozio delle sanguisughe le premeva; ed aveva esaurita la sua piccola provvista di companatico. La mamma non le aveva mandato altro; forse non aveva trovata un’occasione. Doveva dunque comperarsi qualche cosa, dacchè della minestra che le davano, ben poca poteva mandarne giù.
Si rizzò di mala voglia; stirò le membra ingranchite; si mise il vestito della festa che aveva portato in viaggio, prese i zoccoletti in mano, e via colle altre.
Entrarono in Novara cantando. I bei damerini nervosi, che si sarebbero eccitati, Dio sa quanto, al vedere il piedino d’una signora sporgere di sotto la gonna, uscirono all’ingresso dei caffè dicendo:
— Sono le mondatrici. E guardarono con indifferenza tutte quelle gambette, nude fino al ginocchio, color di mogano, squamose e dure come di legno.
Avevano diciott’anni, povere bimbe! E le loro nudità avariate, non ispiravano più peccati di desiderio.
La Nanna al ritorno era sfinita; il suo sconforto cresceva ogni giorno. Alla zappatura c’era stato il fratello che le aveva continuato un pochino le rozze dimostrazioni d’affetto a cui s’era avvezza co’ suoi. Ma ora si sentiva sola affatto. Nessuno le diceva:
“Sei stanca; va a coricarti. Sei indebolita; mangia....”
Nulla; doveva pensarci da sè, e se ne trovava male.
— Mi sembra di esser figlia di nessuno, diceva. Se la mamma mi avesse mandato Gaudenzio, almeno....
Almeno! era il più che potesse desiderare. E quella volta il desiderio fu esaudito. Le fanciulle che camminavano innanzi, appena si furono affacciate all’aia, tornarono indietro correndo, e tutte sorridenti sussurrarono:
— Nanna, il carro!
— Dove? domandò lei che non ebbe bisogno d’altre spiegazioni per capire di qual carro dicessero.
— Là sull’aja.... risposero le altre.
Corse innanzi a guardare, tutta rossa di gioia. Poi tornò indietro, e sussurrò:
— Il cavallo è staccato; Gaudenzio dev’essere in cucina. E le parve di respirar meglio. Ma non osava entrare in casa, nè chiamarlo. Era impaziente di annunciare il suo ritorno, e non sapeva come fare. Disse:
— Cantiamo per farci sentire.
E si raccolsero in un gruppo fuori dall’aja dietro il cancello, e guardandosi, e sorridendo l’una all’altra come se si narrassero una novità, si posero a cantare a squarciagola:
Ieri sera andando a spasso...
Dighel no. |
Tutti gli uomini della fattoria uscirono dalla stalla, dal fienile, dal porcile, dalla cucina, coi calzoni da festa e camicia di bucato. Gaudenzio era con loro.
Egli si fece innanzi dondolandosi, col cappello sull’orecchio ridendo e cantando:
Ho incontrato una signora;
Dighel no. |
E tutti gli altri dietro:
La m’ha ditto d’andar dessora,
Andar dessora a far l’amor, Dighel no. |
Sgraziatamente la massima parte delle nostre canzoni popolari, non è più corretta, nè più castigata di così.
E gli uomini accerchiarono le donne, e tutti insieme continuarono la canzone ridendo ed ammiccando degli occhi, e terminarono con grandi risate, come dopo un divertimento tutto nuovo ed originale.
Poi Gaudenzio andò a piantarsi davanti alla Nanna colle mani sui fianchi, e, dimenando il capo, tornò a canticchiare con aria furba:
Ieri sera andando a spasso;
Dighel no. |
— Avete visto i miei di casa? domandò la Nanna.
— Li ho visti ieri. La vostra mamma mi ha dato della roba per voi, e vuol sapere se state di buona volontà.
— Eh, non troppo, disse Nanna.
— Lo sapevo bene io; voi non siete una donna da lavoro, osservò Gaudenzio.
Nanna si sentì mortificata, e rispose:
— Oh perchè? faccio anch’io quello che fanno le altre.
Ma quando servirono la minestra, e Gaudenzio portò alla ragazza il pane fresco, ed un bel pezzo di frittata di fagioli che le mandava Maddalena, lei era così crucciata, che non ebbe voglia di nulla. Vedeva le altre mangiare e ridere, ed avrebbe voluto far come loro, per mostrare che al lavoro ci resisteva anche lei; ma proprio non poteva. Aveva tanto faticato tutta la settimana, ed aveva mangiato così poco e male, che si sentiva come un sacco vuoto. Se ne andò tutta sola sul fienile, si stese sulla paglia, e si mise a piangere, a piangere, finchè s’addormentò.