In Valmalenco/Capitolo I
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Capitolo II | ► |
L’offerta.
I.
La verdeggiante visione della pianura lombarda e della Brianza gentile, quella azzurra del lago sembrano lenemente offuscarsi nell’anima mia: una bellezza più maschia ed una visione più forte mi prendono.
Però, mentre la vaporiera, spinta dalla forza elettrica, lasciato il lago di Colico, muove incontro alla città di Sondrio, m’accorgo che le due visioni, diversamente magnifiche, sono fra loro unite; che un cantico ampio, solenne, unico le pervade; che un’onda sola raccoglie, fonde, sa i misteri, le dolcezze dell’una e dell’altra. Il canto e il fiotto dell’Adda.
Il pensiero che il gorgo del fiume porterà giù, attraverso la pianura lombarda, questo foglietto volante ch’io libero dal finestrino del treno, dopo d’averci scritto in matita ciao, con tanto di firma, mi mette allegria: e, forse perchè la Valtellina mi appare così congiunta al mio piano ubertoso, sento di volerle bene: il suo principio mi dà l’impressione del vestibolo di una bella casa amica, dove sono aspettato, dove ci sarà festa per il mio arrivo.
Ma io amo gli angoli solitari, perduti!
Addio, Valtellina, tu sei troppo vasta per me!
Da Sondrio, per le rive incassate del Mallero, Sondrio. — Piazzale della Stazione. io risalgo tutta la valle Malenco. Lascio l’Adda per seguirne l’affluente selvaggio che balza fra i macigni e spumeggia, lascierò anche l’affluente, dopo Chiesa, per seguire un’altra onda più veemente e più secreta, il Lanterna. E dalle sue rive, perduto nella contemplazione dei monti, dei paesi, della tranquillità che vi regna, ritornando dalle escursioni alpine, piena l’anima di poesia e di grandezza, parlerò delle meraviglie godute ed intraviste.
Valmalenco, io voglio farti conoscere farti amare come io ti conosco e ti amo! La verdeggiante asperità delle roccie, la bianchezza delle tue nevi, l’orrore di certe tue coste precipitanti, l’immensità dei tuoi panorami, che hanno esercitato una fascino grande sopra di me, che m’hanno aperta l’anima alla comprensione vera del bello, purificandola con la neve delle cime, fortificandola per l’asprezza delle rocce, meritano un ricordo, una lode.
Valmalenco, io, come so e come posso, ti ricordo, ti lodo e ti offro queste reminiscenze, troppo pallide, ma che ti saranno tanto care. Le offro pure a chi mi è stato compagno di escursioni e di riposi; a chi mi fu utile di consiglio e di aiuto; a chi mi ospitò e si commosse per le mie parole che volevano dire la bontà, la bellezza, la forza della sua terra natale: offro queste pallide reminiscenze a chi divise con me il suo pane di segale, la sua polenta nera e bevve il vino nell’anfora rustica degli avi, dopo che io aveva già sorseggiato; a chi mi tenne come amico e mi raccontò le sue pene, dinnanzi il capitello della Vergine che guardava; a chi rise e giocò nelle sere a briscola con me intorno alla tavola zoppa; a chi nelle notti, bianche di luna, unì la sua voce alla mia e la canzonetta popolare dilagò per l’aria serena; a chi seppe ispirarmi sentimenti forti e gentili; a tutti gli abitanti di Valmalenco, sparsi sui monti, ad Acquanera, a Felleria, allo Scerscen, a Musella; a quelli raggruppati intorno alle poetiche chiesette, o agli oratorii delle frazioni; a voi che rattenendo il singhiozzo partite per guadagnarvi il pane, a voi che rimanete per coltivare le vostre viti e le vostre castagne, a voi che ponete l’officina agli angoli delle vie, stagnando allegramente gli utensili domestici; a tutti, a tutti di Valmalenco offro queste reminiscenze sgorgate dal cuore.
Anche a te queste memorie, fanciulla irrequieta e bionda, che ho baciato fra le ultime piante del bosco, di un bacio che voleva essere scherzevole e tremò invece per un desiderio vivo di amore; a te, che, discendendo sotto il grande arco di verde, ho desiderato compagna in una casetta sopra il dosso di Primolo, in mezzo a un bisbiglío di bimbi e a un tintinnio di stoviglie: anche a tutte le comitive, spensierate, che si fermano ai piedi del monte, guardando in su e scolorando, anche alle altre, ferrate, che trasvolano sui picchi, a chi vinse le tue montagne, o Valmalenco impareggiabile, a chi fu vinto da esse riescano grate queste memorie, in cui ho voluto la forza, la dolcezza, la poesia, i fiori e tutta l’anima tua.