Importante scoperta del famoso tarèno di Amalfi/Capitolo III

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Capitolo III.



Moneta di rame (inedita) di Mansone III.

doge di Amalfi.


Il primo a pubblicare una moneta amalfitana di rame, sebbene recusa, fu il chiar. principe di S. Giorgio Spinelli1. Ei opinolla coniata dal doge Mansone IV, detto il cieco, e sembra che abbia colpito nel segno, fuorchè

vello maestro della R.a Zecca d’argento di Castel Capuano di Napoli, quod quilibet carolensis vel duae medaliae ponderent tari 3, gran. 15. Ita quod singuli octo carolenses, vel sexdecim medaliae ponderent unciam auri unam — Ex regest. Carol. I, in an. 1278, lit. C. fol. 13, v. [p. 23 modifica]nel diciferarne la leggenda, siccome vedremo in seguito. Per l’opposito la moneta sino ad ora inedita e sconosciuta che noi possediamo, e che vedesi qui ritratta a fac-simile, ci induce a crederla battuta anteriormente dal vecchio Mansone III (bisavo del IV), che fu usurpatore per quasi due anni del Principato di Salerno. Di fatto, se per poco si confronti l’una coll’altra, si scorge tra loro una notabile diversità nell’impronta, nel tipo e nella forma delle lettere dell’epigrafe. Forte ne spiace che la moneta erosa, che noi conserviamo, ritrovasi molto logora più dall’uso e dallo stropicciamento che dal tempo. Essa rappresenta nel diritto la protoma di un personaggio con nimbo ossia aureola, e nel campo le sigle S M (Sanctus Matthaeus), monogramma cotanto usitato ne’ nummi de’ principi longobardi e normanni: nel rovescio evvi l’epigrafe retrograda da destra a sinistra, benché monca di alcune lettere, così espresse; MaNSo dVX (Manso Dux), senz’altro.

Questi è quel Mansone III, che per lungo corso di 46 anni tenne gloriosamente le redini della Repubblica di Amalfi (958-1004). Un ardente desiderio di dominare lo spinse ad usurpare il trono di Salerno che ritenne per due anni e sette mesi (981-983), in mezzo alle congiure ed a’ vili tradimenti che lungamente straziarono quel Principato.

Nulladimeno, a preferenza degli altri dogi antecessori suoi, Mansone III ebbe la gloria di aver sommamente [p. 24 modifica]favoreggiate le arti e il commercio. Ei fu decorato dalla corte greca del titolo specioso di Antipato, ἀνθύπατος che corrispondeva a proconsole, non che quello di patrizio imperiale; onorificenze solite dispensarsi ai Capi di Repubblica dagli augusti bizantini. A lui è dovuto l’ingrandimento dell’antico duomo di Amalfi costrutto a croce-latina, e sontuosamente arricchito di marmi e musaici preziosi, che l’edacità del tempo e più che più la mano dell’uomo ignorante tutto trasfigurò e mandò a rovina! unitamente alle altre chiese di S. Maria Maggiore, de’ SS. Quaranta martiri della legion tebana e di S. Lorenzo del piano (indi denominata del Crocifisso), parimente innalzate dal medesimo Capo della Repubblica. Appena il suo nome si legge tuttavia scolpito su due capitelli di colonne corintie poste entro la suddetta chiesa di S. Maria Maggiore, colla scritta: Manso Dux et patritius hoc fieri jussit.

Demolita è, come dicemmo, la chiesa de’ SS. Quaranta mart., già costrutta a tre navi nell’attuale Piazza de’ Ferrari; e sfasciata ne rimane quella di S. Lorenzo di forma orbicolare. Entrambe si raccomandavano per la squisitezza e profusione de’ marmi di diversi colori, non che per dorature e dipinti antichi e pregevoli. Oggi tutto è sparito in esse, insieme colla memoria del nobile fondatore scolpita su due lapidi diverse.

In quella sovrapposta alla chiesa de’ SS. Quaranta si

leggeva: [p. 25 modifica]

Domimi cultor Manso Dux patritiusque
Construxit ecclesiam divino plenus amore
Sanctorum decies quater edificans ad honorem;

e nell’altra di S. Lorenzo;

Manso Dux patritiusque construxit
Ecclesiam divino plenus amore
Servorum Dei ..........

V è però una gloria più risplendente che rende perpetua la memoria di Mansone III, e si è quella di essersi molto adoperato con papa Giovanni XV, affinchè fosse innalzata la chiesa di Amalfi a sede metropolitana, il che ottenne nell’anno 987.

Cessata di esser elettiva la carica di questi Capi della Repubblica, e divenuta ereditaria nella famiglia de’ Mansoni, vediam succedere in linea discendentale di primogenitura, a Mansone III, Giovanni I, Sergio II, Giovanni II, e quindi Mansone IV di lui germano (1034), il quale, essendo di poi stato abbacinato, fu denominato il cieco. A costui appunto vengono assegnate le due monete di rame pubblicate dal prelodato principe di S. Giorgio; le quali, abbenchè di conî differenti, hanno però entrambe questa invariabile leggenda nel rovescio; MANSo VIC DVX, senza che appaia vestigio d’interpunzione. Ma che cosa volesse significare l’abbreviata [p. 26 modifica]parola VIC, non è agevole il saperlo; e però sarebbe desiderabile che si trovasse qualche Edipo sagace, che potesse ben interpetrarla. Nessun’altra moneta dinastica del medio evo, per quanto noi ci sappiamo, presenta questo monogramma o epiteto di VIC se non che quella de’ Visconti (vicecomites) di Milano, come è noto ai nummofili. Il mentovato archeologo principe di S. Giorgio, rifiutando ragionevolmente l’ibrido significato di VICedux congetturò essere miglior lezione quella di VICerosissimus DVX. « Per le quali cose (ei scrisse) risultando incongruente la lettura Vicedux2, devesi stimare comprender questa parte dell’iscrizione due distinti vocaboli, siccome in fatto lo sono nella leggenda. Assai difficile però è il compimento del VICE; in tanta difficoltà inchinammo per Vicerosissimus, vocabolo che secondo il dichiara il Ducange (Glossar. med. et inf. Latin.) per Dilectissimus, ut viscera amantissimimus ci parve molto acconcio al narrato della sua storia ecc.3» .

Senza ammettere la interpretazione del VICE, già data dal prelodato nostro Archeologo, ci sembrerebbe assai più facile la spiega, se abbiasi ad intendere tal [p. 27 modifica]monogramma nel significato di Vice altera Dux. Vediamo se abbiam dato nel segno.

Mansone IV, per ambizione di Stato e con perfidia avea tolto il Ducato di Amalfi a Giovanni II suo fratello nel 1034, e, rilegato costui a Costantinopoli, ei col favore de’ partigiani suoi, s’intruse nel posto ducale insieme con Maria sua madre. Ambidue vi governarono per la durata di anni quattro e mesi tre, fin a tanto che Guaimario IV, principe di Salerno, coll’aiuto de’ Normanni, discacciando Mansone e Maria dal trono, a’ 7 aprile 1039 s’impossessò della Ducea di Amalfi, ed in virtù di una elezione del popolo fu proclamato Capo della Repubblica, assumendo però il solo titolo di duca4. Guari non andò, che lo stesso Mansone, trovandosi già abbacinato e rilegato nelle isolette Sirenuse, giunse a riavere nel 1043 la Signoria perduta, per le mani dello stesso Guaimario, la quale conservò poi sino all’anno 1052. Ecco adunque il cieco Mansone innalzato per la seconda volta doge di Amalfi, e quindi in memoria di cotal avvenimento aver coniata la nuova moneta sua col VICE (per dire altera vice, ossia per la seconda volta) DVX. E in appoggio di ciò, noi soggiungiamo e facciam anco osservare, che in tutte le carte cancelleresche di Mansone IV (1043-1052), generalmente vengono contati gli anni di ristaurazione sua al Ducato, [p. 28 modifica]colla espressa clausola di anno.... Post eius recuperationem5, per dinotare ch’egli era asceso al seggio ducale per la seconda volta.

Del resto noi non pretendiamo di averne sciolto il nodo e restituito il monogramma VICE nella vera sua lezione; né dare per certo ciò che potrebbe essere incerto. Tutta volta questa nostra opinione che isolatamente ora sembra mera congettura, potrebbe quando che sia divenire una realtà, se per avventura scoprendosi altre consimili monete di Mansone IV, meglio conservate nella leggenda, potessimo con lo studio e co’ ripetuti confronti giungere a piena conoscenza del vero.

E qui poniamo termine al nostro lavoro, non avendo per ora altro d’aggiungervi.


Note

  1. Monete cufiche battute da principi longobardi, normanni e svevi nel regno delle Due Sicilie interpetrate ed illustrate; opera dinanzi citata, pag. 175, 206, 207.
  2. Nelle carte amalfitane di quel tempo di Repubblica, non trovasi nessun rappresentante di essa qualificato del titolo di viceduca. Il doge regnante prendevasi sempre nel governo un suo figliuolo per collaterale, ed entrambi si appellavano indistintamente Duces Amalfiae, siccome si scorge in tutte le scritture e diplomi di quell’epoca.
  3. Dom. Spinelli principe di S. Giorgio op. cit. pag. 256.
  4. V. Docum. num. VIII.
  5. V. Docum. num. IX..