Il sistema della tariffa annonaria sul pane in Roma/Paragrafo III

Aumento che subisce la massa panizzabile

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§. III.


Qual’è l’aumento che subisce la massa panizzabile ridotta che sia a pane?

Per essere intesi da ognuno è necessario premettere alcune nozioni di pratica.

Gettata questa massa nella madia, vi si unisce la quantità necessaria e determinata di lievito, sciolto che questo sia in quantità sufficiente di acqua ed all’acqua aggiunta per quanto l’arte insegna si comincia ad impastare, cioè a convertire questa massa in pasta. Come in grazia di un ben continuato manipolamene il lievito o fermento si sparge uniformemente in tutta la massa. Indi si osserva questa rigonfiare, e divenire di una consistenza viscosa clastica, e prender corpo come dicesi in arte. In allora si porta sulla spianatora, [p. 23 modifica]e qui ridotta a brani, secondo il peso che vuol darsi al pane, si pesa lasciandogli un’eccedenza di questo per ciò che perde coi processi che deve ancora subire; quindi si spiana, ossia gli si da la figura, e quindi è posto sopra tavole a lievitare al caldo umido della stufa. Da questo cenno si apprende che l’atto dello impastare è quello che mette nelle necessarie condizioni la massa panizzabile somministrandogli l’elemento acqua in proporzione, perchè operi il fenomeno del gonfiamento sotto il processo della fermentazione panaria. Arrivata a giusto grado di lievitazione viene ad esser cotto nel forno, ed è sotto questo processo che perde il molto dell’aumento che aveva subito. A calcolare ciò che rimane in più nella massa panizzabile ridotta a pane, sotto questi varii processi ed operazioni che subisce, conviene interrogare l’empirismo, e la scienza. Se si domanda a un vecchio panattiere, dai prodotti panizzabili quanto pane di un dato volume si ricava riducendo a peso la massa dei prodotti, e a peso il pane, per vedere l’eccedenza di questo su quello, risponderebbe di non saperlo che approssimativamente, per tante circostanze che possono alterare il risultato in pane. Talchè se sotto le stesse condizioni, due esperimenti non darebbero mai un risultato conforme sui prodotti delta massa panizzabile, molto più si verificherebbe ciò, se si volesse condurre il calcolo ridotte che fossero a pane [p. 24 modifica]le masse. In ispecie poi andar soggetti ad inganni in certe qualità di grani messi sollo la lavorazione, da illudere l’esperienza la più canuta ed accorta. Per le quali cose concludesi, non si possa dare che una risposta incerta indeterminata, e se vuolsi approssimativa; egli estremi su cui potrebbe oscillare l’approssimazione sarebbero così distanti specialmente per le molte varietà dei grani che ora giungono sul nostro mercato, da offenderne troppo la verità che ricercasi come sapere. Appellandosi alla scienza, ne avremmo le stesse finali assicurazioni, se nonchè ci rivelerà le ragioni di ciò e quieterà la smania de’ fanatici delle nostro medie.

Citiamo in proposito la tavola analitica del Sig. Peligot formata sopra quattordici varietà di grani più usati nella Francia, alcuni dei quali giungono pure sul nostro mercato; nel difetto in cui siamo di potere esibire altri studi a noi spettanti più direttamente su questa ricerca.


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NOMI
DELLE VARIETÀ
AC QUA MA TE RIE GRAS SE GLU TI NE AL BU MI NA DE STRI NA AMI DO CEL LU LO SA SA LI
Blé blanc flamand Grano bianco Fiammingo 14 6 1 0 8 3 2 4 9 2 62 7 1 8 " "
Ilardy-white d. forte bianco 13 6 1 1 10 5 2 0 10 5 60 8 1 5 " "
Touselle blanche Touselle bianco 14 6 1 3 8 1 1 8 8 1 " " " "
Blé d'Odessa Grano di Odessa 15 2 1 5 12 7 1 6 6 3 61 3 " " 1 4
— hérisson d. riccio 13 2 1 2 8 7 1 9 7 8 66 7 " " " "
Poulard roux d. rosso 13 9 1 0 8 7 1 9 7 8 66 7 " " " "
Mitadin du Midi Mitadin del mezzogiorno 13 6 1 1 14 4 1 6 6 4 59 8 1 4 1 7
Blé de Pologne Grano di Polonia 13 2 1 5 19 8 1 7 6 8 55 1 " " 1 9
d. de Hongre d. di Ungheria 14 5 1 1 11 8 1 6 5 4 65 6 " " " "
d. de Éspagne d. di Spagna 15 2 1 8 8 9 1 8 7 3 63 6 " " 1 4
d. de Tugan- rock d. di Tugan- rock 14 8 1 9 12 2 1 4 7 9 57 9 2 3 1 6
d. d'Egypte d. di Egitto 13 5 1 1 19 1 1 5 6 0 58 8 " " " "


Adunque acqua, materie grasse, glutine, albumina, destrina, amido, cellulosa, e pochi sali formano secondo Pèligot la costituzione qualitativa della farina di grano; ma la costituzione [p. 26 modifica]qualitativa varia col variar della specie, ed è tutto a questa differenza di quantità nei principii costitutivi che si deve la maggiore o minore bontà del grano, l’aumento più o meno grande di peso che acquista con la idratazione a traversando il processo fermentativo. Non è nostro compito dichiarare questo processo; è però necessario avvisare che quanto più acqua contiene una qualità di grano, tanto meno ne ricevono i suoi prodotti nel ridurli a pane; e che sotto la chimica metamorfosi che subisce la pasta, si svolge una quantità di gas acido carbonico in minute bollicine, ritenuto nella massa dalla resistenza plastica del glutine, sia che rimangono imprigionate nelle sue maglie, sia che si sviluppino nell’interno delle cellule glutiniche, da questa circostanza si produce il desiderato rigonfiamento. Ora l’aumento che riceve il peso assoluto di una pasta dipende dalla maggiore o minore capacità d’idratazione delle materie prime; dipende dalla maggiore o minore quantità del glutine, e delle altre sostanze nitrogenate che contiene la farina, da cui si ha pure (concorrendovi la presenza del fermento o lievito, e le dovute circostanze idrotecniche) l’aumento di circa un terzo di volume che acquista il pane. Se adunque con un processo regolare di panificazione condotto con varia qualità di farina, dobbiamo aver per l’analisi chimica dei principii quantitivi del grano, differenza in peso nel [p. 27 modifica]prodotto pane; questa differenza se si misura pel solo glutine che è la sostanza la più essenziale nella farina, e la troviamo esistere nella tavola Pèligot fra due varietà di grano come 8.1 a 19.8, non completa quanto diciamo, la dimostrazione della verità che sinteticamente per emperismo d’arte avvisa il Fornaio? . .

Il lettore osservi che questo fattore del gonfiamento avendo differenza di numero in ciascuna qualità di grano, giudichi dell’equità di assumere una media di comodo nei prodotti del grano, con elementi così distanti. Risultato dalle analisi chimiche è pure, che se la fermentazione della pasta non giunge al grado sufficente, l’amido che per il calore del forno si converte in salda, rende il pane scuro e compatto; come per lo contrario se essa fermentazione è troppo avanzata sì produce l’acido acetico che snerva la forza ilei glutine, e consuma gli clementi, si che il pane si abbassa, e perde una quantità del suo peso. Così si avvisa circa la cozione, che se la temperatura del forno sorpassa, o è in meno i 300 ai 320 gradi di valore, quella specie di cottura a vapore che subisce la mollica sotto un calore che acquista dai 100 ai 104 gradi; quella sorta di torrefazione, che pel calore ambiente tollera la crosta per arrivare dai 220 a! 230, infinite variazioni può produrre, da atterrare il peso del pane nei forni comuni, alcuni dei quali, perchè [p. 28 modifica]troppo grandi, stentano a prendere la debita temperatura, o non la prendono uniformemente in tutti i punti della loro estensione nel tempo dato; altri perchè piccoli perdono sollecitamente il calore che gli viene procurato.

In ogni caso la pratica di temperare il forno affidato ad uomini laboriosi, ma senza cottura, è condotta materialmente; sicchè se è incerto l’aumento che subisce la massa panizzabile ridotta che sia a pane pel solo fatto della varietà delle specie dei grani, questa incertezza è accresciuta ancora dall’uso, dalla dissomiglianza dei forni comuni, nonchè dalla pratica tutto empirica che guida le operazioni nei nostri panificii.