Il sistema della tariffa annonaria sul pane in Roma/Paragrafo IV

Come si desume il prezzo medio dei grani

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§ IV.


Il prezzo medio dei grani sul pubblico mercato si desume dalle assegne o referti delle contrattazioni. Omettiamo dire che l’autorità si colloca sopra una base troppo falsa potendo essere ingannata facilmente, giacchè è nell’interesse dei contraenti aumentare per simulazione il prezzo. Ma ammettiamo pure che ciò non avvenga quantunque il difendersi dall’ingiustizia colla mensogna potrebbe trovare appoggio in molte facili coscienze. Giungono adunque all’officio del Magistrato i referti fedeli delle contrattazioni dei grani eseguite sulla piazza di Roma. Il grano [p. 29 modifica]sannita, il tiburtino, il sabino, fra i nostrali stanno in concorrenza di vendita con quello delle paludi, dell’agro Romano, e della spiaggia cornetana; come i grani di Romagna e delle Marche con quei di levante, e dei porli occidentali della Russia; si ha dunque differenza di inerte con gradazioni infinite; prezzi corrispondenti all’estimazione con estreme variabilità. Si vende al suo valore un grano deperito per età, per incuria, per avaria, per bisogno, e le assegne della vendita sono accettate e calcolate nel prezzo medio senza prendere considerazione speciale di queste circostanze. Cosi nella vendita di una partita di grano, spesso succede che per risparmio di spesa si convenga di accettare la merce sulla misura di scandaglio, ciò basta perchè sia esclusa dalla calcolazione. Il magistrato assume le assegne collettivamente, ne somma il prezzo, e diviso questo per la quantità delle rubbia, il quoto che ne risulta chiama prezzo medio. Altra volta nelle fasi della tariffa, si assumeva questo calcolo sui contralti ogni olio giorni; oggi si assume in ogni quindici. Non è il sistema di ricavare il prezzo medio, è la sua applicazione che rifugge da ogni idea di rettitudine e di vera e non apparente giustizia. Fatta ipotesi, per semplicità di argomento, di tre vendite di grano di un rubbio l’una, e la differenza della loro qualità portasse quella del prezzo in Scudi 10 11 o 12, che sommandoli vengono scudi [p. 30 modifica]33 e divisi per tre viene un prezzo medio di scudi 11 questo sarebbe quello che assegna il Magistrato. Ora il fornaio che comprò a scudi 10 vi utilizza uno scudo, quello che comprò a Scudi 11 nè perde nè rimette, quello che acquistò a Scudi 12 deve rimettere uno scudo, ed è quegli che offrirà la miglior qualità di pane. Sopra queste basi potrebbero verificarsi delle enormità anche maggiori di questa, stantechè sul nostro mercato vengono dei grani la cui qualità porta una differenza sul prezzo non di due scudi solamente, ma di tre, e più; e dato il caso che in una calcolazione bisettimanale primeggiasse una partita inferiore, anche colui che acquistò un grano di seconda qualità, sarà costretto a soffrire una perdita. Nè valga il credere che il maggior prezzo sia compensato dal maggior prodotto; poichè se ciò è vero in sè stesso, è assurdo relativamente al modo come è arzigogolato il calcolo tariffale.

Noi abbiamo dimostrato, il falso l’indeterminato che si nasconde nella norma del prodotto pane dal grano e l’impossibilità di ottenere cifre di matematica esattezza. Il Magistrato messe in non cale peraltro tutte le difficoltà anzidette, esperimento sopra un grano di prima qualità, la quantità dei prodotti; li panizzò per calcolarne l’abbonamento ed ha preso l’ultimo risultato come norma certa, invariabile di ogni valutazione, in [p. 31 modifica]pane sia pur fabbricato della farina di qualsivoglia qualità di grano. Falsità di principio, ingiustizia di applicazione! Il fornaio che paga meno il grano, perchè è d’inferior qualità, ha pure minori i prodotti e daravvi un pane che non può primeggiare nella vendita. Il fornaio che paga il grano, i sommi prezzi della piazza, se ha un prodotto corrispondente deve vendere questi prodotti ossia un pane di qualità superiore al medesimo prezzo del pane dell’altro che usa i grani inferiori. Intanto l’uno forse guadagna, l’altro rimette. Ho dello forse guadagna, perchè la norma immutabile dei prodotti nei calcoli della tariffa è pur la falsa petizione di principio, che danneggia chi usa anche i grani inferiori.

Quando i grani che si consumavano in Roma erano tutti dell’agro romano, o dei paesi circostanti, poca poteva essere la loro differenza circa i prodotti, ed il difetto veniva in parte compensato dalla maggior quantità dei sfiuti, cioè dalle semole, tritello e codetta, da cui pure si ricava un prezzo; e perciò la norma dei prodotti tariffati poteva esistere senza enormi differenze. Ora è ben altrimenti, che sul nostro mercato vengono grani di tanto inferiori a quelli nostrali che reputavamo di bassa estimazione. Questa grani danno un frullo minore di quello che è norma nella tariffa, ed intanto il loro basso prezzo danneggia il prezzo dei grani buoni sul calcolo della media; e chi [p. 32 modifica]li adopra non ha mai tutto quel vantaggio che sembra possa ricavare a primo concetto. Una sola verità, genera da questo argomento, che si può peraltro stabilire come principio, ed è questa. — Che il prezzo di una qualità di grano è proporzionato non solo al costo di produzione agronomica, ma eziandio al prodotto panizzabile, al prodotto considerato in ragione composta della qualità, e quantità del medesimo. — Ora nel falso principio di assumere il prezzo medio per riferirlo a’ prodotti certi determinati come si pratica nello assegnare per tariffa il prezzo sul pane, ne discende come conseguenza, l’enorme ingiustizia di squilibrare le proporzioni naturali fra prezzo e prodotto, specialmente nelle qualità estreme dei grani per ridurle artificiosamente a una norma più ideale che ragionevole. Cosi in una qualità superiore di grano, il prezzo pagato nella contrattazione, non è più vero in mano del fattore della tariffa, ma deve discendere a capriccio dei prezzi degli altri contralti eseguiti nel corso bisettimanale; come il prezzo di una qualità inferiore deve salire alla ventura della sorte di altre contrattazioni. L’onestà si smarrisce fra i laberinti di questa legge, che per essere almeno un poco più logica dovrebbe ammettere che ogni fornajo potesse provvedersi in ragione del suo di quei grani dei quali soli seguite le vendite sul [p. 33 modifica]mercato nelle due settimane antecedenti ad ogni emanazione di tariffa. Ma se ciò non è possibile, bisogna rinunziare alla legge, o alla pretesa di esser giusti. E come pretendere di esser tali, se in onta a tuttociò, esiste un’altra legge in suo pieno vigore, richiamata pure dalla Notificazione del 16 Decembre 1865 in cui è comminato l’obbligo ai fornaj di tenere una scorta in grano ed in farina proporzionata al rispettivo consumo di ciascun forno per due mesi intieri? E non è per questa legge che ogni fornajo deve spendere varie migliaia di scudi in acquisto di una quantità di grano, e deve lasciare al capriccio della legge tariffale il dubbio di rimborsarsene intieramente quando ue farà tanto pane? Con qua! senso di giustizia si potrà imporre di vendere al prezzo di oggi quella merce che voi avete obbligalo di comperare due mesi indietro? Non valga il dire che il dubbio di rimborso può riuscire se una volta a danno, l’altra a vantaggio; perchè se alcuna volta s’incogliesso nel vantaggio, è questo dovuto per giustizia sul rischio del detrimento così facile della merce, per l’impiego del capitale impiegato fino a che come pane non si espone alla vendila ed al rimborso, talvolta più settimane dopo la vendila. Non valga pure l’invocare i tempi trascorsi della esistenza di questa legge, per giustificare la presente Notificazione che l’ha rinvigorita. È una accusa d’inciviltà [p. 34 modifica]inqualificabile ed ingiustificabile troppa, nella vita attuale del commercio. Molti anni addietro si temeva ancora la carestia, e il governo che obbligava il fornaio ad avere una scorta di grano, poteva scusarsi, sebbene poteva fare propria questa previdenza, quando imponeva la tariffa. Ma quali ragioni si troveranno per giustificare la legge della scorta, oggi che è popolare l’assioma essere la smania del guadagno la fonte del buono e del ricco mercato? E popoli, e governi, e Nazioni hanno da questa tutti la loro porzione di vantaggio; sicché il mondo n’è pieno per far guerra alla carestia.