Il rapimento d'Elena e altre opere/Osservazioni sovra il titolo del poema
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Traduzione dal greco di Angelo Teodoro Villa (1758)
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OSSERVAZIONI
SOVRA IL TITOLO DEL POEMA.
Il non mai abbastanza lodato Abate Quadrio nel Tom. 6. della sua Storia, e Ragione d’ogni Poesìa pag. 469. così parla a proposito di quello Titolo. È però da osservare, che, il titolo, che questo Poemetto, di Rapimento d’Elena, bisogna, che da qualche Gramatico de’ tempi di poi gli sia siato posto; perchè ciò, che il Poeta si propone nell’esordio a cantare, è il giudizio, che Paride fece delle tre Dee, benche il Ratto d’Elena altresì conseguentemente vi tratti. Posso io prender fidanza dall’indole sua benigna, per cui ha piacere» ch’altri il parer suo produca, tratto dal puro amore ai quella verità, che a lui sempre stà fissa nel cuore? Posso io con tutto il più sincero rispetto a sì gran Letterato difendere un Titolo da me parimente posto in fronte del presente Poema? Sembrami, che il Ratto d’Elena sia slato nell’Esordio bastantemente proposto in que’ versi
Ἐξ ὀρέων πόθεν ἦλθεν κ. τ. λ.
così tradotti da me
E donde è mai, che giù da’ monti ei venne
Per insolito mare navigando,
Indotto ancor ne le marine cose?
Qual vopo fu de le funeste navi,
Sicchè agitasse e mare, e terra un solo
De’ buoi custode?
che è questo venir giù da’ monti? che è questo navigare per insolito mare? che è questo far uso delle navi funeste? che è questo metter sossopra e mare e terra, se non ha pensato con ciò di pregar le Ninfe Trojane, che al Poeta raccontino il Ratto d’Elena, origine di sì fatte avventure? Perciò dice in seguito
Onde udì ’l nome de la Sposa Argiva?
la qual richiesta dinota, che solamente per farsi strada ha volato il Poeta accennare il giudizio di Paride, il quale niente si mosse nè calò giù da’ monti per darlo, ma placidamente aspettò, che a lui andassero accompagnate da Mercurio le Dee, per essere giudicate. Nessun viaggio si sarebbe fatto per insolito mare nè si sarebbero allestite le funeste navi, nè quel Custode de’ buoi tali turbolenze avrìa cagionato e sulla terra, e sul mare, quando l’affare non fosse andato più in là del pacifico giudizio delle tre Dee. E quand’anche di questo solo stabilito avesse di cantar nell’Esordio, sarebbe stato questo mancamento men male, che dopo la sentenza data da Paride impiegare più della metà del Poema, val a dire dal verso 168. al verso 385. in cose, che state sarebbero fuori dell’argomento, le non più avesse mirato, che alla decisione di quel Pastore sovra la bellezza delle gareggianti Deità. Questo è il mio parere, avvalorato dalla testimonianza di Suida, che pienamente però sottometto ad una rifleslion più matura del degnissimo Abate Quadrio.