Il nostro padrone/Parte seconda/V

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V.

Tre o quattro giorni dopo Lorenzo fece a Predu Maria la consegna della dispensa.

— Tre quintali di farina bianca, cinque di farina gialla.... Due quintali di formaggio pecorino.... Sette sacchi di patate. Il lardo di tre maiali. Qui c’è la damigiana dell’acquavite; San Pietro e San Simone ci proteggano!...

— Tu scherzi, oppure è così! — disse gravemente Predu Maria, che aveva fatto voto a San Pietro e a San Simone di non bere più, se riusciva ad ottenere il posto di dispensiere.

— Tua moglie, come sta? — domandò Lorenzo. — Se mi permetti, vado a salutarla, mentre passo per Nuoro. Devo dirle qualche cosa per tuo conto? Adesso che non puoi scendere sempre che vuoi, come farai, Gerusalè?

— Ne farò a meno! Oppure verrà mia moglie, a trovarmi quassù!

— Ah, Gerusalemme! Tu non hai paura di lasciar tua moglie venir su sola?

— Per via non ci son cinghiali! [p. 228 modifica]

— Ora verranno i toscani, per il carbone.

— Quelli non son cinghiali, son lepri!

— Io, fratello caro, se avessi moglie non mi fiderei neanche dei gatti!

Con quest’avvertenza Lorenzo si congedò. Predu Maria lo seguì con gli occhi finchè lo vide sparire e come affondarsi fra le roccie giù nel sentiero, e soltanto allora si sentì tranquillo; gli parve che il suo orizzonte si allargasse, e che egli oramai stesse più comodo nella vita, come un viaggiatore al quale un grosso compagno di viaggio, andandosene, abbia ceduto il suo posto nella diligenza affollata.

Per qualche tempo visse tuttavia nel timore che Lorenzo tornasse e gl’imponesse di lasciargli di nuovo libero il posto. Egli serviva goffamente i lavoranti, e molti lo prendevano in giro, pregandolo di pesar bene, di regalar loro qualche cosa, di esser meno esoso. Sebbene egli non fosse amico di nessuno, con lui tutti si mostravano disinvolti e arditi; egli era stato uno di loro: poteva quindi capirli, sebbene fosse pagato per defraudarli; ed egli ricordava quanto aveva sofferto, ma la sua coscienza non gli permetteva di contentarli. Se dava ascolto a loro si rovinava in pochi giorni; e d’altronde essi scherzavano, lamentandosi, e anche lui comin[p. 229 modifica]ciò a scherzare, e per paura di pesar male, cioè di oltrepassare il peso giusto, si abituò a toccar la bilancia col dito come faceva Lorenzo, dando così un peso scarso.

La suocera d’altronde vigilava, e con la scusa di andar a pregare nella chiesetta visitava spesso il genero e s’informava di tutto, prodiga di consigli, di avvertimenti ed anche di rimproveri.

Del resto, nulla di straordinario accadeva lassù. La speculazione continuava a spogliare la montagna, lasciando solo i boschi delle cime più alte. Sembrava l’opera di un ladro che denudasse la sua vittima lasciandole il capo avvolto in una maschera perchè non vedesse il viso del suo aggressore.

L’accampamento e la dispensa erano adesso a metà costa, a nord — est, in un punto donde si scorgeva la vallata di Valverde con la sua chiesetta melanconica, i monti d’Orune e di Lula, la chiesa di San Francesco bianca tra il verde e il grigio come un cigno in un lago.

Bruno e il nuovo dispensiere erano tornati amici, o almeno discorrevano amichevolmente ogni volta che si vedevano, ma mentre Predu Maria sembrava quasi rinato ad una nuova vita, il capo‐macchia diventava di giorno in giorno più grave [p. 230 modifica]e pensieroso. Spesso il Dejana dalla soglia della dispensa lo vedeva passare un po’ curvo, con la testa bassa e agitando le dita come occupato a fare un calcolo difficile od a cercare un oggetto smarrito.

Un giorno, in settembre, Sebastiana apparve in fondo al sentiero, sorridente, col viso roseo come uno dei grandi fiori che ornavano il suo fazzoletto. Predichedda l’accompagnava. Erano state ad ascoltare la messa nella chiesetta e venivano a salutare Predu Maria; ed egli andò loro incontro fino al bosco animato dal picchiar delle accette e dai gridi delle gazze che imitavano i fischi dei lavoranti.

Predichedda era insolitamente triste perchè aveva attraversato un tratto della tanca Moro e le era parso di attraversare un cimitero; e per tutto il tempo che stettero assieme Predu Maria e le due donne parlarono dolla vendita della tanca, delle questioni della famiglia Moro, dell’odio fra Antonio Maria e le cugine.

Sebastiana domandò se era vero che una di queste amoreggiava con un prete, ma Predichedda protestò, perchè se ella non amava le sue parenti ricche, ne difendeva però l’onore. Sebastiana disse, imitando il lento parlare della sua amica:

— Che male ci sarebbe? Tanto adesso [p. 231 modifica]le donne meno scrupolose son le più fortunate. Vedi, Marielène....

— Oh, tu con questa Marielène!... Son stufa di sentirtela nominare. Dov’è poi tutta questa fortuna?

— Adesso essa sta per comprare la casa di Zoseppedda. Vedrai come diventerà ricca.

— Non tutti i ricchi son contenti, — sentenziò Predichedda. — Vedi il tuo ex padrone: quello è ricco, eppure non fa che urlare tutto il giorno, e un uomo che urla non è un uomo felice.

Mentre se ne andavano incontrarono Bruno, e Sebastiana alzò la voce per farsi notare da lui.

— Ho veduto tua moglie, Bruno Pa! Essa è contenta come una pasqua, mentre tu hai una faccia da moribondo. Lei può viver lontana da te; tu no, a quanto pare!

— Ma anche tu non sembri molto afflitta per la lontananza di tuo marito, — rimbeccò Bruno, guardandola in viso.

— Eh, in questo momento sono allegra perchè l’ho riveduto! Non è vero, Predichedda?

Ella urtò la compagna, ma questa disse lentamente:

— Eh, non vi siete neanche dato un bacio!

— Eh, perchè c’eri tu! — disse ridendo [p. 232 modifica]Sebastiana, e non sapeva per quale reo istinto volesse far capire a Bruno che fra lei e suo marito i rapporti coniugali erano tutt’altro che ardenti.

— Ve ne andate subito? — egli domandò; — io devo scendere stasera a Nuoro, e se passerete la giornata qui potremo ritornare assieme.

— Ah no, mia madre mi aspetta, vuoi restare tu, Predichedda?

— E se restassi, che male ci sarebbe? Con uomini ammogliati....

— Il fuoco li sfiori! Essi sono peggiori degli scapoli! Non è vero, Bruno?

Egli sorrise, un po’ triste, un po’ freddo, come per significare che per conto suo se una di loro restava non correva alcun pericolo.

— Piuttosto, son io che devo ritornare. Se no, mio zio, anima mia, muore disperato e mi bastona anche. Rimani tu, Sebastiana: passerò da tua madre per avvertirla! — disse Predichedda.

Ella capiva che la sua amica desiderava rimanere. Per chi? Per il marito o per Bruno? Non le importava saperlo; le bastava favorirla, per quell’istinto che ella aveva di far piacere alle persone che desideravano qualche cosa d’illecito. Infatti Sebastiana, dopo un momento d’incertezza, [p. 233 modifica]accettò; ma Bruno accompagnò Predichedda fino al sentiero che scendeva al paese, e poi andò per i fatti suoi nel bosco. Sebastiana si mise a chiacchierare con le raschiatrici di scorza, indi ritornò verso le tettoie e mangiò i maccheroni che Predu Maria aveva fatto cuocere e condito senza l’aiuto di lei.

Seduti per terra, all’ombra delle capanne, parlarono ancora di Antonio Maria, delle cugine, dei preti, della casa di Zoseppedda, del muro di cinta che la maestra voleva fabbricare attorno all’orto: ma ella pensava a Bruno e si domandava perchè egli non s’era più avvicinato.

— Io vorrei darti un bicchierino di liquore, — disse Predu Maria, mentre stavano per finire il modesto pasto, — ma vorrei che non ci vedessero. Andiamo dentro la dispensa.

Ella si alzò e lo seguì, e Bruno da lontano li vide entrare nella dispensa e chiudervisi dentro. Una fiamma gli colorì il viso. Si allontanò e andò a sdraiarsi in mezzo alle macchie.

In quell’ora del meriggio la brughiera fremeva tutta, piena di vita e d’amore; il vento che veniva dal mare l’agitava col suo alito profumato, curvando gli steli che pareva s’inseguissero folli di gioia e [p. 234 modifica] di passione. I fiori del tasso si baciavano, le mosche e gl’insetti volteggiavano al sole. S’udivano lievi gridi d’uccelli nascosti fra le macchie, e persino le tarantole abbandonavano le loro tele come fidanzate che tralasciassero di lavorare il loro corredo per andare a un convegno con l’amato. Anche le nuvolette rosee salivano a due a due sul cielo un po’ vaporoso di settembre, dietro l’ultima linea delle montagne. L’uomo soltanto era solo, sdraiato all’ombra d’un lentischio: solo col suo desiderio d’una compagna bella e appassionata; e non si accorgeva che era appunto il suo desiderio, e non il vento che veniva dal mare, il soffio che riempiva di passione le cose inanimate.