CLI. Della provincia di Maabar

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CLI. Della provincia di Maabar
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CLI (CLXXIV)

Della provincia di Maabar.

Quando l’uomo si parte dell’isola di Scilla e va verso ponente sessanta miglia, truova la gran provincia di Maabar, ch’è chiamata l’India maggiore. E questa è la maggiore India che sia, ed è della terra ferma. E sappiate che questa provincia ha cinque re che sono fratelli carnali, ed io vi dirò di ciascuno per sè. E sappiate che questa è la piú nobile provincia del mondo e la piú ricca. Sappiate che, da questo capo della provincia, regna un di questi re, che ha nome Senderba re di Var (Sonder Bandi Davar). In questo regno si truova le perle buone e grosse, ed io vi dirò come elle si pigliano. Sappiate che gli ha in questo mare un golfo, ch’è tra l’isole e la terra ferma, e non ha d’acqua piú di dieci passi o dodici, e in tal luogo non piú di due; e in questo golfo si pigliano le perle in questo modo. Gli uomeni pigliano le grandi navi e piccole [p. 206 modifica]e vanno in questo golfo, dal mese d’aprile insino a mezzo maggio, in un luogo che si chiama Bathalar (Bettelar). E vanno nel mare sessanta miglia, e quivi gettano loro áncora, ed entrano in barche piccole, e pescano com’io vi dirò. E sono molti mercatanti, e fanno compagnia insieme, e alluogano molti uomeni1 per questi due mesí che dura la pescagione. E i mercatanti donano al re delle dieci parte l’una di ciò che pigliano. E ancora ne donano a coloro che incantano i pesci, che non faccino male agli uomeni che vanno sotto acqua per trovare le perle: a costoro donano delle venti parti l’una; e questi sono «abrinamani» («abraiaman»), incantatori. E questo incantesimo non vale se none il die, sí che di notte nessuno non pesca; e costoro ancora incantano ogni bestia e uccello.2 Quando questi uomeni allogati vanno sott’acqua, due passi o quattro o sei infino in dodici, egli vi stanno tanto quantunque egliono possono; e pigliano cotali pesci, che noi chiamiamo «aringhe», e in queste aringhe si pigliano le perle grosse e minute d’ogni fatta. E sappiate che le perle che si truovano in questo mare si spandono per tutto il mondo, e questo re n’ha grande tesoro. Or v’ho detto come si truovano le perle; e da mezzo maggio innanzi non ve se ne truova piue. Ben è vero che, di lungi di qui trecento miglia, e’ se ne truova di settembre3 infino a ottobre. E si vi dico che tutta la provincia di Mabar non fa loro bisogno sarto, perochè vanno tutti ignudi d’ogni tempo; peroch’egli hanno d’ogni tempo il tempo temperato, cioè nè freddo nè caldo. Però vanno ignudi, salvo che cuoprono la loro natura con un poco di panno. E cosí vae il re come gli altri, salvo che porta altre cose, come io vi dirò: e’ porta alla natura piú bello panno che gli altri,4 e a collo un collaretto tutto pieno di pietre preziose, sí che quella gorgiera vale bene due gran tesori. Ancora [p. 207 modifica] gli pende da collo una corda di seta sottile, che gli va giú dinanzi un passo, e in questa corda ha da cento quattro tra perle grosse e rubini; il qual cordone è di grande valuta. E dirovvi perchè egli porta questo cordone: perchè conviene ch’egli dica ogni dì centoquattro orazioni a’ suoi idoli. E cosí vuole la sua legge, e cosí facevano gli altri re antichi,5 e cosí fanno questi d’ora. Ancora portano6 alle braccia bracciali tutti pieni di queste pietre carissime e di perle; e ancora tra le gambe in tre luoghi portano di questi bracciali cosí forniti. Ancora vi dico che questo re porta tante pietre a dosso che vagliono una buona cittá7; e questo non è maraviglia, avendone cotanta quantitá com’io v’ho contato. E sì vi dico che niuna persona puote cavare nè pietra nè perla fuori di suo reame, che pesi da un mezzo saggio in su. E il re fae ancora bandire per tutto il suo reame che, chi hae grosse pietre e buone o grosse perle, ch’egli le porti a lui, ed egli gliene fará dare due cotanti che non gli costarono. E questa è usanza del regno di dare due cotanti che non gli costano; di che gli mercatanti e ogni uomo, quando n’hanno, le portano volentieri al signore, perchè sono bene pagati. Or sappiate che questo re hae bene cinquecento femmine, cioè mogli; che, come vede una bella femmina o donzella, si la vuole per sè,8 e si ne fae quello ch’io vi dirò. Incontanente che egli vede una bella moglie al fratello, si la gli toglie e tienla per sua; e ’l fratello, perchè è savio in questo, sì gliele sofferisce e non vuole briga con lui. Ancora sappiate che questo re9 ha molti figliuoli che sono grandi baroni, che gli vanno d’intorno sempre quando cavalca; e, quando lo re è morto e lo corpo suo s’arde, e tutti questi figliuoli s’ardono, [salvo il maggiore che dee regnare]. E questo fanno per servirlo nell’altro mondo. Ancora [p. 208 modifica]v’hae una cotale usanza: che del tesoro che lascia il re al figliuolo maggiore10 mai non ne tocca, che dice che nol vuole mancare quello che gli lasciò il suo padre, anzi il vuole accrescere. E ciascuno l’accresce; e l’uno il lascia all’altro, e per ciò è questo re cosí ricco. Ancora vi dico che in questo reame non vi nascono cavagli, e perciò tutta la rendita loro consumano pure in cavagli. E dirovvi come i mercatanti di Quisai (Quis) e di Far (Dofar) (e di Hormes) e di Ser (Soer) e di Dan (Aden)11 (queste provincie hanno molti cavagli), e questi mercatanti empiono le navi di questi cavagli, e portangli a questi cinque re che sono frategli, e vendono l’uno bene cinquecento saggi d’oro, che vagliono piue di cento marchi d’ariento. E questo re ne compera ogni anno duemila o piú, e i fratelli altrettanti. Di capo dell’anno tutti son morti, perchè non v’ha maniscalco veruno, sí che non gli sanno governare; e questi mercatanti non ve ne menano veruno, perciochè vogliono prima che tutti questi cavagli muoiano, per guadagnare. Ancora v’ha cotale usanza: quando alcuno uomo hae fatto malificio veruno, ch’egli debbia perdere la persona, e quel cotale uomo dice che si vuole uccidere egli stesso per amore e per onore di cotale idolo; e il re gli dice che bene gli piace. Allotta gli parenti e gli amici di questo cotale malfattore lo pigliano e pongonlo in su una carretta; e dánnogli bene dodici coltella, e portanlo per tutta la terra, e vanno dicendo: — Questo cotale prode uomo — [dicendo ad alta bocie] — egli si va ad uccidere egli medesimo per amore del cotale idolo. — E quando sono al luogo ove si de’ fare la giustizia, colui che dee morire piglia un coltello, e grida ad alta bocie: — Io muoro per amore di cotale idolo. — Quando hae detto questo, egli si fiede del coltello per mezzo il braccio, e poi piglia l’altro e dássi nell’altro braccio, e [p. 209 modifica] poscia dell’altro per lo corpo, e tanto si dá che s’uccide. Quando è morto, gli parenti l’ardono con grande allegrezza. Ancora v’hae un altro costume: che, quando alcuno uomo morto s’arde, la moglie si getta nel fuoco e arde con esso lui; e queste femmine che fanno questo sono molte lodate dalle genti, e molte donne il fanno. Questa gente adorano gl’idoli, e la maggior parte il bue, perchè dicono ch’è buona cosa; e veruno v’è che mangiasse carne di bue, nè niuno l’ucciderebbe per nulla. Ma e’ v’ha una generazione d’uomeni che hanno nome «gavi» («govi»), che mangiano i buoi, ma non gli oserebbono d’uccidere; ma, se alcuno vi muore di sua morte, sì il mangiano bene. E si vi dico ch’egliono ungono tutta la casa di grasso di bue. Ancora ci ha un altro costume: che gli re e baroni e tutta altra gente12 non siede mai se none in terra; e dicono che questo fanno perchè sono di terra e alla terra debbono tornare, sí che perciò non la possono troppo onorare. E questi gavi, che mangiano la carne de’ buoi, sono quegli i cui antichi uccisono san Tommaso l’apostolo; e veruno di questa ingenerazione potrebbe entrare ancora colá ov’è il corpo di san Tommaso13. Ancora vi dico che venti uomeni non ve ne potrebbono mettere uno, di questa cotale generazione de’ gavi, per la virtú del santo corpo. Qui non ha da mangiare altro che riso. Ancora vi dico che, se un gran destriere si desse a una gran cavalla, non ne nascerebbe se non un piccolo ronzino colle gambe torte, che non val nulla e non si può cavalcare. E questi uomeni vanno in battaglia con iscudi e con lance, e vanno ignudi, e non sono prodi uomeni, anzi sono vili e cattivi. Egliono non ucciderebbono ninna bestia, ma, quando vogliono mangiare alcuna carne, sì la fanno uccidere a’ saracini e ad altra gente che non sia di loro legge. Ancora hanno questa usanza: ch’e’ maschi e le [p. 210 modifica] femmine ogni dí si lavano due volte tutto il corpo, la mattina e la sera; e mai non mangierebbono se questo prima non avessero fatto, nè non berebbono. E chi questo non facesse è tenuto come sono tra noi i paterini. E in questa provincia si fa grande giustizia di quegli che fanno micido o che imbolino, e d’ogni malificio.14 E chi è bevitore di vino non è ricevuto a testimonianza per l’ebrezza, e ancora chi va per mare15 dicono ch’è disperato. E sappiate ch’egliono non tengono a peccato niuna lussuria. E v’ha sí gran caldo ch’è maraviglia; e vanno ignudi; e non vi piove se no tre mesi dell’anno, giugno e luglio e agosto; e, se non fosse questa acqua che rinfresca l’aiere, e’ vi sarebbe tanto caldo che niuno vi camperebbe. Quivi hae16 molti savi uomeni di filosafia, cioè di quella che fa conoscere gli uomeni alla vista. Egli guatano ad agúre piú che uomeni del mondo, e piú ne sanno,17 che molte volte tornano a dietro di loro viaggio per uno istarnuto o per una vista d’uccello. E di tutti i loro fanciulli, quando nascono,18 iscrivono il punto e la pianeta che regnava quando nacque, perciochè v’ha molti astrologi e indovini.19 E sappiate che per tutta l’India li loro uccelli sono divisati da’ nostri, salvo la quaglia e li vilpristrelli: egli vi sono grandi come astori, tutti neri come carboni. E danno agli cavagli carne cotta con riso e molte altre cose cotte. Qui ha molti monisteri d’idoli,20 e havvi molte donzelle [e fanciulli] offerti da loro padri e da loro madri per alcuna cagione. E il signore del monistero, quando vuole fare alcuno sollazzo agli idoli, si richeggiono questi offerti; ed egli sono tenuti d’andarvi, e quivi ballano e trescano e fanno gran festa. Queste sono molte donzelle; e piú volte queste donzelle portano da mangiare a questi idoli, ove sono offerte: e pongono la tavola dinanzi agli idoli, e pongonvi suso vivande, e lascianlevi istare suso una [p. 211 modifica] gran pezza; e tuttavia le donzelle cantando e ballando per la casa. Quando hanno fatto questo, dicono che lo spirito dell’idolo hae mangiato tutto il sottile della vivanda, e ripongonla e vannosene. E questo fanno le pulcelle tanto che si maritano21. Or ci partiamo di questo regno, e dirovvi d’un altro, che ha nome Multifili (Mutfili).

  1. Berl. * zoè che li dá tanto al mese, zoè d’april infina la metá de mazo, over tanto quanto dura quelle pescaxon.
  2. Pad. Berl. Queli che deno prender le ostreghe entrano in l’acqua ben quatro pasi e zinque, infina dodexe, e lá stano quanto i puoi; e, quando i sono vegnudi al fondo, eli trova quelle ostreghe, e in le carne de quelle ostreghe se truova le perle; sí che a questo modo se pescano le perle in tanta quantitá che l’è senza numero.
  3. Berl. fina a mezo otubrio.
  4. Pad. Berl. e a al collo uno frixo pieno de piere preziose, zoè safili, rubini e smeraldi e altre care piere, che vale uno gran tesoro.
  5. Berl. e quelli lassò che i dovesse osservar queste cosse: e questa sono la caxon perchè el re porta al collo queste tal piere.
  6. Berl. in tre luoghi dei brazi... brazali d’oro...
  7. Berl. * e non sono algun che podesse dir el numero de quele, le quale lui porta.
  8. Berl. e feze una cossa ch’io ve dirò. Questo re vete una bella dona, la qual iera moier de uno so fradello, onde la tolse e la tene. E so fratello, che iera savio, si sel portò in paxe e con lui non se corozò.
  9. Berl. si áno molti (fedeli, che sono fedeli) per questo mondo e in altro, segondo como i disse; e de questo vui aldirete. Questi (fedeli serveno) el re in la corte, e cavalcano con lui, (áno con sè) gran segnoria, e, andasse el re dove volesse, l’acompagnano per tuto el reame; e quando... tuti queli sorastanti e fedeli se getano in questo fuogo, e si se brusano con el re.
  10. Berl. i fioli i qual suzedeno non toca alguna cossa de quello, e dixeno: — Io ò tuto el reame e la zente de mio padre; io me posso ben precurar comò el fa’ lui. — E per questo modo i non toca el so tesoro che i àno.
  11. La parentesi è nel testo.
  12. Berl. sentano sovra la tera. Ove nui domandassemo perchè i fano questo, e perchè non séntano sopra qualche cossa, e queli dixeno ch’i senta sovra la tera per cossa piú onorevole: — Perchè nui semo de tera, — e però algun non porá piú onorar la tera, e che nessuno non la die desprixiar.
  13. Berl. Pad. perchè diexe omeni non poráve tegnir uno de questi «govi» in nel luogo dove sono el corpo santo, e ezian vinti omeni (o) piú non porave meter uno... in luogo dove sono el dito corpo santo, perchè el luogo non rezeve, per la vertú del dito corpo santo.
  14. Pad. In questa contrá se guarda la gran parte de bever vino; e quelli che...
  15. Berl. perchè i dixeno che colui che va per mare è desperado, e però non val le suo’ testimonianze.
  16. Pad. Berl. molti che sano filosofia, che sono a cognosser i omeni se sono boni o cativi; e cussi le femene...; e che significa inscontrarse in oseli over in bestie.
  17. Berl. perchè, (se) algun va in algun luogo, e olde (che) alguni (starnua) e par ch’el sia bon per lui, el va piú avanti, e s’elo non i par ch’el sia bon, subito el se mete a sedere, e molte volte el torna indriedo.
  18. Berl. subito el padre over la madre fa scrivere el dì dela so nasion, el mese e la luna...
  19. Berl. Pad. E sapiè che per tuto questo reame e per tuta l’India sono bestie e oxeli..., ezeto la quaia, simele ala nostra. Ma tutte le altre cosse sono diverse dale nostre; e ’l ghe n’è balbastreli grandi comò sono astori; (e àno ostori) negri come corbi, e sono molto mazor: e vola ben e oxelano ben.
  20. Berl. ale qual molte damixele se ofereno a questo muodo: perchè i pari e le mare ofereno quele ale idole, e piú i piaxe quante volte al dì è oferte. Quelle tante volte el munego de quel monestier rechiere quelle che le vegna a solazar ale idole, subito vien cantando e sonando, e fano gran festa con queste damiselle, le qual sono in gran quantitade.
  21. Berl. e de queste damisele ne sono molte in questo reame, che fano le cosse ch’io v’ò dito.