Il guarany/Parte Terza/Capitolo II

Parte Terza - II. Preparativi

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José de Alencar - Il guarany (1857)
Traduzione dal portoghese di Giovanni Fico (1864)
Parte Terza - II. Preparativi
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CAPITOLO II.


P R E P A R A T I V I.

Al tempo stesso che don Antonio de Mariz e suo figlio s’intrattenevano insieme nella sala. Pery esaminò le sue armi, caricò le pistole avute in dono dalla sua signora e uscì dalla capanna.

La fisonomia del selvaggio avea un’espressione di energia e ardimento, che rivelava una risoluzione non che violenta, disperata.

Quello che stava per fare, neppur egli il sapeva. Certo che Loredano e i suoi compagni si riunirebbero quel mattino, facea disegno che prima che una tale congrega avesse luogo, sarebbe mutata la faccia delle cose.

Solo avea una vita, com’egli diceva; ma questa colla sua agilità, colla sua forza e col suo coraggio valeva per molte; tranquillo sul futuro per la promessa di Alvaro, poco si curava del [p. 15 modifica]numero dei nemici; potea morire, ma sperava di lasciar ben poco od anche nulla da fare al cavaliere.

Uscendo dalla capanna, Pery entrò nel giardino: Cecilia era assisa sopra un tappeto di pelli steso sull’erba, e vezzeggiava al seno la sua prediletta tortorella, offrendo i labbri di carminio alle carezze che l’uccello faceale col becco dilicato.

La fanciulla stava pensierosa; un lieve velo di malinconia faceva svanire alcun poco la vivacità naturale del suo sembiante.

— Sei sdegnata con Pery, signora?

— No, rispose la fanciulla, affisando in lui i suoi grandi occhi azzurri. Tu non volesti fare quello che ti chiesi; la tua signora ne sentì affanno.

Ella diceva il vero con l’ingenua franchezza dell’innocenza. La sera innanzi, quando si ritirò dolente pel rifiuto di Pery, era rimasta accorata per quella contrarietà.

Educata nel fervore religioso di sua madre, ancorchè senza i suoi pregiudizi, perchè corretti dai consigli di don Antonio, Cecilia serbava la fede cristiana in tutta la sua purezza e santità.

Perciò affliggevasi all’idea che Pery, cui portava una profonda amistà, non salvasse la sua anima, e non conoscesse quel Dio buono e compassionevole, cui ella inviava le sue preghiere.

Conosceva che la ragione, per cui sua madre e gli altri sprezzavano l’Indiano, era la sua [p. 16 modifica]qualità di gentile; e la fanciulla nella sua gratitudine voleva nobilitare il suo amico, e renderlo degno della stima di tutti.

Ecco perchè si era fatta triste; era una gratitudine verso Pery, che avea difesa la vita di lei da tanti pericoli, e che volea ricambiare colla salvezza della sua anima.

In questo tenore di spirito i suoi occhi caddero addosso alla chitarra spagnuola collocata sul cumò, e le venne voglia di cantare.

È una cosa singolare quell’inspirare proprio della malinconia; sia necessità di espandersi, sia perchè la musica e la poesia rendono soave il dolore, ogni creatura mesta trova nel canto un conforto supremo.

La fanciulla cominciò a trarre alcun lieve preludio dallo strumento, nell’atto che ripassava per la memoria le parole di certe canzoni e inni, che sua madre aveale insegnati.

Quella che le si presentò più naturale, fu la canzone che udimmo; in tale composizione eranvi certe somiglianze, un certo che di cui ella non sapea rendersi ragione, ma che si accomodava mirabilmente allo stato del suo animo.

Finito che ebbe di cantare, alzossi, raccolse il fiore di Pery che avea gettato a terra, lo ripose nei capelli, e facendo la sua preghiera di notte, addormentossi tranquillamente.

L’ultimo pensiero che aleggiò intorno la sua candida fronte, fu un voto di gratitudine all’amico che aveale salva la vita in quella mattina. [p. 17 modifica]

Dipoi un sorriso si posò sul suo volto grazioso, come se l’anima durante il sonno degli occhi venisse a trastullarsi sulle sue labbra semiaperte.

L’Indiano udendo le parole di Cecilia, si accorse di avere per la prima volta cagionato un’afflizione reale alla sua signora.

— Tu non comprendesti Pery, signora. Pery ti chiese che lo lasciassi nella vita in cui nacque; perchè ha bisogno di questa vita per servirti.

— Come?... Non ti capisco!

— Pery, selvaggio, è il primo de’ suoi: solo ha una legge, una religione; quella della sua signora. Pery, cristiano, sarebbe l’ultimo de’ tuoi; sarebbe uno schiavo, e non potrebbe difenderli.

— Uno schiavo! No! Sarai un amico. Te lo giuro! sclamò la fanciulla con vivacità.

L’Indiano sorrise:

— Se Pery fosse cristiano, e un uomo volesse offenderli, egli non potrebbe ammazzarlo, perchè il tuo Dio comanda che l’uomo non uccida l’uomo. Pery, selvaggio, non rispetta alcuno; chiunque offende la sua signora è suo nemico, e muore!

Cecilia, pallida di emozione, guardò l’Indiano, maravigliata non tanto di quella sublime devozione, quanto di quel ragionamento; essa ignorava la conversazione avvenuta la sera fra lui e il cavaliere.

— Pery ti disubbidì solo per tuo bene; ove tu non corressi alcun pericolo, egli verrebbe a inginocchiarsi a’ tuoi piedi, e bacerebbe la croce che tu gli donasti. Non tenergli più il broncio! [p. 18 modifica]

— Dio mio!... mormorò Cecilia alzando gli occhi al cielo. È possibile che una devozione come questa non sia inspirata dalla vostra santa religione!...

L’allegrezza serena e dolce della sua anima raggiava sulla sua fisonomia incantatrice:

— Io sapeva che non mi negheresti qualunque cosa fossi per chiederti; perciò non l’esigo più; aspetto. Ricordati solamente che il dì che sarai cristiano, la tua signora ti stimerà ancor più.

— Non sei più contristata?

— No; adesso sono soddisfatta, contenta, molto contenta!

— Pery vuol chiederti una cosa.

— Quale?

— Pery desidera che tu disegni una carta per lui.

— Disegnare una carta?

— Come questa che tuo padre diede oggi a Pery.

— Ah! vuoi ch’io scriva?

— Sì.

— Che cosa?

— Pery va a dirtelo.

— Aspetta.

Leggiera e graziosa, la fanciulla corse a un forzieretto, e traendone un foglio di carta e una penna fece segno a Pery di accostarsi.

Non dovea soddisfare al desiderio dell’Indiano, egli che soddisfaceva ai suoi menomi ghiribizzi?

— Avanti dunque: parla, ch’io scrivo. [p. 19 modifica]

— Pery ad Alvaro: — disse l’Indiano.

— È una carta pel signor Alvaro? dimandò la fanciulla arrossendo.

— Sì: è per lui.

— Che hai da dirgli?

— Scrivi.

La fanciulla tracciò la prima linea, e dopo, a richiesta di Pery, il nome di Loredano e de’ suoi complici.

— Adesso chiudi, disse l’Indiano.

Cecilia suggellò la carta.

— All’ora del pranzo rimetti la carta; non prima.

— Ma che vuol dir ciò? dimandò Cecilia senza comprendere.

— Egli tel dirà.

— No, ch’io....

La fanciulla balbettò arrossendo queste parole; stava per dire che non parlerebbe al cavaliere, ma si pentì tosto; non volea rivelare a Pery quello che era accaduto.

Sapea che se l’Indiano sospettasse alcun che della scena della sera, odierebbe Isabella e Alvaro, solo per averle cagionato un affanno involontario.

Nell’atto che Cecilia, confusa, si studiava di togliersi a quel moto dell’animo, Pery fissava in lei il suo sguardo scintillante; mal s’accorgea la fanciulla che quello sguardo era un addio che l’Indiano le dava.

Ma per far ciò, le sarebbe stato mestieri di [p. 20 modifica]indovinare il disegno disperato che avea concepito, di sterminare in quel giorno tutti i nemici della casa.

Don Diego entrò in quell’istante nella stanza di sua sorella: veniva a congedarsi da lei.

Pery, lasciando Cecilia, avviossi alla scala, e trovò le stesse sentinelle che dipoi impedirono il passo a Ruy Soeiro.

— Non si esce; dissero gli avventurieri incrociando le spade.

L’Indiano alzò le spalle sdegnosamente; e prima che le sentinelle si riavessero dallo stupore, avea scivolato sulle loro spade e disceso la scala.

Allora guadagnò il bosco, esaminò di nuovo le sue armi e aspettò; già si annoiava, quando vide passare la piccola cavalcata.

Restò maravigliato al vedere Loredano accompagnare don Diego; il suo disegno andava in fumo, ma questa volta con tutta sua soddisfazione, per rimaner libero del più terribile nemico della sua signora.

Alvaro gli chiarì in appresso il tutto, e gli contò come avesse obbligato Loredano a partir contro sua voglia.

Pery provò una gioia straordinaria; sapea che senza Loredano, che dirigeva e comandava a’ suoi complici, la cospirazione non potea proseguire e svaniva.

Il rimanente della giornata passò tranquillo, ma la tristezza era entrata in quella casa, la sera [p. 21 modifica]innanzi ancora tanto lieta e felice; la partenza di don Diego e quel timor vago, incerto, che produce il pericolo quando si avvicina, il dubbio di un assalto dei selvaggi preoccupavano gli abitatori del Paquequer.

Gli avventurieri diretti da don Antonio facevano lavori di difesa, rendendo ancora più inaccessibile la roccia ov’era piantata la casa.

Gli uni costruivano palizzate all’ingiro dello spianato; gli altri trascinavano sul davanti della casa una colubrina, che il fidalgo per eccesso di cautela avea fatto venir da San Sebastiano due anni addietro.

Tutta la casa insomma presentava un aspetto marziale, come alla vigilia d’un combattimento; don Antonio prepara vasi a ricevere degnamente il nemico.

Solo in tanto trambusto una persona si serbava estranea a quello che succedeva; era Isabella, che non pensava che al suo amore.

Dopo quella confessione, strappata violentemente al suo cuore da una forza irresistibile, per un impulso di cui non sapea rendersi ragione, la povera fanciulla, quando si vide a notte sola nella sua camera, quasi venne meno per vergogna.

Ricordava le sue parole, e chiedeva a sè stessa come mai avesse avuto il coraggio di dir quello, che prima neppur il suo sguardo osava esprimere in silenzio.

Non le parea possibile di rivedere Alvaro, senza [p. 22 modifica]sentirsi sotto gli sguardi del giovane ardere il volto di rossore, senza asconderlo per confusione.

Non pertanto il suo amore non era meno ardente; che anzi la passione, sì a lungo repressa, erasi allora esacerbata per quella lotta, per quel contrasto.

Quelle poche parole dolci, che il giovane aveale rivolte, quella pressione delle mani, quella stretta rapida sopra il suo cuore, in un istante di ardore, passavano e ripassavano nella sua memoria ad ogni momento.

Il suo spirito, somigliante a una farfalla attorno il fiore, aleggiava costantemente attorno quelle rimembranze ancora vive, come per libare tutto il miele che chiudevano quelle sensazioni, le prime del suo amore infelice.

Nel giorno in cui siamo, sulla sera, Alvaro si imbattè un tratto con Isabella sullo spianato.

Ambedue rimasero muti; e arrossirono. Alvaro stava per ritirarsi.

— Signor Alvaro.... balbettò la giovane tremando.

— Che volete, donna Isabella? dimandò il giovane conturbato.

— Dimenticai di restituirvi ieri ciò che non mi appartiene.

— E ancora questo malcapitato braccialetto?

— Sì, rispose la giovane dolcemente, è questo malcapitato braccialetto, che Cecilia insiste che è vostro.

— È mio, e vi prego di accettarlo. [p. 23 modifica]

— No, signor Alvaro, non ci ho diritto.

— Una sorella non ha diritto di accettare il presente, che le offre suo fratello?

— Avete ragione, riprese la giovane sospirando, lo terrò come una vostra rimembranza; non sarà un fregio per me, ma una reliquia.

Il giovane non rispose, e si ritrasse per troncare questa conversazione.

Dalla sera innanzi Alvaro non potea togliersi alla potente impressione in lui prodotta dalla passione d’Isabella; occorreva non esser uomo, per non sentirsi profondamente commosso da quell’amor ardente di una bella donna, da quelle parole di fuoco, che uscirono dalle labbra d’Isabella sì piene di sentimento.

Ma la ragione diritta del cavaliere ricalcava quell’impressione nel fondo del cuore; non era padrone di sè stesso; avea accettato il legato di don Antonio de Mariz, e giurato di dar a Cecilia la sua mano.

Ancorchè non isperasse che il suo sogno dorato fosse per divenir reale, capiva che era rigorosamente tenuto a soggettarsi alla volontà del fidalgo, a proteggere la figlia di lui, a dedicarle la sua esistenza.

Quando Cecilia lo respingesse apertamente, e don Antonio lo sciogliesse della sua promessa, allora il suo cuore sarebbe libero, se già il disinganno non l’avesse tolto di vita.

L’unico fatto notabile, che accadde in quel dì, fu l’arrivo di sei avventurieri delle vicinanze, [p. 24 modifica]che avvertiti da don Diego vennero ad offrire i loro servigi a don Antonio.

Giunsero in sull’imbrunire; alla lor fronte stava il nostro conosciuto mastro Nunes, che un anno prima avea dato ospitalità in sua casa a frate Angelo.