Il guarany/Parte Quarta/Capitolo IX

Parte Quarta - IX. Il castigo

../Capitolo VIII ../Capitolo X IncludiIntestazione 8 aprile 2023 75% Da definire

José de Alencar - Il guarany (1857)
Traduzione dal portoghese di Giovanni Fico (1864)
Parte Quarta - IX. Il castigo
Parte Quarta - Capitolo VIII Parte Quarta - Capitolo X

[p. 79 modifica]



CAPITOLO IX.


IL CASTIGO.

Il giorno dechinava rapidamente, e le ombre della notte cominciavano a stendersi sulla superficie verdenera delle foreste.

Don Antonio de Mariz, appoggiato al parapetto della finestra, vicino a sua moglie, passava il braccio a traverso la cintola di Cecilia.

Il sole, vicino a tramontare, illuminava col suo riflesso quel gruppo di famiglia, degno del quadro maestoso che gli serviva di basso rilievo.

Il fidalgo, Cecilia e sua madre, cogli occhi rivolti verso l’orizzonte, riceveano quell’ultimo raggio di dipartita, e mandavano l’estremo addio alla luce del giorno, alle montagne che li circondavano, agli alberi, ai campi, al fiume, a tutta la natura.

Per essi il sole era l’immagine della loro vita: [p. 80 modifica]l’occaso la loro ora estrema; e le ombre dell’eternità già si stendevano come le ombre della notte.

Gli Aimorè, dopo il combattimento in cui gli avventurieri aveano venduta cara la loro vita, eran tornati; e ogni volta più bramosi di vendetta, aspettavano che annottasse per assaltar la casa.

Certi questa volta che il nemico, stremo di forze, non resisterebbe a un assalto disperato, aveano pensato a distruggere ogni mezzo che potesse favorire la fuga di un solo dei Bianchi.

Ciò era facile: all’infuori della scala di pietra, la roccia formava da ogni parte un dirupo; e solo l’albero, che spandeva i suoi rami sopra la capanna di Pery, offriva un punto di comunicazione a chi avesse l’agilità e la forza dell’Indiano.

I selvaggi, che non voleano lasciarsi sfuggire un solo dei nemici, e ancor meno Pery, abbatterono l’albero, e troncarono così l’unico passaggio, per cui si potesse uscir dalla roccia nel momento dell’assalto. Al primo colpo della scure di pietra sopra il grosso tronco dell’oleo, Pery trasalì, e afferrando la carabina già stava per isfracellare la testa del selvaggio; ma sorrise e accostò tranquillamente l’arma alla parete.

Senza inquietarsi dell’opera di distruzione degli Aimorè, continuò il suo lavoro interrotto, e terminò di torcere una corda fatta dei filamenti [p. 81 modifica]di uno dei palmizi, che reggevano la sua capanna.

Volgeva un pensiero nella mente; e per effettuarlo avea cominciato a troncare i due palmizi e a portarli nell’appartamento di Cecilia; dipoi spianò uno degli alberi, e per tutto il mattino si occupò in torcere quella lunga corda, cui dava una straordinaria importanza.

Quando Pery ebbe terminata la sua opera, udì l’urto dell’albero sopra la roccia; si fece di nuovo alla finestra, e il suo volto espresse una soddisfazione immensa.

L’oleo, troncato alla radice, si era disteso sopra il precipizio, elevando a una grande altezza i suoi rami secolari, ma frondosi e più robusti di quelli di un albero giovane della foresta.

Gli Aimorè, tranquilli da questo lato, continuarono i loro apparecchi pel combattimento, che facean conto di appiccare nelle ore più chete della notte.

Quando il sole disparve sull’orizzonte, e la luce del crepuscolo cedette il luogo alle tenebre che avviluppavano la terra, Pery avviossi alla sala.

Ayres Gomes, sempre infaticabile, stava sulla porta dell’armeria; don Antonio de Mariz era seduto sulla sua seggiola, e Cecilia adagiata sulle sue ginocchia ricusava di bere una tazza che le presentava.

— Bevi, mia Cecilia, dicea il fidalgo; è un cordiale che ti farà molto bene. [p. 82 modifica]

— A che giova, padre mio? Per un’ora, se tanto ci resta a vivere, non vale la fatica! rispondea la fanciulla sorridendo tristamente.

— T’inganni! Ancora non siamo affatto perduti.

— Avete qualche speranza? dimandò ella con aria incredula.

— Sì, ho una speranza, e questa non mi illuderà! rispose don Antonio con accento profondo.

— Quale? Ditemelo!

— Ben sei curiosa? replicò il fidalgo sorridendo. Te lo dirò solo quando farai ciò che ti chiedo.

— Volete che beva questa tazza?

— Sì.

Cecilia prese la tazza dalle mani di suo padre, e dopo bevuto, si volse a lui con uno sguardo interrogatore.

— La speranza che nutro, figlia mia, è che nessun nemico varcherà la soglia di questa porta; puoi credere alla parola di tuo padre e dormir tranquilla. Dio veglia sopra di noi.

Baciando la fronte immacolata della fanciulla, si alzò, la prese nelle sue braccia, e posandola sulla seggiola ov’egli era prima seduto, uscì dall’armeria, e andò ad esplorare quanto accadeva fuori della casa.

Pery che avea assistito a quel dialogo tra padre e figlia, occupavasi in procacciare nell’armeria vari oggetti di cui mostrava aver bisogno, poi li ascondeva sotto la sua tunica di cotone. [p. 83 modifica]

Trovato che ebbe quanto desiderava, l’Indiano avviossi alla porta.

— Ove vai? disse Cecilia, che avea osservati tutti i suoi movimenti.

— Pery ritorna, signora.

— E perchè ci lasci?

— Perchè fa di bisogno.

— Almeno ritorna subito. Non dobbiam morir tutti insieme, della medesima morte?

L’Indiano abbrividì.

— No; Pery morirà, ma tu hai da vivere, signora.

— Perchè vivere, dopo aver perduti tutti i propri amici?...

Cecilia, che a certi momenti si sentiva vacillar il capo e chiuder gli occhi, e come in preda ad un sonno invincibile, si lasciò cadere contro lo schienale della seggiola.

— No!... Piuttosto morir come Isabella! mormorò la fanciulla già intorpidita dal sonno.

Un mezzo sorriso venne a posarsi sulle sue labbra semiaperte, d’onde esalava un respiro dolce, blando e uguale.

Pery in sulle prime si accorò di quel sonno repentino, che non gli parve naturale, e del subitaneo pallore che coprì i lineamenti di Cecilia.

I suoi occhi caddero sulla tazza che stava sul tavolino; accostò alle labbra alcune goccie del liquido rimasto in fondo, e le assaggiò: non potè accorgersi di quello che contenevano; ma fu contento di non aver trovato quello di che avea preso sospetto. [p. 84 modifica]

Respinse l’idea che gli s’era presentata allo spirito, e gli sovvenne che don Antonio sorrideva nel momento che invitava sua figlia a bere, e che la sua mano non tremava porgendole la tazza.

Tranquillo a questo riguardo, l’Indiano che non avea tempo da perdere, guadagnò lo spianato, corse alla camera da lui occupata e scomparve.

Per un’ora nessun lo vide, nè seppe che cosa fosse avvenuto di lui; già era notte avanzata, e una profonda oscurità avvolgeva la casa e i dintorni.

Durante quel tempo niun caso straordinario venne a mutare la posizione disperata in cui si trovava la famiglia; la calma sinistra che precede le grandi tempeste libravasi sul capo di quelle vittime, che numeravano non più le ore, ma gli istanti di vita che loro rimanevano.

Don Antonio passeggiava lungo la sala colla medesima serenità de’ suoi giorni tranquilli e placidi d’altra volta; di tratto in tratto il fidalgo si arrestava sulla porta dell’armeria, gettava un’occhiata sopra sua moglie che pregava e la figliuola addormentata, di poi continuava il suo passeggio interrotto.

Gli avventurieri, aggruppati vicino alla porta, seguivano cogli occhi la figura del fidalgo, che smarrivasi nel fondo oscuro della sala, e spiccava di nuovo piena di vigore e di colorito nella sfera luminosa, che cingeva la lampada d’argento sospesa al tetto. [p. 85 modifica]

Muti, rassegnati, nessuno di quegli uomini lasciava sfuggire un lamento, un sospiro qual si fosse; l’esempio del capo ravvivava in loro quel coraggio eroico del soldato, che muore per una causa santa

Prima di obbedire agli ordini di don Antonio de Mariz, essi aveano eseguito la sentenza, proferita contro Loredano; e chi fosse passato allora sopra lo spianato, avrebbe visto intorno al palco su cui stava legato il frate, una fiamma vermiglia, che lambiva la catasta e si attortigliava ai tronchi della legna.

Loredano già sentiva il fuoco avvicinarsi, e il fumo elevandosi a globi lo avvolgeva come fra una densa e fosca nuvola; è impossibile a descriversi l’ira, la rabbia, il furore che s’impadronirono di lui nei momenti che precedettero il suo supplizio.

Ma ritorniamo alla sala ove si trovavano riuniti, i principali personaggi di questo racconto, e dove stanno per succedere le scene forse più importanti di questo dramma brasiliano.

La calma profonda che regnava in quella solitudine non era stata turbata; tutto era silenzio; e le dense tenebre della notte non lasciavano scorgere gli oggetti a pochi passi di distanza.

D’improvviso liste di fuoco attraversarono l’aria, e piombarono sulla casa; erano le saette incendiarie dei selvaggi, che annunziavano il principio dell’assalto: per alcuni minuti fu come una pioggia di fuoco, una cascata di fiamme, che si posavano sopra l’abitazione. [p. 86 modifica]

Gli avventurieri abbrividirono; don Antonio sorrise.

— È giunto il momento, amici miei. Abbiamo un’ora di vita; apparecchiatevi a morire da cristiani e da veri Portoghesi. Aprite le porte, acciocchè possiamo vedere il cielo.

Il fidalgo diceva restar loro un’ora di vita, perchè avendo demolito il rimanente della scala di pietra, i selvaggi non potevano salire sulla roccia se non dandole la scalata; e per quanta fosse la loro abilità, non era possibile farlo in un tempo minore.

Quando gli avventurieri aprirono le porte, una forma d’uomo guizzò nell’ombra, ed entrò nella sala.

Era Pery.