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di uno dei palmizi, che reggevano la sua capanna.
Volgeva un pensiero nella mente; e per effettuarlo avea cominciato a troncare i due palmizi e a portarli nell’appartamento di Cecilia; dipoi spianò uno degli alberi, e per tutto il mattino si occupò in torcere quella lunga corda, cui dava una straordinaria importanza.
Quando Pery ebbe terminata la sua opera, udì l’urto dell’albero sopra la roccia; si fece di nuovo alla finestra, e il suo volto espresse una soddisfazione immensa.
L’oleo, troncato alla radice, si era disteso sopra il precipizio, elevando a una grande altezza i suoi rami secolari, ma frondosi e più robusti di quelli di un albero giovane della foresta.
Gli Aimorè, tranquilli da questo lato, continuarono i loro apparecchi pel combattimento, che facean conto di appiccare nelle ore più chete della notte.
Quando il sole disparve sull’orizzonte, e la luce del crepuscolo cedette il luogo alle tenebre che avviluppavano la terra, Pery avviossi alla sala.
Ayres Gomes, sempre infaticabile, stava sulla porta dell’armeria; don Antonio de Mariz era seduto sulla sua seggiola, e Cecilia adagiata sulle sue ginocchia ricusava di bere una tazza che le presentava.
— Bevi, mia Cecilia, dicea il fidalgo; è un cordiale che ti farà molto bene.