Il guarany/Conclusione/Capitolo III

Conclusione - III. L'amante

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José de Alencar - Il guarany (1857)
Traduzione dal portoghese di Giovanni Fico (1864)
Conclusione - III. L'amante
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CAPITOLO III.


L’AMANTE.

Terminata quella preghiera cristiana, forse la prima pronunziata al cospetto di quegli alberi secolari, il viaggio continuò.

Tosto che il sole giunse al zenith, Pery cercò, come la sera precedente, un vago recesso per passare quelle ore di calma.

La piroga approdò in un piccolo seno del fiume; Cecilia saltò a terra; e il suo compagno le scelse un luogo ombroso ove riposare.

— Aspetta qui; Pery ritorna subito.

— Ove vai? dimandò la fanciulla inquieta.

— A coglier frutti per te.

— Non ho fame.

— Li conserverai.

— Allora io t’accompagno.

— No; Pery nol consente.

— E perchè? Non mi vuoi appresso a te? [p. 117 modifica]

— Bada alle tue vesti, al tuo piè, signora; gli spini del cardo ti offenderebbero.

In fatti Cecilia indossava una leggera veste di mussolina; e il delicato piede, che poggiava sull’erba, calzava un borzacchino di seta.

— Dunque mi lasci sola? disse la fanciulla attristandosi.

L’Indiano restò; un momento indeciso; ma d’improvviso la sua fisonomia rasserenossi.

Recise lo stelo di un’iride, che ondeggiava all’alito dell’aura, e ne presentò il fiore alla fanciulla.

— Ascolta, diss’egli. I vecchi della tribù appresero dai loro padri che l’anima dell’uomo, quando si separa dal corpo, si asconde in un fiore, e ivi rimane finchè l’uccelletto del paradiso viene a prenderla e a condurla ben lungi. È per ciò che tu vedi il guanumby1 saltar di fiore in fiore, baciando or l’uno or l’altro, e dipoi batter l’ali e involarsi.

Cecilia avvezza al linguaggio poetico del selvaggio, attendeva l’ultima parola che le svelasse il suo pensiero.

L’Indiano continuò:

— Pery non porta seco l’anima nel corpo, la lascia in questo fiore. Tu non sei sola.

La fanciulla sorrise, e prendendo il fiore lo ascose nel seno. [p. 118 modifica]

— Ella mi farà compagnia. Va, fratel mio, e torna subito.

— Pery non andrà lontano; se tu lo chiamerai, ti sentirà.

— E mi risponderai? non è vero? affinchè io sappia che mi sei vicino...

L’Indiano, prima di partire, circondò a qualche distanza il luogo ove stava Cecilia di un cordone di piccoli fuocherelli, fatti di lauro, di cannella, di uratahy ed altri alberi aromatici.

In tal modo rendeva quel recesso impenetrabile: il fiume da un lato e dall’altro le fiamme che fugherebbero gli animali nocivi e partirolarmente i rettili; il fumo odoroso che usciva dai fuochi allontanava persino gli insetti.

Pery non avrebbe tollerato che una vespa o un moscherino qualunque offendesse la cute della sua signora, e succhiasse una goccia di quel sangue prezioso; perciò avea prese tutte quelle cautele.

Cecilia dovea star tranquilla come in un palazzo; e infatti era un palazzo di regina del deserto quell’ombreggiato pieno di freschezza, ove l’erba facea l’ufficio di tappeti, le frondi di sopraccielo, i festoni fioriti di cortine, i sabià di musici, le acque di specchio, e i raggi solari di arabeschi dorati.

La fanciulla vedea da lungi la sollecitudine con cui il suo amico si affaticava per la sua sicurezza, e l’accompagnò coll’occhio fino all’istante che disparve nel più denso della selva. [p. 119 modifica]

Fu allora che vide la solitudine stendersele intorno e avvolgerla come in un manto; insensibilmente portò la mano al seno e ne trasse il fiore che Pery le avea dato.

Non ostante la sua fede cristiana, non potè vincere quell’innocente superstizione del cuore: le parve, guardando l’iride, di non esser sola, ma in compagnia dell’anima di Pery.

Qual’è il seno a sedici anni, che non ricovera alcuna di quelle illusioni incantatrici, nate col fuoco dei primi raggi d’amore? Qual’è la fanciulla, che non consulta l’oracolo di un fiorellino, e non iscorge in una farfalla nera la sibilla fatidica, che le annunzia la perdita della più bella speranza?

Come l’umanità nell’infanzia, anche il cuore nei primi anni possiede la sua mitologia; mitologia più graziosa e più poetica, che le creazioni della Grecia; l’amore è il suo Olimpo, popolato di dee o di dii di una bellezza celeste è immortale.

Cecilia amava; la gentile e innocente fanciulla procurava illudere sè stessa, attribuendo il sentimento di cui era piena la sua anima a un’affezione fraterna, e occultando sotto il dolce nome di fratello un altro più dolce che le spuntava sulle labbra; ma che queste non ardivano pronunciare.

Ancorchè sola, di quando in quando un pensiero che le passava per lo spirito le accendea le guancie di rossore, faceva palpitarle il seno, [p. 120 modifica]e inclinare mollemente il capo, come lo stelo della pianta dilicata, allorchè il calore del sole feconda la fioritura.

A che pensava ella cogli occhi fissi sull’iride, che il suo alito facea tremolare, colle palpebre socchiuse e il corpo chinato sulle ginocchia?

Pensava al passato che più non farebbe ritorno, al presente che dovea involarsi rapidamente, e al futuro che gli appariva vago, incerto e confuso.

Pensava che di tutto il suo mondo più non le restava che un fratello di sangue, il cui destino ignorava, e un fratello d’anima, in cui avea concentrate tutte le affezioni perdute.

Un senso di profonda mestizia annuvolava il suo sembiante pensando a suo padre, a sua madre, a Isabella ad Alvaro, a quanti amava e formavano per lei il suo universo; allora quello che la confortava era la speranza, che i due unici cuori che le rimanevano non l’abbandonerebbero giammai.

E ciò la rendea felice; non desiderava più nulla; non chiedeva a Dio altra ventura che il conforto di viver allato a’ suoi amici, riempiendo il futuro delle memorie del passato.

L’ombra degli alberi già baciava le acque del fiume, e Pery non era ancora di ritorno; Cecilia provò un senso di paura, e temendo di qualche disgrazia lo chiamò.

L’Indiano rispose da lungi, e poco appresso comparve fra gli alberi; il suo tempo non era stato occupato indarno, giudicando dagli oggetti che recava. [p. 121 modifica]

— Come tardasti!... gli disse Cecilia alzandosi e movendo al suo incontro.

— Tu stavi al sicuro; Pery giovossi di questo tempo per non lasciarti sola domani.

— Domani sola?

— Sì, perchè arriveremo.

— Ove? dimandò la fanciulla con vivacità.

— Alle dimore dei Goitacazi, alla capanna di Pery, ove comanderai a tutti i guerrieri della tribù.

— E dipoi, come andremo al Rio de Janeiro?

— Non cruciarti; i Goitacazi hanno piroghe grandi, come quell’albero che tocca le nuvole; quando maneggiano il remo, esse volano sull’acqua come l’atyaty dalle ali bianche. Avanti che la luna, che sta per sorgere, sia scomparsa, Pery ti lascerà colla sorella di tuo padre.

— Lascerai... sclamò la fanciulla impallidendo. Tu mi abbandonerai?

— Pery è un selvaggio; disse l’Indiano mestamente: non può vivere in mezzo ai Bianchi.

— Perchè? dimandò la fanciulla con ansietà. Non sei tu cristiano, come Cecy?

— Sì; perchè facea di mestieri esser cristiano per salvarti; ma Pery morrà selvaggio, come Ararê.

— Oh! no! disse la fanciulla: io t’insegnerò a conoscer Dio, Nostra Signora, le sue vergini e i suoi angeli. Tu pregherai meco; tu non mi lascerai più!

— Vedi, signora: il fiore che Pery ti diè già [p. 122 modifica]appassì, perchè spiccato dalla pianta; e il fiore stava nel tuo seno. Pery nelle dimore dei Bianchi, ancorchè a te vicino, sarebbe come questo fiore: tu ti vergogneresti di guardarlo.

— Pery!... sclamò la fanciulla offesa.

— Tu sei buona; ma quanti hanno il tuo colore, non hanno il tuo cuore. Colà il selvaggio sarebbe uno schiavo degli schiavi; e chi nacque il primo ben può essere tuo schiavo, ma è signore dei boschi e comanda ai più forti.

Cecilia mirando quel riflesso di nobile orgoglio, che brillava in fronte all’Indiano, sentì che non potea combattere la sua risoluzione dettata da un senso elevato.

Conobbe che in fondo alle sue parole ci avea una gran verità, che il suo istinto indovinava; ella ne avea la prova in quella rivoluzione, che si era operata nel suo spirito, veggendo Pery in mezzo al deserto, libero, grande, maestoso come un re.

Qual non sarebbe dunque la conseguenza di quella nuova vita? In una città, in mezzo all’incivilimento, che sarebbe un selvaggio, se non un captivo trattato da tutti con disprezzo?

Nell’intimo del suo animo non potea non approvare la risoluzione di Pery; ma non sapeva acquetarsi al pensiero di perdere il suo amico, il suo compagno, l’unica affezione che forse ancora le rimaneva nel mondo.

In quell’intervallo l’Indiano ammanniva la semplice refezione offertagli dalla natura. Collocò [p. 123 modifica]sopra una larga foglia i frutti raccolti: erano aracà, jambi vermigli, ingà di polpa soave, cocchi di varie specie.

L’altra foglia conteneva favi di una piccola pecchia, che avea fabbricate le sue cellette nel tronco di una cabuiba: di modo che il miele puro e chiaro esalava un profumo delizioso: sarebbesi detto miele di fiori.

L’Indiano diè forma concava a una larga palma, e la riempì di sugo di ananas, la cui fragranza è una vera ambrosia: era il vino che dovea servire a quel banchetto frugale.

In altra palma pur concava accolse le linfe cristalline d’un ruscello che mormorava lì presso, e che dovean servire per lavare le mani di Cecilia dopo la refezione.

Quando ebbe terminati quegli apparecchi, che faceva con una soddisfazione inesprimibile, Pery sedette vicino alla fanciulla, e cominciò a lavorare intorno ad un arco di cui avea bisogno: l’arco era la sua arma favorita, e senza di esso, ancorchè possedesse la carabina e le munizioni, che per cautela avea messe nella piroga per uso di don Antonio de Mariz, non si sentiva tranquillo, ne fidava pienamente nella sua agilità.

Ma accorgendosi che la sua signora non toccava a quegli alimenti, alzò il capo; e vide il volto della fanciulla bagnato di lacrime, che cadevano in perle sopra i frutti, e li irroravano come in notte serena.

Non occorreva divinare per comprendere la causa di quelle lacrime. [p. 124 modifica]

— Non piangere, signora; disse l’Indiano afflitto: Pery ti disse quello che sentiva; comanda, e Pery farà la tua volonlà.

Cecilia lo guardò con un’espressione di malinconia, che straziava l’anima.

— Vuoi che Pery resti con te? Egli resterà; tutti saranno suoi nemici; tutti lo maltratteranno; vorrà difenderti e non potrà; vorrà servirti e non gliel concederanno: ma Pery resterà.

— No; rispose Cecilia. Non esigo da te quest’ultimo sacrifizio. Devi vivere ove nascesti, Pery.

— Ma tu piangi ancora?

— Guarda; disse la fanciulla asciugandosi le lagrime: sono contenta.

— Adesso assaggia un frutto.

— Sì; ma desineremo insieme, come tu altra volta desinavi nel mezzo della foresta con tua sorella.

— Pery non ebbe mai sorella.

— L’hai adesso, rispose ella sorridendo.

— E come una figlia delle selve, come una vera Americana, la gentil fanciulla fece la sua refezione, dividendola col suo compagno e condendola di quegli scherzi innocenti e faceti, che ella sola sapeva fare.

Pery maravigliavasi di quella sùbita mutazione avvenuta nella sua signora, di quel repentino passaggio dalle lacrime al sorriso: e nel fondo del suo cuore provò una stretta, pensando che ella si confortava ben presto dell’affanno della separazione. [p. 125 modifica]

Ma egli non era avaro, e preferiva la gioia della sua signora al proprio piacere; perocchè vivea anzi della vita di lei, che della propria.








Note

  1. Secondo una tradizione degli Indiani, il colibrì, da loro appellato guanumby, recava le anime all’altro mondo.