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— Bada alle tue vesti, al tuo piè, signora; gli spini del cardo ti offenderebbero.

In fatti Cecilia indossava una leggera veste di mussolina; e il delicato piede, che poggiava sull’erba, calzava un borzacchino di seta.

— Dunque mi lasci sola? disse la fanciulla attristandosi.

L’Indiano restò; un momento indeciso; ma d’improvviso la sua fisonomia rasserenossi.

Recise lo stelo di un’iride, che ondeggiava all’alito dell’aura, e ne presentò il fiore alla fanciulla.

— Ascolta, diss’egli. I vecchi della tribù appresero dai loro padri che l’anima dell’uomo, quando si separa dal corpo, si asconde in un fiore, e ivi rimane finchè l’uccelletto del paradiso viene a prenderla e a condurla ben lungi. È per ciò che tu vedi il guanumby1 saltar di fiore in fiore, baciando or l’uno or l’altro, e dipoi batter l’ali e involarsi.

Cecilia avvezza al linguaggio poetico del selvaggio, attendeva l’ultima parola che le svelasse il suo pensiero.

L’Indiano continuò:

— Pery non porta seco l’anima nel corpo, la lascia in questo fiore. Tu non sei sola.

La fanciulla sorrise, e prendendo il fiore lo ascose nel seno.

  1. Secondo una tradizione degli Indiani, il colibrì, da loro appellato guanumby, recava le anime all’altro mondo.