Il buon cuore - Anno XIV, n. 27 - 4 luglio 1915/Religione

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Educazione ed Istruzione L. Vitali

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Vangelo della domenica Vla dopo Pentecoste Testo del Vangelo. Disse il Signore Gesti questa parabola.: Un uomo fece una gran cena, e invitò molta gente. E all’ora della cena mandò un suo servo a dire ai comitati che andassero, perchè tutto era pronto. E prin

cipiarono, tutti d’accordo a scusarsi. Il primo dissegli: Ho comperato un podere e bisogna che vada a vederlo; di grazia, compatiscimi. E un altro disse: Ho comperato cinque paia di buoi e vo’ a provarli, di grazia, compatiscimi.. E un altro.disse: Ho preso moglie, e perciò non posso venire. E tornato il servo riferì queste cose al suo padrone. Allora sdegnato il padre (li famiglia, disse al suo servo: Va tosto per le piazze e per le vie della città, e mena qua dentro i ascendici, gli stroppiati„ i ciechi e gli zoppi. E disse il servo Signore, si è fatto come hai comandato, ed hevvi ancora luogo. E disse il padrone al servo: Va per le strade e lungo le siepi e sforzali a venire, a ffin,chè si riempia la mia casa. Imperocchè vi dico, che nessuno di coloro che erano stati invitati, assaggerà la mia cena. S. LUCA, Cap. t4.

Pensieri. Tutti gli uomini Iddio chiama alla sua cena; alla cena terrestre, che è la sua Chiesa, alla cena celeste, che è il Paradiso. Parrebbe che tutti dovessero rispondere a questo invito come colombe dal desìo chiamate coll’ali aperte e ferme al dolce nido. Non è Dio il fine dell’uomo, non è Dio il centro di tutte le perfezioni, non è Dio che può appagare tutte!e più elevate, le più ardenti aspirazioni del nostro cuore, non è di tutti il dover dire con Agostino. O Signore, tu hai fatto il nostro cuore per te, e il nostro cuore non potrà mai esere contento e quieto, se non quando riposi in te? Eppure quanti non seguono Dio, quanti invitati alla cena di Dio, trovano pretesti per esimersi dall’andare, privandosi di ciò che costituisce loro maggior bene, esponendosi al pericolo di essere per sempre privati di quel bene,pel quale unicamente erano nati? E’questo il doloroso problema che GesùCristo ci propone a considerare nell’odiernoVangelo colla parabola degli invitati a cena, che al momento opportuno si rifiutarono di venire.

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Prima di tutto, l’invito di venire alla cena è fatto a tutti. Nessuno è escluso da quell’invito; sono chiamati i grandi, i piccoli, i1 sapienti, gli indotti, i poveri, i ricchi; quelli di un’epoca, quelli di un’altra, quelli di una regione, quelle di tutte le regioni. Vi hanno di quelli che possono credere che l’invito alla religione, l’invito alla cena, sia riservato solo ad alcune classi di persone, alle persone del popolo, perchè esse non possono trovare nell’istruzione ricevuta un pascolo sufficente alla loro mente; alle persone pie perchè esse sentono una propensione più viva alle pratiche religiose... No, no; l’invito alla cena è rivolto a tutti;nessuno può trovare ragione che giustifichi la sua astenione; l’invito non e fatto ad una condizione di persone; l’invito è fatto all’uomo, non a speciali condizioni del suo spirito, ma alle intime facoltà che costituiscono la natura umana. Anzi più l’uomo è grande più [p. 212 modifica]prontamente deve rispondere a questo invito, perchè più l’uomo è grande, più l’uomo somiglia a Dio, e maggiormente deve sentire il bisogno e la grandezza di accostarsi a lui. Non deve credersi che l’uomo rifiuti di ascoltare l’invito di Dio per una deliberazione malvagia, con un rifiuto villano, che porti nella sconvenienza dei modi la condanna dell’atto; si danno pure questi esempi di aperta ribellione, di ributtante sconoscenza; ma sono esempi rari che formano eccezione. Nella pluralità dei casi il rifiuto è larvato da motivi apparentemente buoni; l’uomo non è cattivo per essere cattivo; è cattivo per un falso apprezzamento delle cose; stimando più una cosa di un’altra, seguendo una cosa buona colla esclusione di un’altra più buona; immagini di ben seguendo false che nulla promission rendono intera. Ciò stabilisce il maggior pericolo di questo rifiuto alla chiamata di Dio; non è che rifiutando di assecondare l’invito di Dio, l’uomo rifiuti di abbracciare il bene; è anzi per non perdere un bene, un bene che ha, un bene che già possiede, un bene che apprezza, un bene che ama, che si conduce al punto dii dare un rifiuto ’a Dio. Rifiuta un bene per seguire un bene. Sono tre i motivi che inducono gli uomini a non seguir l’invito di Dio; essi rispondono alle tre concupiscenze che l’apostolo San Giovanni afferma che riassumono tutte le cause della perversità umana, cioè la concupiscenza degli occhi, la concupiscenza della carne, la superbia della vita. Queste tre concupiscenze trovano il loro riscontro nei tre motivi addotti per non venire dagli invitati dell’odierno Vangelo. Il primo risponde: ho comperato una villa e non posso venire. La villa è un oggetto di lusso; meritamente essa è presa’come simbolo della superbia della vita. La superbia è certamente una delle cause che più contribuiscono a tener l’uomo lontano da Dio. La superbia prende mille gradazioni; mille atteggiamenti, conduce l’uomo. ad una. serie di giudizi, di sentimenti, di atti, sia nei rapporti con Dio, che segnano un muro di separazione tra l’uomo e’ la virtù. La superbia conduce alla vanità, per cui l’uomo dà valore più alle cose apparenti che reali: per seguire la vanità sciupa il tempo, sciupa i denari, sciupa la salute. La superbia conduce alla presunzione, per cui l’uomo crede di sapere più di quanto sappia, per cui non accetta consigli, non obbedisce a comandi. Il superbo non riconosce nessuna autorità; non l’autorità dei genitori; non quella dei maestri, non quella delta chiesa, non quella stessa di Dio. Il superbo non ha che un Dio solo, e questi è se stesso. La superbia conduce al disprezzo ed all’invidia. degli altri. Egli considera gli•altri come da meno di lui. Egli si cruccia del bene che hanno gli altri; egli’ si compiace delle umiliazioni che gli altri possono subire. Se non può negare il bene che gli altri fanno, cerca di demolirlo coll’intaccarne le intenzioni. Tutti devono

sacrificarsi alle esigenze del superbo; ’il superbo non si sacrifica per nessuno. La superbia, nella sua essenza intrinseca, viene qualificata il maggiore dei peccati, perchè mette l’uomo direttamente di fronte a Dio: il superbo, come tutti, ha ricevuto tutto Dio, ed è come non avesse ricevuto nulla; prende i doni di Dio come. un argomento per far senza di lui, per ribellarsi contro• di, lui.

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Il secondo invitato risponde che non può venire perchè ha comperato cinque paia di buoi, e deve andare a provarli. Evidentemente qui è simboleggiata la concupiscenza degli occhi, cioè la concupiscenza idei beni esteriori, l’amore dei beni terreni, l’amore delle ricchezze. L’origine di questo amore non è cattivo. I beni della terra sono un dono di Dio: amarli, cercarli, è un omaggio alla liberalità della divina Provvidenza. Il conservare i beni terreni può anche essere l’esercizio d’una preziosa qualità morale, la sobrietà, l’economia; questa conservazione, può assumere anzi il carattere di giustizia, se abbiamo il doVere di conservare i beni per provvedere alla sorte e all’avvenire di figli.; può assumere il carattere di carità, se ti beni che ’si conservano e si accumulano, vengono. meglio in vita, o dopo la vita, adoperati pel sollievo delle miserie e delle sventure umane. Qual grande bene sono le ricchezze, quanti berli si possono fare colle ricchezze! Ma per ciò che le ricchezze sono un bene, per ciò che il possesso dei beni terreni può procacciarci mille utili soddisfazioni, si arriva al punto di credere che nel possesso dei beni terreni stia il segreto di ogni felicità. E all’acquisto di questi beni si sacrifica tutto. Si sacrifica il tempo: per accumular roba e denari non si ha più tempo di sorvegliare- e di educare i figliuoli, non si ha. ttnipo di dir le preghiere. non si ha tempo di ascoltare la 1Viessa alla domenica, di cevere i Sacramenti; nella vita dell’uomo interessato, l’anima, la perfezione dell’anima, la salute dell’anima non contano niente: lavorare, ammassare, è tutto l’uomo, tutta la vita. Se dovesse andar di mezzo anche la salute, si rovina anche la salute. Se non va di mezzo la salute nostra, non si ha alcun riguardo a fare andar di mezzo la salute degli altri, coll’obbligare i dipendenti ad un lavoro che è soverchio o per i pesi o per la durata; rovinare la salute degli adolescenti, delle donne, anche delle madri, non è nulla se quel lavoro serve, a crescere il patrimonio, a riempire le casse. Se per conseguire un maggior guadagno è necessario passar sopra le esigenze della ‘giustizia, si offende la giustizia colle frodi. cogli’ inganni, coi furti. La rovina degli altri non è ritegno all’interessato se quella rovina; può tornare di vantaggio a lui: il suo cuore è chiuso a ogni senso di liberalità, di carità: anzichè adoperarsi,a sollevare le altrui strettezze, approfitterà di queste strettezze per migliorare le sue speculazioni con intelligenti usure: Nella coscienza di essersi arricchito con mezzi ingiusti, non sentirà rimorso, o se lo sente tosto lo soffoca; o se non riesce a soffocarlo, non ha però la forza (li riparare la giusti’ [p. 213 modifica]zia offesa, di restituire: lavora, accumula come se la sua vita fosse tutta e solo nella vita presente, per sentirsi poi dire quando la morte arriva, che per lui arriva sempre improvvisa: tutto quanto hai preparato, in mano di’chi andrà? Chi’ si lascia dominare da questa concupiscenza, come è possibile che ascolti la chiamata di Dio? Non un paia di buoi deve provare; sono cinque paia.... questo numero -raddoppiato quanto bene esprime il cumulo degli affari che gravitano sul capo dell’uomo, e gli impediscono di alzare gli occhi al cielo! Eppure questa concupiscenza non è la più fatale, la più violenta, la più comune, a rendere l’uomo insensibile e renitente all’invito della parola di Dio: la concupiscenza che più allontana dalla cena di Dio è la concupiscenza della carne. A rendere più potente questa concupiscenza concorrono più cause. Prima, pare che il peccato originale, nel guasto prodotto nella natura umana, abbia creato il suo solco maggiore in questa tendenza. San Paolo dice apertamente che una tendenza contraria alla legge dello spirito domina i sensi dell’uomo, non possibile a vincersi senza uno speciale aiuto della grazia di Dio. In secondo luogo, questa tendenza diventa più pericolosa perchè nei suoi principi è destata da impressioni e da sentimenti non solo non riprovevoli, ma gentili, attraenti. Che di più gentile del sentimento dell’amore, specialmente quando questo sentimento è il naturale, è il giusto preparamento ad una condizione santa,,alla condizione del matrimonio, che Iddio benedice e consacra con un Sacramento, e che diventa la condizione e la base della più pura e della più importante delle istruzioni umane, la famiglia? Come è bello lo spettacolo• di due giovani, che cresciuti sotto l’ombra salutare. dei genitori; educati al lavoro, alla virtù, per una segreta disposizione del la Provvidenza si incontrano, sentono di essere fatti l’uno per l’altra, e si scambiano il reciproco dono di una affezione che prende forza e bellezza da costumi sempre conservati illibati, e si accingono a prosekuire insieme il cammino della vita, coi suoi doveri che sono gioie unite alle gioie? Non è difficile il credere alla verità di quella frase: l’amore degli. sposi è l’ultima parola dell’amore sulla terra; da complc.tarsi con l’altra,,che ne è come il prezioso coronamento: l’ultima parola dell’amore sulla terra è il ’.:avio cbc la madre depone sulla fronte del suo bambino! E in seguito a questo soave, luminoso principio. arrivano le sante, le severe compiacenze iella famiglia, la fedeltà incensurata dei coniugi, l’educazione dei figli, il preparare in essi utili cittadini alla patria, figli fedeli alla Chiesa. Ma di contro a questo quadro, così giocondo e moralmente salubre, quante scene oppostP ci si presentano dinnanzi; e presso i giovani, e presso i coniugati, e•presso quelli che non sono coniugati e non sono più giovani! E’ una desolazione! La corruzione nella gioventù è così estesa da divenire una minaccia impressionante per l’avvenire della società; la, fedeltà dei coniugi riceve tutti i in,)

menti le più sfacciate offese; e una continua congiura contro i coniugi e contro i giovani è ordita da coloro che non si legano alla famiglia per non subirne i pesi, ma non voglono negarsi nessuna compiacenza dei sensi, che diventa una abiezione, un tradimento, un delitto, quando queste compiacenze sono ottenute coll’assassinio della innocenza e della fedeltà altrui. Questa concupiscenza inquina tutte le manifestazioni della vita: rovina la salute, disperde le sostanze, toglie la pace, affolla gli ospedali, avvelena il sangue delle generazioni future, schiude anzitempo molte tombe, arma di rivoltella e di veleni, contro di sè, contro degli altri, gli sciagurati che ne caddero vittima. La causa principale della incredulità è l’impurità inrchè l’impurità è il morbo morale che più si rifiuta di accettare le prescrizioni imposte dalla legge divina. Porta più anime alla perdizione qiiesta concupiscenza che non tutte le altre insieme unite.

Infinito dolore deve scendere al cuor di Dio dinnanzi al rifiuto degli invitati alla cena; dolore per l’atto, dolore per le ragioni che sono la causa dell’atto.. Non per questo il disegno della sua Provvidenza nonT avrà compimento; la sua cena avrà egualmente i suoi convitati; non saranno i primi invitati; saranno altri, ma il convito avrà egualmente luogo. Il Vangelo dice che al rifiuto dei primi invitati il padrone di casa mandò i suoi servi una prima volta e una seconda a raccogliere nelle pubbliche vie, nelle piazze, quanti trovasse, e poveri, e ciechi, e storpi, e zoppi.... • Queste deficienze esterne, non è detto che fossero accompagnate da deficenze interne morali: può darsi che queste persone, misere e disprezzabili. secondo il mondo, fossero sante e preziose dinnanzi agli occhi di Dio. Questa chiamata di supplemento, dalla parte di Dio, messi,da parte i ricchi, i facoltosi, i felici, indica eloquentemente l’abbandono nel quale Iddio lasciò gli Ebrei superbi, e i gentili dissoluti e crudeli, chiamando al loro posto gli umili, gli infelici, i disprezzati dal mondo; è il cristianesimo sostituito al Giudaismo, al gentilesimo; siamo. noi. La Prontezza, la fedeltà, nel rispondere alla chiamata di Dio, attesti la nostra riconoscenza, consacri la nostra grandezza e la nostra felicità: assidia.moci alla Cena della Chiesa nella vita presente, per poterci. assidere un giorno alla Cena eterna nel cielo. L. V.