Il buon cuore - Anno XIV, n. 27 - 4 luglio 1915/L. Vitali

L. Vitali

../Religione ../Notiziario IncludiIntestazione 20 febbraio 2022 50% Da definire

Religione Notiziario

[p. 213 modifica] Il Re

In occasione•della inaugurazione del monumento a Quarto, scrivendo l’articolo: Un grido insensato all’indirizzo di chi aveva gridato: è tempo ’di j;..tirla’ di; ’ridare viva il Re — non credevamo che così presto dovessimo aver ragione nel mostrare l’importan [p. 214 modifica]za che il Re, come simbolo e come persona, doveva avere nel favorire i destini della patria. Non appena il ministero, abbandonando il principio (li neutralità condizionata, proclamò la guerra all’Austria, il Re, come simbolo e come persona, emerse subito al di sopra del movimento generale, unificando in se l’indirizzo comune, rappresentando in se l’Italia nel suo diritto, nella sua forza, nelle sue speranze. E ciò senza sforzo alcuno, come una forza latente che scoppia per movimento naturale. Il Re divenne subito un elemento popolare: era già nella coscienza del pubblico: i giornali, anche quelli di fede monarchica assai dubbia, si posero ha coro ad elogiare il Re, ad esaltare il suo slancio nel mettersi a capo dell’esercito; nell’associare alla guerra tutti i membri della Casa Reale, nel mostrare in via di fatto che Re e nazione sono una cosa sola. E non è a dire quanto questo fatto abbia contribuito a dare forza, unità al movimento nazionale della guerra, in Italia e fuori d’Italia, a eliminare l’infiltratrazione di elementi eterogenei, che pure eminenteniente patriotici, avrebbero compromesso la compaoine dell’unità nazionale Ricordiamo il pericolo garibaldino. Che Peppino Garibaldi fosse andato in soccorso della Francia, non era un male: era una iniziativa generosa, che onorava chi l’aveva presa, che faceva bene alla Francia, senza far male all’Italia. Il male nacque quando alla spedizione garibaldina si volle dare il carattere (li rappresentanza dell’Italia, indipendentemente dal governo nazionale italiano, indipendentemete dal Re Vittorio Emanuele III. • Giammai nei proclami del corpo garibaldini si parlò del Governo italiano, dell’Italia come è attualmente costituita in governo monarchico costituzionale: si parlava dell’Italia, come se l’Italia fosse rappresentata solo dal corpo garibaldino, rappresentata al presente, per prepararsi, colle vittorie sperate, a rappresentare l’Italia nel futuro. Si tendeva a sostituire la forma repubblicana alla forma costituzionale. Col dire a voce di seguire il generale Giuseppe Garibaldi, Beppino Garibaldi, in via di fatto, faceva il contrario di quello che aveva fatto -il suo.avo: la spedizióne dei mille, l’opera più importante e più benefica di Garibaldi, fu da lui intrapresa al grido esplicito di: Italia e Vittorio Emanuele [I. E fu quel grido che ha fatto la forza e la vittoria della spedizione dei mille. Nella spedizione di Beppino Garibaldi invano si cerca un cenno anche in(Inetto della monarchia costituzionale italiana, un cenno di Vittctrio Emanuele III! Io non dico che questa esclusione sia stata la causa dei disastri alle Argonne: la causa sta in un guaio intrinseco della spedizione, sta nella tattica di un corpo di volontari, tattica tutta di impeto e d’iniziative individuali, in una campagna che si è dovuta svolgere coi lento apparecchio di trincee di masse enormi di combattenti, col sussidio di potenti artiglierie. Non si può però negare che quel movimento, pur coll’ammirazione dei fatti di coraggio

individuale, non fosse seguito in Italia, con un senso poco simpatico di diffidenza, come alla minaccia di un pericolo che si stesse preparando in seguito pel governo italiane: ogni vittoria dei Garibaldini in Francia, si risolveva, nell’intento di molti, in una sconfitta della. monarchia di Savoia in Italia. E questo era un male, un gran male. Non si riflette abbastanza da molti quale importanza sostanziale alla compagine, alla forza, alla stabilità d’una narzione, abbia la tradizione abbia un a dinastia che pre, senta al suo attivo principi gloriosi, lotte sostenute, vittorie conseguite, che diventano il patrimonio di tutta la nazione: specialmente quando questa nazione è l’Italia, per indole molto individualista, per storia divisa da secoli. Riguardo alla importanza della monarchia di Savoia per la grandezza, la forza, l’unità d’Italia, crediamo verissimo per Vittorio Emanuele III ciò che un distinto scrittore francese, il signor Anatole Leroy Beaulieu, scriveva nel 1878, per Vittorio Emanuele II, all’indomani della sua morte. «Più io considero la situazione dell’Italia, più mi. sembra’ che al sud delle Alpi la monarchia non è come in Francia una forma di governo che si possa modificare senza pericolo per la vita dello Stato; la monarchia è, per un certo numero di anni, almeno, una delle condizioni di esistenza della nuova Italia. ’La casa di Savoia non è solamente il simbolo vivente della nazionalità italiana; è il legame più sicuro dell’unità, e il nodo che tiene più solidamente riunite lè provincie della penisola. La rottura del legame monarchico minaccerebbe d’infrangere temporariamente lo stato e di lacerare la nazione per non lasciarli ricostituirsi se non al prezzo di nuove sofferenze e di nuovi sacrifici. La Casa di Savoia è una delle dinastie d’Europa il di cui avvenire sembra il meno incerto, perchè è una delle più necessarie al suo popolo. Di tutte le famiglie sovrane del continente, e forse quella, che secondo la promessa di Vittorio Em. II, si è mostrata la più capace di conciliare il progresso dei popoli con la stabilità della monarchia.» Il generale Ricciotti Garibaldi ha condotto dinnanzi al ministro della guerra i suoi figli, perchè venissero incorporati come soldati semplici nell’esercito italiano. Benissimo! Fu un atto di criterio e di patriottismo, che onora,chi lo ha compiuto, e conforta chi lo osserva. Crescano i figli di Garibaldi insieme ai soldati dell’esercito italiano, e il loro valore, non sia hiù in contrasto, in antagonismo, ma un contributo al valore di tutti. Il Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, sia il re ricoonsciuto e amato da tutti, e gli atti che egli compie siano salutati come un patrimonio di speranza e di gloria per tutta la nazione! Ne ricordo solo alcuni caratteristici. Il dividere l rancio coi soldati semplici, atto che colpì un repubblicano che ne scrisse commosso alla madre; la stretta di mano al sacerdote salesiano Rubino, già residente a Trieste, compensandolo delle ingiuste accuse fattegli di austriacanre, e l’ultimo più caratteristico [p. 215 modifica]perché più completo, riassumendo in rin atto solo la pietà, il patriottismo per tutti i,combattenti, l’apposizione della medaglia al valore militare sul petto del Colonnello De Rossi degente all’Ospedale. In quell’atto è il.Re in tutto il significato e l’esercizio della sua alta missione nel presente e nel futtiro. L. Vitali. Viva l’Italia, viva. il Re!

Una esagerazione

I giornali hanno parlato di una proposta portata dinnanzi al Consiglio Comunale per un ricordo pubblico alla memoria del Colonnello Missori. E fin qui nulla di disdiCevole. Il Colonnello Missori è.una delle belle figure del ciclo garibaldino. Ebbero ricordi, Medici, Sirtori, Dezza: abbia un ricordo anche il Missori. Dove la proposta esce da tutti i confini della convenienza e della giusta proporzione, è quando si aggiunge che il ricordo deve essere un monumento equestre. Un monumento equestre a Missori! Un monumento equestre è il massimo tributo che si presta alle persone che o per meriti notevolmente distinti, o per posizione sociale di importanza straordinaria, emersero sulla comune dei contemporanei, affermandosi come una individualità di carattere storico. Ora chi fu il. Missori? Un brillante colonnelb delle guide di Garibaldi, nelle fazioni più importanti delle sue imprese, ma sempre in posizione seccndaria, subordinata. Un fatto speciale è ricordato al suo attivo, l’atto di coraggio col quale nella battaglia di Mllazzo, frammettendo la sua persona, salvò Garibaldi da un colpo che assai probabilmente l’avrebbe ucciso: un fatto importantissimo nelle conseguenze, ma un fatto che insieme ad essere eroico fu anche fortunato. Come colonnello si ricorda un altro fatto, relativo alla battaglia di Bezzecca nel Trentino. Nel iforte della mischia, Garibaldi più di una volta aveva invocato l’intervento dello squadrone di Missori. Quando, passato il momento critico, Missori tutto trafelato, arrivando disse: Generale, son qui... Garibaldi, contraccambiando il saluto, secco secco rispose: Colonnello, troppo tardi... Dicono che quella frase tornasse sempre in gola hl Missori. Non vorremmo che quella frase diventasse il gergo di saluto in bocca al poPolino, passando dinnanzi alla sua statua equestre. Ma la disapprovazione maggiore io credo che verrebbe dal festeggiato. Il Missori, in mancanza di meriti personali distinti, era un gentiluomo, geloso custode della sua dignità: guardando la sua statua equestre, e ricordando il suo duce immortale, mormorerebbe fra i denti: troppo! Che brutta figura mi hanno fatto fare; la peggiore: il ridicolo! L. V.

Preghiera del soldato

O Cristo Gesù che piangendo sulla rovina d( ila patria tua consacrasti il patriottismo e ne facesti una virtù cristiana, rivolgiti misericordioso a noi elle dall’Italia chiamati, combattiamo per la sua difesa e per la sua grandezza. Proteggi, o Signore, questa nazione ch’è tua, perché in essa hai posto la sede della tua chiesa. proteggi questa terra che accoglie le tombe dei padri nostri e le culle dei nostri bimbi innocenti. Dà rassegnazione alle nostre famiglie lontane: illumina la nostra mente, avvalora il nostro braccio, purifica il nostro cuore e v’infondi pietà fraterna rei vinti, ravvisando nel nemico dell’oggi l’amico del domani, tenendo alta ovunque e sempre la nobile tradizione del soldato italiano senza macchia e senza paura. Volonterosi offriremo anche la vita per la patria. ma ne faremo il sacrificio a te, o Signore in espiazione del male commesso, perchè tu solopuoi mutare l’eroismo in martirio e darcene premio nella gloria eterna. E Tu, onnipotente e misericordioso ci a.sisti nell’ora del pericolo; nell’ora dello sconforto ci consola e fa - che presto sul bel cielo d’Italia nostra novellamente risplenda la tua Croce, che a Costantino diede vittoria.

Preghiera per i soldati

Chiamati dalla gran voce d’Italia, i nostri cari sono partiti per la guerra, e noi siamo rimasti soli nella casa deserta che non ha più gioia, Versando lacrime a rivi, fra trepide ansie di sconforto e di speranza, nella desolazione del cuore trafitto (la inef fabile angoscia. O Signore, Tu che vedi il nostro dolore, ascolta la nostra preghiera, e per la tua morte di Croce, abbrevia la terribile prova, che accettiamo in espiazione delle nostre colpe; difendi i nostri soldati da ogni pericolo, dà loro fortezza di pazienza e di corap,,g’, nei patimenti, risanali da ogni ferita, e coronali di vittoria, affrettando l’avvento della pace e l’ora suprema del sospirato ritorno. Noi siamo soli, ed essi, i cari nostri, sono tanto lontani! Ma tu, o Signore, Tu rimani con noi e con loro per consolarci, per benedirci, per salvarci.

O Maria, che sei detta la Castellana d’Italia, proteggi i tuoi cavalieri. Santa Barbara e San Martino, San Marco e San Giorgio, proteggete, per la; difesa e per. la grandezza della patria, la gloriosa armata ’d’Italia in terra e sui mari. Contessa ROSA DI SAN MARCO.

L’Enciclopedia dei Ragazzi

è il libro più completo, più divertente, più utile, che si possa regalare.