Il buon cuore - Anno XIV, n. 10 - 6 marzo 1915/Religione

Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

[p. 74 modifica]Religione


Vangelo della terza Domenica di Quaresima

Testo del Vangelo.

Diceva il Signore Gesù a’ quei Giudei, che avevano creduto in lui. Sarete veramente miei discepoli, se persevererete’ ne’ miei insegnamenti, e conoscerete

la verità, e la verità vi farà liberi. Gli risposero essi: Siamo discendenti di Abramo, e non siamo mai stati servi di nessuno: come dunque dici tu: Sarete liberi? Rispose loro Gesù: In verità, in verità vi dico, che chiunque fa il peccato, è servo del Peccato. Ora il serz*o non istà per sempre nella casa: il figliuolo sta per sempre nella casa. Per la qual cosa, se il figliuolo vi libererà sarete veramente liberi. So, che siete figliuoli di Abramo: ma cercate di uccidermi, perchè non cdpe in voi la mia parola. Io dico quello che ho veduto appresso al Padre mio; e voi parimenti fate quello, che avete imparato appresso al vostro padre. Gli risposero, e dissero: Il Padre nostro è Abramo. Disse loro Gesù: Se siete figliuoli di Abramo, fate le opere di Abramo. Ma adesso cercate di uccider me, che vi ho detto la verità la quale ho udito da Dio: simil cosa già non fece Abramo. Voi fate quello, che fece il ladre vostro. Gli risposero essi pertanto: Noi non siamo di razza di fornicatori. abbiamo un solo padre, Dio: Ma Gesù disse loro: Se Dio fosse il vostrò padre, certamente amereste me: imperocchè da Dio sono uscito, e sono venuto: dappoichè non sono venuto da me stesso, ma egli mi ha mandato. Per qual cagione non intendete voi il mio linguaggio? Perchè non potete soffrire le mie parole? Voi avete per padre il diavolo, e volete soddisfare ai desideri del padre vostro: quegli fu omicidia fin da principio e non persevérò nella verità: conciosiacchè verità non è in lui: quando parla con bugia, parla da suo pari: perchè egli è bugiardo e padre della bugia. A me poi non credete, perchè vi dico la verità. Chi idi voi mi convincerà di peccato? Se vi dico la verità per qual cagione non mi credete? Chi è da Dio, le parole di Dio ascolta. Voi per questo non le ascoltate, perchè non siete da Dio. Gli risposero però i Giudei e dissero: Non diciamo noi con ragione, che tu sei un Samaritano e un indemoniato? Rispose Gesù: Io non sono indemoniato: ma onoro il Padre mio, e voi mi avete vituperato. Ma io non prendo pensiero della mia gloria: v’ha chi cura ne prende, e faranno vendetta. In verità, in verità vi dico: chi custodirà i miei insegnamenti non vedrà morte in eterno. Gli dissero pertanto i Giudei:Adesso riconosciamo, che tu sei un indemoniato. Abramo morì e i profeti: e tu dici: Chi custodirà i miei insegnamenti, non gusterà morte in eterno. Sei tu forse da più del padre nostro Abramo, ilquale morì? E i prOfeti morirono. Chi pretendi tu di essere? Rispose Gesù: Se io glorifico me stesso la mia gloria è niente:- è il Padre mio quello che mi glorifica, il quale voi dite che è vostro Dio. Ma non l’avete conosciuto: io sì che lo conosco, e se dicessi, che nol conosco, sarei bugiardo come voi: ma lo conosco, e osservo le sue parole. Abramo il padre vostro sospirò di vedere questo mio giorno, lo vide e ne tripudiò. Gli dissero però i Giudei: Tu non hai ancora cinquant’anni e hai veduto Abramo? Disse loro Gesù: In verità, in verità vi dico r prima che fosse fatto Abramo, io sono. Diedero perciò di piglio a’ de sassi per trarglieli: ma Gesù si nascose, e uscì dal tempio. (S. GIOVANNI Cap. 8). [p. 75 modifica]Pensieri.

Un annunzio, altrettanto importante quanto simpatico, ci fa Cristo nell’odierno Vangelo; ci annuncia la libertà. Dove si trova, in che consiste la libertà?, La libertà sta nella verità: veritas liberavit vos: dice oggi Cristo agli Ebrei. Che rapporto c’è tra la verità e la libertà? La cosa non par chiara; e i Giudei lo rilevano: noi non siamo mai stati servi di alcuno come tu dici: la verità vi farà liberi? Cristo allora discende nel fondo della questione, e manifesta l’intimo nesso che c’è tra la verità. In verità, in verità vi dico, che chiunque fa il peccato, è schiavo del peccato. Voi avete per padre il demonio e volete soddisfare ai desideri del padre vostro: questi fu omicida fin da principio, e non perseverò nella verità, poichè verità non è in lui: quando parla con bugia parla da suo pari: egli è bugiardo e padre gtlella menzogna: e voi, seguaci del demonio, non credete a me, perchè vi dico la verità. La menzogna produce il pgccato, il peccato dell’individuo, il, peccato della società, il peccato delle nazioni; peccato che produce la schiavitù di tutti, delle nazioni, della società, degli individui. Cristo col portare la verità ha portato la libertà; la libertà dell’individuo, la libertà della società, la libertà delle nazioni: veritas liberavit vos.

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L’uomo vuol essere libero. In che consiste la libertà dell’uomo? Consiste nello sviluppo spontaneo, completo delle sue facoltà essenziali; consiste nello sviluppo ’della sua intelligenza, nella forza della sua volontà, nella dignità delle sue azioni, nel sapere qual sia il suo fine e in qUal modo lo possa conseguire. L’,aria,è libera quando può effondersi nel firmamento l’acqua è libera quando dall’Alpi può scendere al mare; l’uccello è libero quando può spiegare le ali al vento. L’uomo è libero quando sà quale sia il suo fine, e quali siano i mezzi per raggiungerlo, e quando nessun ostacolo si opponga al suo conseguimento. Chi ci fa conoscere questo fine? Chi ci fa conoscere questi mezzi?’ Chi ci fa, conoscere gli ostacoli da vincere per raggiungere questo fine? Chi ci dà la forza per praticare questi mezzi, per abbattere questi ostacoli? Chi ci può dire la verità intorno a tutti questi grandi problemi, e colla verità darci la libertà? E’ Gesù Cristo. E’ Gesù. Cristo che ci fa conoscere che la terra non è la nostra dimora; è Gesù Cristo che ci fa conoscere che la nostra patria è il cielo; è Gesù Cristo che ci dice che il mezzo per raggiunge-. re il nostro fine è l’adempimento della legge di Dio; è Gesù Cristo che ci dice che le nostre passioni sono i nostri più crudeli nemici, che il peccato, il peccato solo ci rende schiavi; è Gesù Cristo che dice che egli solo può dare il perdono, col perdono la grazia, colla grazia il merito, col merito il cielo. Tutta la sua vita è un esercizio continuo nella predicazione di queste grandi verità. L’insegnamento della fede si riassume tutto in quelle grandi parole:

questa è la vita eterna, che credano in te, o Dio Padre, e nel figlio che hai mandato. La legge morale è da lui manifestata in una serie di parabole, nelle quali con forme semplici, accessibili alla comprensione di tutti, sono ricordate le virtù che possono rendere l’uomo libero e grande, la purezza delle intenzioni, il lavoro, il perdono delle offese, la compassione, la carità, la purezza della vita, la fiducia in Dio; precetti diversi che sono poi riassunti in due soli grandi precetti, che sono a un tempo l’oggetto della legge e la bellezza della legge: l’amor di Dio e l’amor del prossimo. Il sollievo delle umane miserie, la liberazione dai mali materiali; è un altro mezzo per dare all’uomo la libertà; risana il paralitico, i lebbrosi; dà la parola ai muti, dà la vista ai ciechi, guarisce il figlio del centurione, risuscita il figlio della vedova a Naim la figlia di Giairo, risuscita Lazzaro. Ma i benefici materiali non sono che una parte dei suoi benefici; Sono l’immagine di una liberazione più importante, la liberazione dal peccato. E’ qui il fine della sua missione, il mezzo precipuo per dare la libertà agli uomini; tocca il cuore alla Samaritana, e da donna di facili costumi ne fa un apostolo; perdona all’adultera, coll’ingiunzione della virtù; accoglie benigno la Madddalena, e ne fa un esempio di penitenza e di amore; siede a mensa coi pubblicani, per chiamarli a penitenza; entra nella casa di Zaccheo e gli inspira di dare metà dei suoi beni ai poveri; dà uno sguardo a Pietro spergiuro, e lo costringe al pianto. E perchè il dolore, per chi è peccatore, è la condizione della espiazione, della redenzione, d’ella libertà, egli diventa l’uomo del dolore, prende la sua croce, e ci grida: chi vuoi venire dopo di me, prenda la sua croce e mi segua: e non solo la prende, ma vi sale; e solo quando, negli spasimi dell’agonia, è vicino a rendere il suo spirito a Dio, solo allora, nel buon ladrone, egli rivolge a tutti noi il grido, che è il grido ultimo della nostra libertà: oggi sarai meco in paradiso! Il dolore, che è il peso della vita, diventa il trionfo della vita, perchè il dolore sopportato da Cristo diventa l’esempio, la forza, il merito, la speranza, la libertà. Perchè stemprarti in lagrime Ai colpi di sventura? Non sai che pari ai triboli Le forze Iddio misura? Vinto è il dolor se libero Mentre il dolor ti offende Sollevi il guardo e pensi: il ciel m’attende!

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La seconda libertà è la libertà sociale. E questa seconda libertà ha ancor la sua base nella verità, la verità rivelata da Cristo: veritas liberavit vos. Cristo ha detto che il primo dovere dell’uomo è salvare l’anima propria, nella fede, nell’amore, nel servizio di Dio: è la libertà di coscienza nel suo senso vero e grande. [p. 76 modifica]questo il primo e più importante spettacolo della libertà che il cristianesimo abbia dato al mondo. Il mondo era nell’idolatria. L’idolatria era un peccato sociale, era il dominio della menzogna, il dominio del demonio nel mondo. E idolatria era immedesimata col governo dello Stato. l’Imperatore era a un tempo il capo dello Stato e il capo della religione: egli imponeva le leggi, egli imponeva la fede: ribellarsi all’idolatria era ribellarsi allo Stato. La coscienza non era libera di seguire il culto che sapeva essere il culto della verità. Quanto lunga fu la lotta per acquistare questa libertà di coscienza, la libertà di adorare il vero Dio, e di non essere obbligati a bruciare incensi alle false divinità! Tre secoli il Cristianesimo combattè per ottenere questa libertà: milioni di martiri sono caduti per ottenere questa conquista. E l’ottenne. Qui in Milano, nel 313, Costantino bandiva l’editto che accordava la libertà ’del culto cristiano. Se noi ora siamo liberi nel seguire la nostra fede, senza che alcuna forza esterna ci metta dei’ limiti, questa libertà la dobbiamo a Cristo: la dobbiamo a quella sua parola: chi si vergogna di me dinnanzi agli uomini io mi vergognerò di lui innanzi a Dio: parola che ebbe la sua eco in. quella successiva degli Apostoli dinnanzi agli avversari che loro volevano imporre di non predicare Cristo: dite voi, se sia più giusto di obbedire agli uomini o a Dio. Nei Secoli cristiani, ci fu un periodo, in alcuni paesi, in cui que sta libertà venne negata dai cattolici a coloro che erano dissidenti, increduli ed eretici: è un periodo che ci vien rinfacciato come supremo delitto: fu un periodo transitorio: si credeva di difendere la verità, ma si capì subito che una fede imposta cessava di essere fede. rimane sempre all’uomo l’obbligo di credere a Dio; ma è cessato nell’uomo il diritto di costringere colla forza l’uomo a credere in Dio: la libertà rispettata negli altri è ciò che costituisce la dignità della fede in noi: l’uomo non ha mai tanto diritto di tenere la sua fronte alta dinnanzi agli’uomini, di quando liberamente nella sua fede china la sua fronte dinnanzi a Dio. Una seconda libertà sociale è stata l’abolizione della schiavitù. La schiavitù era tin altro peccato sociale; proveniva dalla menzogna che g li uomini fossero per ragione di natura divisi in due classi opposte, padroni e schiavi. E questa menzogna era sostenuta dalla più alta filosofia che uscisse da mente umana, questa menzogna era sostenuta dalla consuetudine dei più grandi popoli dell’antichità, i greci e i romani. Chi ci liberò dalla schiavitù? Cristo colla parola della verità: veritas liberavit vos. Egli ha detto: Dio è il padre di tutti; tutti gli uomini sono fratelli: figliuoli, amatevi gli uni gli altri, non fate agli altri ’quello che non vorreste fatto a voi; gli uomini conosceranno che siete miei seguaci se vi amerete a vicenda. Cristo, e la Chiesa che lo segui, e ne applicò i precetti, non soppresse a un tratto la schiavitù, che rappresentava nel fatto dei diritti, e che applicata improvvisamnete avrebbe portato dei danni agli stessi schiavi liberati; ma gettò in mezzo

alla società i principi che minavano la schiavitù, e a poco a poco l’avrebbero fatta scomparire. Era Paolo che rimandando lo schiavo Onesimo’a Filemone fedele cristiano, scrivevagli: riprendilo come se fosse mie viscere. Erano l’è dame romane, divenute cristiane, che sapendo quando giungevano sul mercato a tor me a torme, i poveri schiavi, versavano tesori per redimerli e dar loro la libertà: era il monaca di PannoMa che avvertito che ancòra in Roma si esponevano nel circo gli schiavi per essere divorati dalle belve, od uccisi come gladiatori, lasciando la sua solitudine si, reca nella grande città,:penetra improvvisamente nel circo, e con libera infocata parola rampogna là barbara crudeltà dei degeneri quiriti: era là Chiesa che al sopraggiungere della pirateria Mussulmana sulle coste del Mediterraneo, istituisce gli Ordini per la redenzione degli schiavi. L’ultra libertà sociale è la libertà nei rapporti tra governanti e sudditi, tra marito e moglie, tra padroni e servi, tra capitalisti e proletari. ESistevano quattro peccati sociali, la tirannia dei governi, il dispotismo dei mariti, la crudeltà dei ricchi, lo sfruttaMento, dei capitalisti. Chi ci libera da questi quattro peccati? Ancora Cristo, Cristo colla verità, la verità della sua dottrina. Cristo ci dice, per la bocca di Paolo, che l’autorità non è fatta pel male, ma pel bene: ci dice per bocca della Chiesa che non sono i popoli che siano fatti pei governi, ma i governi che sóno fatti pel bene dei popoli. E quando il capo dello Stato, immemore di questi principi di giustizia, trasportato dall’impeto di collera, opprime e fa trucidare i sudditi, Ambrogio si fa innanzi sulla soglia del Tempio e intima a Teodosio di far penitenza delle stragi di Tessalonica, se vuol avere accesso agli altari di Dio. Cristo per bocca di Paolo, ci dice che i mariti devono voler bene alle loro mogli, non più loro schiave, ma le loro compagne; il cristianesimo ha stabilito la verginità, Cristo col fatto, Paolo colle parole: la verginità, è un diritto che stabilisce l’indipendenza e la libertà della donna: il matrimonio è la sua condiiione normale: la verginità reagisce come vantaggio anche nella condizione delle donne maritate: la verginità vuol dire che la donna è indipendente, che la donna è fine a sè stessa, che la donna per raggiungere il suo fine non ha punto bisogno dell’uomo. Tanto più che la verginità, abbracciata con un libero voto di virtù, non nega l’amore, non nega la maternità; sostituisce all’amor santo dell’uomo, l’amore angelico di Dio, sostituisce alla maternità naturale, la maternità morale, la maternità dei figli del popolo nell’istruzione, la maternità degli sventurati nelle opere di beneficenza. La durezza dei ricchi, lo sfruttamento dei capitalisti sono altri due peccati sociali. Anch’essi sono frutti di due menzogne, la menzogna che i ricchi fossero" i. padroni assoluti dello loro ricchezze, e non avessero alcun dovere di farne parte agli altri. Chi ci libera da questi peccati? E’ ancora Cristo, Cristo [p. 77 modifica]colla verità della sua parola, Cristo col dirci che i ricchi sono i depositari delle loro ricchezze, coll’obbligo di far parte di ciò che loro sopravvanza ai poveri, ai capitalisti che non devono accumulare i loro proventi sfruttando il lavoro degli operai senza un equo compenso. Il socialismo crede di aver portato nella società dei principi nuovi, predicando il sollievo delle classi povere: nella parte buona, il socialismo non è altro che il cristianesimo. Si seguano le dottrine di Cristo, e si avranno i vantaggi del socialismo senza le sue minaccie, senza le sue violenze, le sue ingiustizie. La Chiesa in tutti i secoli è stata una scuola di libertà. Udite la testimonianza di un giudice non sospetto, di Giosuè, Carducci. Ricordando gli ordini religiosi, questa scuola di perfezione nella preghiera, nell’astinenza, nell’austerità dei costumi, che sembrava, anzichè interessarsi, sequestrarsi dalla società, esclama: (( E pure non negherò già io, quelle idee e quelle rappresentazioni furono storicamente necessarie ad abbattere per una volta la sozza materialità dell’impero e ad atterrire i Trirnalcioni dell’aristocrazia romana, tiranni godenti del mondo; furono necessarie a contenere la materialità selvaggia dei barbari a• infrenare la forza cieca e orgogliosa dei discendenti di Attila, di Genserico, di Clodoveo: con tanta carne e tanto sangue un po’ di astinenza ci voleva. E Gesù consolò molte anime di oppressi, asciugò molte lagrime di schiavi: nella servitù generale la Chiesa del figliuol del legnajuolo era pur sempre il ricovero della libertà e dell’uguglianza».

Una speciale libertà ha formato l’oggetto delle nostre più vive aspirazioni nell’ultimo periodo della storia d’Italia. Si può, dire che tutta la storia del secolo passato, del secolo XIX, si riassume nel desiderio e nell’acquisto della libertà politica, dell’indipendenza e dell’unità del. paese. La schiavitù sotto lo straniero, quando non vi sia un motivo che la giustifichi, è un altro peccato sociale. Nel 1815 noi fummo venduti.. Con quel volto sfidato e dimesso, Gon quel guardo atterrato ed incerto, Con che stassi un mendico sofferto Per mercede nel suolo stranier, Star doveva in sua terra il Lombardo; L’altrui voglia era legge per lui’; Il suo fato un segreto d’altrui, La sua parte servire e tacer. Chi ci libererà da questa schiavitù? Chi ci darà la libertà? E’ ancora Cristo; Cristo colla parola della verità. La patria è un fatto naturale, e quindi è un fatto divino. E’ Dio che ha fatto le nazioni, come Dio ha fatto le famiglie. L’agglomerazione di una. gente Una d’arme, di lingua, (l’altare, Di memorie, di sangue, di cor, è una agglomerazione che genera diritti e doveri; l’amor della patria è un’espansione dell’amor del pros

cimo; è l’amor del prossimo allargato alla famiglia, alla nazione. Amar la patria, renderla indipendente ’e libera, difenderla dagli stranieri, è a un tempo un dovere e un diritto. La religione ha contribuito a darci questa libertà ’ In questo mese, nel mese di Marzo, ricorre per Milano un celebre anniversario; l’anniversario del grande avvenimento che è ricordato nella storia contemporanea col titolo glorioso di Cinque giornate. Quel fatto ha segnato il principio della nostra libertà. Con qual nome quel fatto si è iniziato? Col nome di un Pontefice, un Pontefice che se non credette nel suo carattere di padre dei fed0 di impugnare in seguito le arnii contro lo straniero, non mancò però di scrivere al c,apo straniero che rispettasse negli Italiani il diritto, imprescrittibile della nazionalità. Era un fatto chene richiamava un altro consimile nel Medio= Evo, Legnano: è pure nel nome di un Pontefice che quella: battaglia fu combattuta, quella battaglia fu vinta. Ma un’altra cosa io vengo a dirvi’: vi piace questa libertà? volete conservarla, farla più sicura? Non c’è che un mezzo solo, la religione: la religione l’ha fatta nascere, la religione sola può conservarla. Io vorrei far mia la parola di un illustre prelato italiano, il Cardinal Capecela.tro: egli tenne un discorso nel Dicembre 1905: non ne ripeto le frasi, ne* riassumo il concetto. Il discorso ha per titolo: l’Italia e la sua vera grandezza nel secolo XIX. Egli ricorda tutte la grandezze della nostra nazione nel passato, egli afferma che nessun popolo Europeo può vantare glorie più grandi delle nostre. tutte le manifestazioni della nostra vita nazionale sono tutte mescolate colle glorie religiose: il cattolicismo ha posto il suggello della sua grandezza su tutte le nostre grandezze. In letteratura: Dante, Petrarca, Tasso, ManIn pittura: Cirnabue, Leonardo, Raffaello, Luiili. In scultura e in architettura: Donatello, Michelangelo, CanoVa. In musica: Guido d’Arezzo, Palestrina, Rossini. Tutte le città d’Italia si mostrano disseminate (li templi, che sono meraviglia dell’arte e invidia dello straniero: sono templi cattolici. Abbiamo avuto le grandi repubbliche del Medi( Evo: erano tutte sotto il presidio religioso: Venezia, San Marco; Genova, San Giorgio; Firenze aveva proclamato per re Gesù Cristo. E in mezzo all’Italia,in Roma, sorge il Papato, che ha eguagliato, superato col suo dominio spirituale nel mondo, il dominio dell’Impero Romano, il Papato gloria suprema d’Italia. Abbiamo ora raggiunta la libertà: uniamo la grandezza presente colla grandezza passata. Non respingiamo la religione per conservar la libertà: anzi per conservare la libertà conserviamo la religione. [p. 78 modifica]Gli americani del Nord sono il popoJo più libero della terra. Che cosa dicono essi? Uno stato dispotico può vivere anche senza libertà: la volontà del monarca può servire di freno: in uno Stato libero, il freno deve essere posto dai cittadini, e non c’è che la religione che rende gli individui onesti: la religione è il primo presidio della libertà: gli increduli, gli atei, noi li consideriamo i più grandi nemici dello Stato libero. No; la religione non deve aver paura della libertà, e la libertà della religione: religione e patria insieme unite come due sorelle hanno fatto la grandezza dell’Italia nel passato; associate insieme libertà e religione: unite insieme esse formeranno la grandezza dell’Italia nell’avvenire. L. V.

La falsificazione delle pellicce Ogni anno dodici milioni di animali da pelliccia, rappresentanti il valore di circa 500 milioni di franchi, vengono massacrati per soddisfare ai bisogni della moda e alle esigenze della civetteria femminile; nella Cina, nel Giappone, nelle due Americhe, in Australia, e sopratutto nella Siberia, nel Canadà, nella Groenlandia, migliaia di persone vanno, durante la stagione della caccia, a cercare la preziosa selvaggina, sfidando pericoli d’ogni sorta. Alle fiere di Iskim e di Irbit e a Nismi Novgorod il traffico delle pellicce raggiunge talvolta i 25 milioni di franchi all’anno; nei mercati di Copenaghen e di Lipsia, e sópratutto a Londra, che è il principale centro. europeo del commercio delle pellicce, passano ogni anno circa 500.000 pelli di lepri polari, 4o mila pelli d’orso bianco, 400.000 pelli di visone, un milione di pelli d’ermellino, ecc. Queste poche cifre bastano a far comprendere come alcune specie di animali siano minacciate da una vera distruzione e per ricostruire in pace la loro razza non abbiano altra. speranza se non quella del cambiamento della moda, giacchè i cacciatori non cercano mai, e non uccidono se non qualche rara volta, per pura inavvertenza, gli animali le cui spoglie ’non possono servire momentaneamente ai bisogni della moda. I prezzi di tutte queste pellicce, variano, naturalmente, non solo secondo la moda, ma anche secondo le loro rarità per es. la volpe rossa vale da 15 a 20 franchi, la volpe incrociata Io() franchi, la volpe azzurra 2000, la volpe argentata, che fornisce la più bella se non la più rara di tutte le pellicce, da 3000 a 10.000 franchi. Senonchè i dodici milioni di pelli che ogni anno vengono fornite al consumo mondiale, sono ben lontani dal soddisfare alle esigenze, e perciò già da molto tempo è sorta e si è venuta sviluppando un’industria speciale consacrata alla fabbricazione delle pellicce false.

La materia prima delle pellicce di basso prezzo destinata a dare alla gente meno agiata l’illusione di un lusso costoso che da secoli è riservato soltanto ai ricchi, viene fornito per la massima parte dal modesto coniglio. Sui 75 milioni di conigli che vengono annualmente uccisi e scuoiati in Francia, 67 milioni servono alla fabbricazione dei capelli e dei guanti, 8 milioni alla preparazione delle pellicce false; vi si aggiungono circa 35.000 gatti, i più apprezzati dei quali sono quelli neri di razza olandese, e 800.000 lepri russe dal pelo bianco e delicato come la seta. Le pelli dei conigli, dei gatti e delle lepri, al pari di quelle degli animali da pelliccia propriamente detti, arrivano ai pellicciai allo stato grezzo, ossia tali quali sono stati ricavati dai rispettivi animali, voltate al rovescio e disseccate; esse presentano un aspetto tutt’altro che bello, e a prima vista è ben difficile farsi un’idea del loro valore e distinguere una pelle di coniglio di 4o centesimi da una pelle di zibellino di parecchie centinaia di franchi; solo i negozianti hanno una tale pratica che al semplice tatto, senza nemmeno vedere il pelo, sanno riconoscere e valutare la natura e la qualità delle pelli che vengono loro pres6tate. E’ una vera curiosità dell’industria moderna la trasformazione delle pelli di coniglio in pellicce di zibellino, di castoro, di lontra, ecc. Non è qui il luogo di descrivere in modo particolareggiato le singole operazioni che queste pelli subiscono prima di essere messe in commercio; diremo soltanto che la lavorazione dura in media 35 giorni, e accenneremo brevemente alle operazioni principali che servono a prepararle. Anzitutto vengono tagliate le teste, le gambe e le code; poi ciascuna pelle viene tagliata da una parte nel senso della lunghezza; in seguito le pelli vengono raggruppate e classificate secondo la loro qualità; quelle più belle, scelte per la fabbricazione delle pellicce false, vengono conciate, restando per parecchi giorni in grandi recipienti pieni d’acqua con acido tannico; poi vengono asciugate e strofinate con olio; si passa quindi a liberare la superficie interna delle pelli dagli avanzi di carne o di nervi che vi possono essere rimasti appiccicati, e in seguito per mezzo di trazioni successive le pelli vengono allungate dando loro la dimensione massima che possono avere. Dopo essere state ripulite, girandole per due ore in grandi recipienti pieni di segatura e poi sbattute, le pelli passano nelle mani delle operaie le quali devono ricucire le eventuali fenditure, e ’rattopparne i buchi; questo lavoro di rammendatura richiede una grande abilità, giacchè si tratta di scegliere rapidamente fra i vari pezzi che servono a questa operazione, quelli il cui pelo abbia la stessa finezza delle pelli da rattopparsi. Dopo rattoppate le pelli vengono tinte, e a seconda del bagno chimico in cui vengono immerse, il modesto coniglio si trasforma in lontra, in castoro, ecc. La composizione di queste tinte è. un segreto che ciascuna fabbrica custodisce gelosamente. Non di [p. 79 modifica]rado, per dare alle pellicce il colore che si vuol ottenere, occorrono delle sapienti e molteplici combinazioni, e si ricorre a grosse spazzole le quali vengono passate sulle pellicce nel senso del pelo fino a venti volte, lasciando asciugare ogni volta la pelliccia fra una spazzolatura eyaltra. L’arte di tingere le pellicce è così perfetta; che si riesce perfino a dare al pelo le colorazioni diverse che esso ha in natura, e a riprodurre, per es. il pelo della lontra che è bruno alla radice e nero alle estremità, con tanta somiglianza che talvolta gli stessi negozianti non se ne accorgono e i compratori nel vedersi sott’occhio due pellicce, una autentica e l’altra falsa, non di rado scelgono la falsa perchè la vedono più bella. Del resto, la somiglianza delle pellicce false alle pellicce vere si spiega facilmente col fatto che così queste come quelle devono subire la così detta «regolarizzazione». ossia la tintura; anche le pellicce autentiche, infatti, non hanno quasi mai il loro colore naturale, giacchè, quando arrivano dai luoghi dove gli animali sono stati uccisi, ai mercati, sono o di colore troppo giallo, come per es. il castoro, oppure dal disegno irregolare, come la martora e lo zibellino, e per dare a quello il tono caldo che piace ai clienti e alle altre la regolarità di disègno ricercata dagli amatori, i fabbricanti lavorano di spazzola e di pennello, perfezionando l’opera della natura. Un’altra operazione necessaria, prima di mette, re in vendita le pellicce, è quella che consiste nel liberarla dai peli troppo duri; questa operazione una volta si compiva a mano: oggi la si eseguisce per mezzo di macchine americane di una precisione straordinaria, le quali strappano i peli duri lasciando alle pellicce soltanto quelli morbidi. Così pure si eseguisce a macchina l’ultima ripulitura delle pellicce; queste vengono spazzolate in tutti i sensi, e i residui dei peli, la polvere, ecc. vengono allontanati per mezzo di apposite spazzole e cacciati dentro certo tubi collocati a un’estremità della macchina, in modo che non si spargano più nell’aria, come avveniva una volta, con grave pregiudizio della salute delle operaie. Per colmo d’economia poi, come i grandi pellicciai fanno raccogliere nei loro laboratori i più piccoli pezzetti di pelliccia che cadono a terra durante la confezione di mantelli, collari e di altri indumenti, così i fabbricanti di pellicce false fanno raccogliere tutti i pezzetti di coniglio non utilizzabili; e questi pezzetti che talvolta hanno dimensioni,, diremo così, microscopiche, vengono cuciti accuratamente insieme, e formano dei (( conigli falsi» servendo alla confezione di quéi collari che si vendono nei grandi magazzini a L. 0,95 l’uno. Non ci sarebbe tornaconto ad impiegare per questi collari delle pelli intere di coniglio, giacchè il prezzo di queste pelli all’ingrosso varia da 4o centesimi a una lira l’uno. Un anno venne fuori la moda delle pellicce di pelo di talpa; per quella stagione furono uccise soltanto in rrancia un milione di talpe, il che non può

far meraviglia quando si pensi che per la guarnitura di un solo mantello da signora occorrono parecchie centinaia di talpe; le quali costano abbastanza care, da 3o a 4o cent., l’una. Anche qui pertanto si ricorre all’imitazione, servendosi anche questa volta dei conigli; e l’economia che si ottiene è abbastanza sensibile, giacchè una pelle di coniglio da una lira corrisponde press’a poco a dieci pelli di talpa. Considerando la perfezione raggiunta nell’arte di falsificare le pellicce e il prezzo relativamente basso a cui le pellicce falsificate vengono vendute, vien fatto di domandarsi perchè mai i’ cacciatori america-, ni, inglesi ed asiatici continuino a passare lunghi mesi in mezzo alla neve e al ghiaccio delle regioni polari dando la caccia ad animali le cui pellicce vengono fabbricate molto più comodamente a Parigi con pelli di coniglio. Ma anzitutto la vendita delle pellicce autentiche facilita lo smercio delle pellicce false, e poi fra queste e quelle vi è pur sempre una differenza la quale basta a far vendere le pellicce vere a prezzi talvolta esagerati; es. un mantello di zibellino che fu venduto per una somma veramente favolosa: 14o mila lire.

Le colonie dello Stato di S.ta Catharina

(Continuazione del numero 8)

ORLEANS DO SUL.

Scendendo da Minas colla ferrovia, dopo 14 chilometri si trova Orleans do Sul (Orleans del Sud), sede di una colonia importante, altro esempio di colonizzazione privata. Venne fondata nel 1886 dalla «Empreza colonizadora do Brazil» su di un territorio assai esteso; coll’avvento della ferrovia, fu trasportato ad Orleans do Sul anche il centro amministrativo della colonia Grao Parà, che era distante circa 28 Kni Questo aggruppamento coloniale intorno ad Orleans è formato da immigrati appartenenti a varie nazionalità, fra i quali prevalgono per numero gli italiani, i tedeschi, i russi curlandesi; la popolazione brasiliana vi è pure in forti proporzioni. Le varie popolazioni vivono in accordo, ma non si mischiano; gli italiani sono raccolti in tre linee, nelle vallate che si chiamano Rio dos Pinheiros, Rio das Furnas, Barraccào. Essi hanno le loro cappelle che di tanto in tanto si reca ’ad uffiziare il parroco italiano residente in Orleans. In ciascuno dei tre centri esiste anche una scuola italiana; sono frequentate ciascuna da 25 o 3o ragazzi, e ricevono un piccdlo sussidio in libri e in denaro dal R. Consolato. Si può calcolare che nel distretto di Orleans risiedono complessivamente 2500 italiani. Si nota che in questa colonia, di fondazione privata„attualmente amministrata con saggezza da un direttore’ polacco, è molto minore che in Nuova Venezia il numero dei [p. 80 modifica]coloni che non hanno potuto pagare il debito del, Questa zona coloniale non è per arco esaurita, e riceve ogni affino nuove famiglie provenienti dalle colonie vecchie.e specialmente da Urussanga, che si trova distante -non più di 4o Km. Ebbi occasione di visitare una di queste fami,:lie venute da Urussanga, che aveva acquistata una bella estensione di terreno presso la ferrovia, in località chiamata Oratorio, a metà strada fra Minas ed Orleans. Aveva pagato il terreno sette od otto volte più di quello che costa normalmente nelle colonie italiane lontane dalla ferrovia, ma aveva fatto un buon affare: il terreno è buono e con colto legname, utilizzabile qui per la vicinanza delle segherie. Tutti i prodotti sono commerciabili, e sono venduti a buon prezzo perchè nem hanno da sostenere che il prezzo di trasporti sulla ferrovia; nella casa colonica stessa avevano installato anche una venda, traendo così profitto anche’ da un modesto commercio. Nan vi sono scuole di nessun genere lì vicino; e la famiglia aveva una brigata di ragazzi dagli 8 ai 15,anni; il capo di casa mi disse che avevano già pensato a farli istruire; in tre o quattro famiglie vicine, avevano messi insieme tanti ragazzi da fare una scolaresca assai numerosa, ed avevano trovato un maestro. Chiesi se questo era italiano. «No, — mi disse, -- è brasiliano, perchè italiano non l’abbiamo trovato». Ma se l’avessero trovato l’avrebbero preferito, perchè — mi dissero — «alla scuola italiana -rostri ragazzi imparano meglio e più presto». (Continua)