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IL BUON CUORE 79


rado, per dare alle pellicce il colore che si vuol ottenere, occorrono delle sapienti e molteplici combinazioni, e si ricorre a grosse spazzole le quali vengono passate sulle pellicce nel senso del pelo fino a venti volte, lasciando asciugare ogni volta la pelliccia fra una spazzolatura eyaltra. L’arte di tingere le pellicce è così perfetta; che si riesce perfino a dare al pelo le colorazioni diverse che esso ha in natura, e a riprodurre, per es. il pelo della lontra che è bruno alla radice e nero alle estremità, con tanta somiglianza che talvolta gli stessi negozianti non se ne accorgono e i compratori nel vedersi sott’occhio due pellicce, una autentica e l’altra falsa, non di rado scelgono la falsa perchè la vedono più bella. Del resto, la somiglianza delle pellicce false alle pellicce vere si spiega facilmente col fatto che così queste come quelle devono subire la così detta «regolarizzazione». ossia la tintura; anche le pellicce autentiche, infatti, non hanno quasi mai il loro colore naturale, giacchè, quando arrivano dai luoghi dove gli animali sono stati uccisi, ai mercati, sono o di colore troppo giallo, come per es. il castoro, oppure dal disegno irregolare, come la martora e lo zibellino, e per dare a quello il tono caldo che piace ai clienti e alle altre la regolarità di disègno ricercata dagli amatori, i fabbricanti lavorano di spazzola e di pennello, perfezionando l’opera della natura. Un’altra operazione necessaria, prima di mette, re in vendita le pellicce, è quella che consiste nel liberarla dai peli troppo duri; questa operazione una volta si compiva a mano: oggi la si eseguisce per mezzo di macchine americane di una precisione straordinaria, le quali strappano i peli duri lasciando alle pellicce soltanto quelli morbidi. Così pure si eseguisce a macchina l’ultima ripulitura delle pellicce; queste vengono spazzolate in tutti i sensi, e i residui dei peli, la polvere, ecc. vengono allontanati per mezzo di apposite spazzole e cacciati dentro certo tubi collocati a un’estremità della macchina, in modo che non si spargano più nell’aria, come avveniva una volta, con grave pregiudizio della salute delle operaie. Per colmo d’economia poi, come i grandi pellicciai fanno raccogliere nei loro laboratori i più piccoli pezzetti di pelliccia che cadono a terra durante la confezione di mantelli, collari e di altri indumenti, così i fabbricanti di pellicce false fanno raccogliere tutti i pezzetti di coniglio non utilizzabili; e questi pezzetti che talvolta hanno dimensioni,, diremo così, microscopiche, vengono cuciti accuratamente insieme, e formano dei (( conigli falsi» servendo alla confezione di quéi collari che si vendono nei grandi magazzini a L. 0,95 l’uno. Non ci sarebbe tornaconto ad impiegare per questi collari delle pelli intere di coniglio, giacchè il prezzo di queste pelli all’ingrosso varia da 4o centesimi a una lira l’uno. Un anno venne fuori la moda delle pellicce di pelo di talpa; per quella stagione furono uccise soltanto in rrancia un milione di talpe, il che non può

far meraviglia quando si pensi che per la guarnitura di un solo mantello da signora occorrono parecchie centinaia di talpe; le quali costano abbastanza care, da 3o a 4o cent., l’una. Anche qui pertanto si ricorre all’imitazione, servendosi anche questa volta dei conigli; e l’economia che si ottiene è abbastanza sensibile, giacchè una pelle di coniglio da una lira corrisponde press’a poco a dieci pelli di talpa. Considerando la perfezione raggiunta nell’arte di falsificare le pellicce e il prezzo relativamente basso a cui le pellicce falsificate vengono vendute, vien fatto di domandarsi perchè mai i’ cacciatori america-, ni, inglesi ed asiatici continuino a passare lunghi mesi in mezzo alla neve e al ghiaccio delle regioni polari dando la caccia ad animali le cui pellicce vengono fabbricate molto più comodamente a Parigi con pelli di coniglio. Ma anzitutto la vendita delle pellicce autentiche facilita lo smercio delle pellicce false, e poi fra queste e quelle vi è pur sempre una differenza la quale basta a far vendere le pellicce vere a prezzi talvolta esagerati; es. un mantello di zibellino che fu venduto per una somma veramente favolosa: 14o mila lire.

Le colonie dello Stato di S.ta Catharina

(Continuazione del numero 8)

ORLEANS DO SUL.

Scendendo da Minas colla ferrovia, dopo 14 chilometri si trova Orleans do Sul (Orleans del Sud), sede di una colonia importante, altro esempio di colonizzazione privata. Venne fondata nel 1886 dalla «Empreza colonizadora do Brazil» su di un territorio assai esteso; coll’avvento della ferrovia, fu trasportato ad Orleans do Sul anche il centro amministrativo della colonia Grao Parà, che era distante circa 28 Kni Questo aggruppamento coloniale intorno ad Orleans è formato da immigrati appartenenti a varie nazionalità, fra i quali prevalgono per numero gli italiani, i tedeschi, i russi curlandesi; la popolazione brasiliana vi è pure in forti proporzioni. Le varie popolazioni vivono in accordo, ma non si mischiano; gli italiani sono raccolti in tre linee, nelle vallate che si chiamano Rio dos Pinheiros, Rio das Furnas, Barraccào. Essi hanno le loro cappelle che di tanto in tanto si reca ’ad uffiziare il parroco italiano residente in Orleans. In ciascuno dei tre centri esiste anche una scuola italiana; sono frequentate ciascuna da 25 o 3o ragazzi, e ricevono un piccdlo sussidio in libri e in denaro dal R. Consolato. Si può calcolare che nel distretto di Orleans risiedono complessivamente 2500 italiani. Si nota che in questa colonia, di fondazione privata„attualmente amministrata con saggezza da un direttore’ polacco, è molto minore che in Nuova Venezia il numero dei