Il buon cuore - Anno XIV, n. 01 - 2 gennaio 1915/Educazione Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIV, n. 01 - 2 gennaio 1915 Religione

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Di notte su la Specola Vaticana
:    ::    ::    passando in rivista il firmamento


La cometa Delavan - I crateri della luna - Giove e i suoi satelliti - Le Pleiadi - Capella - Il passaggio di Mercurio innanzi al sole.

(continuazione e fine v. num. 41)


Il passaggio di Mercurio

— Vi sarà nessun altro fenomeno celeste durante quest’anno? — domando al prof. Emanuelli.

— Si: il giorno 7 novembre avrà luogo un passaggio del piccolo pianeta Mercurio davanti al Sole. Il fenomeno consisterà in questo: che si vedrà il pianeta Mercurio attraversare, come una macchietta nera, il disco lucente del Sole. A causa della piccolezza di Mercurio, la piccola macchia nera potrà scorgersi senza l’aiuto di un cannocchiale.

— A quale ora della giornata accadrà questo transito?

— Il transito avrà principio alle 10.58 minuti, ed avrà termine alle 15 e 9 minuti.

Famosissimi e rarissimi sono i passaggi del pianeta Venere: l’ultimo di questi passaggi avvenne nel 1882, il prossimo avrà luogo nel 2004: ti auguro di osservarlo!!

La luna

Al lato ovest non molto distante dall’orizzonte splende tranquilla la luna.

Domando al prof. Emanuelli di poterla osservare con l’equatoriale con cui ho vista la cometa Delavan.

— Molto volentieri — mi risponde il giovane astronomo con quella sua voce scoppiettante — : ti farò vedere la luna, il pianeta Giove, qualche bella stella doppia, qualche ammasso stellare, le Pleiadi...

— Una rivista celeste in piena regola.

— Già: tu non puoi immaginare quale soddisfazione sia per noi quella di poter comunicare agli altri le intense emozioni che noi proviamo ogni giorno nell’ammirare le meraviglie del cielo. Ogni giorno, alla vista di questi spettacoli che la madre natura ci ammannisce e che pur sono ignoti alla gran massa degli uomini, e ci par così piccola questa nostra vita d’ombra dinanzi alla gigantesca grandezza del creato.

Il prof. Emanuelli si è accalorato e la sua voce tradisce un’interna commozione. Poi torna a puntare il cannocchiale, innanzi al quale pongo subito l’occhio.

Ecco la luna: dò la buona sera al nostro satellite, che mi guarda nel suo splendore abbagliante.

La luna si trova in una fase intermedia tra il novilunio ed il primo quarto ed appare nel campo del cannocchiale come una falce luminosissima. Scorgo perfettamente i mari, i molti crateri, quali più grandi, quali più piccoli, le sinuosità, le sporgenze e non posso fare a meno di esprimere la mia commossa meraviglia dinanzi ad una visione così grande e così inaspettata.

Giove e le Pleiadi.

Il prof. Emanuelli mi annunzia che ora osserverò il pianeta Giove, che ad occhio nudo è molto facile a riconoscersi nel cielo, per essere la stella che sorpassa in grandezza e in chiarore tutte le altre.

Al cannocchiale lo vedo invece come una piccola luna, fiancheggiata dai quattro satelliti, scoperti da Galilei nel famoso anno 1610 che segna anche il primo risultato dell’invenzione dei cannocchiale.

Con qualche difficoltà posso osservare anche le fasce del pianeta. I satelliti sono tre da una parte e uno dall’altra. Il prof. Emanuelli mi dice che essi, nel girare intorno a Giove, talvolta si eclissano, talvolta passano su la superficie del pianeta e che fu dallo studio dell’eclissi dei satelliti di Giove che l’astronomo O. Roemer scoprì nel 1675 la propagazione successiva della luce.

Passo quindi, continuando la rapida rivista del [p. 2 modifica] cielo, ad osservare una bella coppia stellare: Milzar Alkor, nella costellazione dell’Orsa Maggiore. Vedo due- puntini luminosissimi t nitidi, l’uno poco distante dall’altro, 4ei quali quello più a nord è a sua volta accompagnato da un’altra piccola stella. Ecco ora le Pleiadi, il famoso e classico gruppo di stelle. conosciuto pur dagli agricoltori. Esso si ed Algol, la trova a mezza via tra le stelle Aldebaran _ celebre variabile. I contadini chiamano questo gruppo la Pulcinaia, ovvero la gallina con i suoi pulcini. Anche questo gruppo, visto nel campo del cannocchiale, costituisce uno spettacolo sorprendente. Il prof. Emanuelli mi annunzia che, quale ultimo numero... del programma, mi farà vedere un gruppo di stelle nella costellazione del Perseo. lie stelle piP lontane.

’ Immaginate un formicaio di piccole stelle, le une vicine alle altre, splendenti e nitide. Chi mai potrebbe contarle? Quelle piccole stelle sono altrettanti soli, forse circondati da pianeti come il nostro bel sole, che potranno forse avere degli abitanti che noi non supponiamo e con i quali certamente non avremo mai nulla da dire sulla vita! Cosa ci deve apparire questa minuscola nostra terra, di cui siamo tanto orgogliosi, quando la mente spazi per un poco, come in un’oasi dello spirito, in questa immensa visione di bellezze di meraviglie? Siamo usciti sul piccolos terrazzo che circonda il padiglione: il cielo è trapunta più che mai di stelle che l’occhio non si stanca mai di contemplare, dopo che per un attimo ha potuto se non comprenderne in. dovinarne la grandezza. — Quella stella — mi dice l’amica voce della guida cortese quasi per accrescermi le impressioni che mi turbinano nella mente — è Vega: eccola là situata quasi al disotto dello zenit, quella laggiù Arturo: quella da presso la costellazione di Perseo è Capella la quale dista dalla terra 257 trilioni di chilometri. La sua luce impiega circa 27 anni prima di giungere a noi, pur viaggiando con la velocità di 300.000 chilometri al minuto secondo. Ma questa è una delle stelle più vicine: le più lontane sono talmente distanti dalla terra che la loro luce impiega qualche milione di anni prima di arrivare nel nostro globo; di modo che, se una di esse, per esempio, si spegnesse in questo istante, noi la vedremmo risplendere ugualmente ed i nostri posteri pure la vedrebbero per migliaia e migliaia di anni ancora, fino a che l’ultimo raggio partito dalla stella in questo momento non fosse arrivato alla terra....

Sono al termine della mia visita notturna alla Specola Vaticana, che mi ha lasciato cosi incancellabili impressioni. La notte avanza rapidamente: la città eterna che scintilla ai miei piedi delle sue mille luci gaie, si è fatta ora silenziosa. Solo dalla sottostante Valle dell’Inferno sale di tanto in tanto, a rompere il silenzio misterioso, il canto stridulo d’un qualche carrettiere vagante nella notte.

Scendo dalla Specola in compagnia del prof. Emanuelli, al quale rivolgo i più vivi ringraziamenti per l’amabile cortesia usatami. E, attraverso il cortile di S. Damaso, esco sulla piazza di S. Pietro deserta: eccomi nuovamente solo, a tu per tu con le stelle, con l-,ouali però ora-ho acquistato una certa famigliarità. LELIO ANTONIONI.


"Auspice Te!

Eminenza, E’ sacra l’attuale cerimonia, sacra a rito santo: alla venuta Vostra nella Cattedra ’di AMbrogio e di Carlo, quattro lustri or fanno appunto, Principe dì Santa Chiesa, acclamato Antiste della nostra Dioce,si, csannati le turbe pie, benedicenti al fausto avvento, da Voi paternamente benedette; sacra a commemorare la fondazione di Questa Casa, il sessantennio pasato, Madre di molte Case Marcelliniane -nella nostra Città e in altre d’Italia, e in Francia e e nelle Arneriche, tutte fatte segno al plauso universale; sacra commembrazione della dedicazione di tutta là Pia Famiglia della Vergine, l’anno decimo dalla proclamazione del domma della Immacolata Concezione: «Dal padre dei lumi, illustrato con la suprema dignità del suo spirito e col divino alito ispirato:! gloria del suo santo nome, onore a Maria e utilità della Chiesa». (*). Epperò, Ottime Suore, altamente lusingato di co_nribuire alle onoranze e al gaudio delle menti e de’ cuori, in un’occasione tanto solenne, invito che accettai quale anziano del personale insegnante esterno, in queste loro Scuole Superiori, che cosa mai, io, maestro di lettere umane, che posa potrei aggiungere, alla santa ed ispirata parola del Reverendissimo Monsignore Dottor Ermenegildo Pogliani, teste udita? unica parola che a tanto tripudio si addicesse, parola dell’uomo di Dio! Ma, da che appunto non è cotest’ora, e non è proprio questa un’aula d’accademia, sibbene è ritrovo d’anime, in un devòto rinnovellarsi di assensi, in un canto di grazie a Colei, che, Madre d’Infinito Bene, che Regina del mondo, che vate a Sè stessa di gloria: Dio lodando, sclamiò": Tutte le genti Mi chianieran beata! perchè «io, soltanto, pur traboccando a me nel cuore il culto-- qual io mi sia! — di Te, Maria, vorrò deh! lo potrei? — appartarmi, ed anche venir meno ad una promessa fatta e rinnovata, con tanta esultanza di Fede e di tenerezza mistica? O Regina delle Vergini, non pur tra le Variopinte ed olezzan(ir) Lettera Enciclica ai Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi di tutto l’orbe cattolico. Gaeta, 2 Febbraio 1849.

a. [p. 3 modifica]ti corone che adornano l’ara tua sublime fanno degno onore a Te, ma, anch’esse! l’ombre degli steli, danno rilievo al lucente candore delle variopinte corolle; sì, anch’esse! parlano una voce a Te accetta, o Clemente, o Pia! Nè Tu chiedi, Madre dei miseri, serti preziosi di esotiche flore, — fasto che abbaglia! — Anzi, pare si pòsi più soave il dolce su riso del tuo santo viso su l’umile anemone e su la misera ginestra che il sudor della fatica, e la lacrima negletta hanno irrorati. Te invocando, Maria! Soccorso dei Cristiani, Consolatrice eterna, coronata di stelle, Inclita come il Sole. Fu tutto una preghiera, u raccoglier, pensando, quanto a me sarebbe restato da spigolare nel mistico campo; e, in tal modo, dischiuse, mi giunsero — soave ricordo di giovinezia! — le angeliche strofe manzoniane:

In che lande selvagge.; oltre guai mari Di sì barbaro nome fior si "coglie, Che non conosca de’ tuoi miti altari Le benedette soglie?

O Vergine, o Signora, o Tuttasanta, Che bei nomi Ti serba ogni loquela! Non dall’arte adunque, che sì spesso è un preconcetto, non dall’uomo, che n’è pur sempre nidegno, ma dall’esser a Te la parola dedicata, o Maria, le deriva la mistica soavità: che ne è l’essenza. «Sì; la parola, o Benedetta, a Te rivolta, per l e sciolta, o Mitissima, s’avvalora, non è più terrena e adesa al suolo, ma assorge, ritorna a Dio,’che ne l’ha largita: immortale privilekio!». Nei poeti, il fervor dell’ispirazione la accende e la trasmuta; così come l’amomo su "ardente brace si fonde, si solleva alto proìumo, alto candore: loro nidi i zaffiri celesti! La luce sua santa, piove su i ritmi, e le note gli dona; visione diventa, che.si trasmuta in un ineffabile sussulto dell’anima per l’anime, e il concento nell’etra si libra; come ne’ silenzi più puri si lanciano le squille dell’Ave Maria, divenuto — nuovo male de’ cuori?! — sì importune, sì indiscrete ai «miseri profani», immemori della Fede materna e della Patria. Fede, vita, poesia de’ padri nostri! che i monumenti e i documenti dell’arte sublime e,della letteratura italica resero universali, immortali: Ne furono le fonti la Bibbia, co’ vaticini messianici, il Nuovo Testamento, l’agiografia, i canti liturgici, non meno di quelle che siano stati la Lauda francescana è la melica delle Sacre rappresentazioni e degli. Oratúrii per il che tutto veniva trasformandosi il latino in lingua neva; astergendosi ed affermandosi etnicamente ed esteticamente. E ciò mercé la meditazione della verità evangelica, delle visioni taumaturgiche, delle estasi del vate d’Assisi e della rapita d’Amore di Gesù, Caterina da Siena. Così appunto si sanzionava un’idealità sublime, iniziatrice d’un’aurea nova letteraria; la lingua Che ogni altra contemporanea lasciava dietro, mentre precedeva le pìù

grandi d’Europa civile. Ed ecco il pianto d’un immortale deluso, il Petrarca, che, parafrasando le Litanie, diede alla lirico religiosa la più alata canzone parenetica del mondo, non pur dell’evo medio, nia moderno: Vergine Madre, che di sol vestita, Coronata di stelle, al Sommo Sole Piaceste sì, che ’n Te sua luce ascose: Amor mi spinge a dir di Te parole Ma non so ’ricominciar senza tu’ aita, E dì Colui, ch’amitiulo, in Te si pose. Invoco Lei, che ben sempre rispose. CM la chiamò con Fede. Vergine, s’a mercede Miseria estrema dell’umane’ cose, Giammai Ti volse, al mio prego T’inchina; Soccorri alla mia guerra. Bench’i’ sia terra e Tu del Ciel Regina. Ma è l’epopéa poetica del più grande genio, la DIVINA COMMEDIA! ha cuspide lucente dell’edificio celeste, l’inno altissimo; l’inno a Maria: Io vidi sovra Lei tanta allegrezza Piover, portata nelle 11Ienti sante, Create a trasvolar per qull’altezza, Che quantunque io avea visto davante, Di tanta ammirazion non mi sospese, Nè mi mostrò di Dia tanto sembiante. Par XXXII, v. 88 «Terzine fatte proprio in Paradiso!», — esclama Giacomo Poletto. E, a chiosa del XXXIII, ultimo’ canto del Poema, esclama: «E’ tale inno che pari, sia per sublime schiettezza di sentimento, sia per nobiltà di concetti: Nè portò voce mai,»è scrisse inchiostro. Par XIX v. 8. «Lo si potrebbe anche dire una potente sintesi mi-aie di tutto il mistico viaggio; perchè, a ben guardarci, è manifesto termine di congiunziOne tra il finito e l’infinito, tra la creatura e Dio; l’ultimo passo della creatura, purificata e resa forte nelle ascensioni del bene, all’inebriamento della fruizione di Dio....». E, si noti, il Poeta divino, da Maria, singolarmente, prende, tutte le possibili occasioni per celebrare l’Incarnazione del Verbo. Quaranta volte, nel cento-canti celeste, Dante ricorda e invoca la’ Imn’acolata Vergine, Madre di Dio, Predestinata Eva, la Corredentrice: Termine fisso d’eterno consiglio E, a tale proposito, nel Convito — Dante unito cimmentatore di Dante, — leggiamo appunto di quell’Albergo mondissimo e purissimo, dove il celestiale Re entrar dovect. Sei secoli prima della pubblicazione della bolla, dell’otto di dicembre del 1854, che definisce il domma della Immacolata Concezione. Sì che nella mente, rileggendo qui la chiosa deldantologo, in Vaticano, ora mi si presenta, alla fantasia, non pure, ma alla mente, la prima aula, dove, è bene ricordarlo, si trattavano e sigilla [p. 4 modifica]vano 1e «bolle di grazia», in presenza di Sua Santità: aveva nome di Sala della Segnatura. Nel soffitto, — è noto! -- Raffaello, serbando con reverenza la parte decorativa del suo predecessore Sodoma, dipinse in quattro tondi, quattro figure allegoriche: la Poesia, la Teologia, la Filosofia, la Giustizia, simboleggiando in esse l’ambito in cui si muove la Vita Spirituale dell’uomo, e le potenze che lo governano. Ne’ quattro grandi quadri murali raffigurò le genti che a quelle potenze rendono omaggio e la rappr4esentatio in terra. Nel quadro — ricordate pure, — noto sotto il nome di Disputa, vediamo uniti gli eroi della Fede, de’ quali la Fede fu costante aspirazione; nel cielo aperto, Cristo radioso, il Battista umiltà predicante, e Te, «o Vergine, alla Destra del Divino tuo Figlio, anche su quel tuo trono di gloria, in atto di preghiera, Umiltà meditante ed operante, le mani devote quasi posantesi su ’1 cuore anelo di gratitudine e di tenerezza adorante!». Esedra paradisiaca: in semicerchio, a dritta e a manca, dodici santi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Iddio Padre,è librato in alto, a’ di sopra del Salvatore trionfante. Il simbolo dello Spirito Paraclito s’intravede nella corona delle nuvole. Più in là, fra pontefici, cardinali, vese( vi e monaci, che rappresentano il mondo ecclesiastico, si raccolgono gruppi radi, ma addensanti pensiero, di persone non tonsurate: «Fra le quali te. beato Angelico, che in terra portasti, qual’è nel Cielo, il viso di Maria; e te, Dante! te Alighieri, che ccdr parola terrena, sovrumana, fosti ispirato rapando di Maria. Sì ti veggo, Poeta di Dio e di Mari ( insuna luce d’oro, assòrta l’estasi, pur te nel Paradiso stesso, con Gabriele radiante: E quell’Amor, che primo lì discese Cantando Ave, Maria, gratia piena, Dinanzi a Lei le sue ali distese. Par. XXXII, v. 94-96 - Meditando questa figura, Corrado Ricci ne fa notare, (ne ripeto anzi le parole): «Nella loro espressione si leggono le diverse gradazioni del sentimento religioso dalla Fede ispirato. Questa elevazione del soggetto, dal campo storico co all’idealistico, dove diventa possibile l’espressione dei più diversi sentimenti, conferisce vita al mirabile dipinto». Ma oso aggiungere ai sommo critico, ch’essa, l’ispirazione religiosa, è l’anima radioso che infonde all’arte moto e potenza ascensiva: non pur psicologico-etica, ma potenza estetica è parenetica, epiteto questo prediletto dai dantafili. Il che vuol dire appunto, esortativo, ammonitorio, e, più precisamente incuorativo. Qui l’essenza ’della poesia religiosa! L’argomento è vastissimo, e: Me degno a cib nè ’o nè altri crede. E nemmeno, se mi fosse dato tanto! vorrei qui provarmici: discrezione altresì me distoglierebbe; pur non sapenlomì esimere dall’asserire che. dopo A-il Petrarca e il Manzoni, la lirica mariana non ebbe, anche per parte d’ingegni ispirati, ali degne all’alto volo. (Continua)

Pizzo

MAGISTRETTI.

PER IL NOSTRO NUOVO RETTORE

Don PIETRO STOPPANI VERSI. Poi che un volente affetto di paterne virtù qui i conduce, a noi recando la divina luce che s’irradia dal cuore a l’intelletto; poi che ogni nostro bene voi d’un - consenso vigile seguite, con noi deh plaudite oggi al nuovo Retto!.. Nuovo egli viene a’ l’arduo ufficio santo ma noto a noi, ma ’antico in lui, sublime la fede che redime, l’ansia che vibra’ d’ogni umano pianto: nè impreparato al grande compito viene; unanime fra noi degli alti pregi suoi da quattro lustri l’armonia si spande. E’ da la sua parola di maestró e d’apostolo fraterno che a noi fruga l’eterno raggio onde l’ombre palpita e s’invola. A suo vital pensiero, forza — intellettual, piena d’amore, siccome l’ape al fiore, noi ci, nutrimmo, ricercando il vero. Ed ora ch’Ei s’appresta a secondare, a svolger di lavoro un provvido tesoro, che lieta fede in noi freme rideSta! • Degno di lui, del forte suo cor„ del nome che la patria onora, è il voto che lo incuora a reggere, a innalzar la nostra sorte. D’un riverente omaggio noi gli rendiamo pubblico tributo; e pel superno aiuto, a’ suoi passi invochiant luce e coraggio. Dal Padre venerato, che tante prove d’amorosa cura segnò fra queste mura, sul non facil sentiero Ei fu chiamato: e tu vedrai, Milano, vedrai per essi, in una santa gara, l’opera a te sì cara fiorire e il nome tuo mandar lontano. - 12 - 1914 MARIA MOTTA. [p. 5 modifica]Accademia letteraria musicale nell’Istituto dei Ciechi La solita interessante accademia finale all’Istituto dei Ciechi ebbe luogo quest’anno nei giorni 19 e 20 Dicembre. Un fatto speciale la caratterizzò: le dimissioni del vecchio Rettore, Mons. Luigi Vitali e l’entrata in carica del Rettore nuovo, Prof. Don Pietro Stoppani. Il fatto fu così annunciato da un giovanetto cieco, al principio dell’Accademia. Oggi io vengo apportatore D’inattesa novità: L’amatissimo Rettore Da Rettore se ne va Ma, legato dall’amore, Tra suoi figli ancora stà. Al suo posto, ecco è venuta Altra nobile»persona, Già da noi ben conosciuta; Molto brava e insieme buona: E così doppio tesoro Noi abbiam per mezzo loro. A iniziar la nostra festa Or qual compito ci resta? A ciascuno brilli in viso Una lagrima.... un sorriso. Il programma letterario si svolse tutto sopra argomenti di attualità: La Religione dei belligeranti; La guerra Franco - Germanica, e la guerra Russo-Germanica-Austriaca, colle altre minori appendici. Alla domanda: Come Dio esaudirà le preghiere che gli vengono rivolte da parti opposte? — fu risposto: Dio esaudirà le preghiere fatte secondo giustizia, non le altre, che, come già disse Manzoni in somigliante circostanza, sono preci ed inni che abomina il ciel. L’esposizione dei fatti, sui due teatri della guerra, in occidente ed in oriente, nelle Fiandre ed in Polonia, erano seguiti colle indicazioni delle località, fatte da un allievo e da una allieva. sulle carte geografiche segnate in rilievo coll’inchiostro Vitali, una geniale invenzione del nostro istituto. La declamazione di due poesie: La veste di lana, di Ada Negri, e Il Belgio... cuor d’eroi, di Bertacchi, colla lettura di alcuni componimenti, svolti dagli allievi dinnanzi al pubblico nel tempo dell’Accademia, chiusero brillantemente il saggio letterario. Seguì il saggio musicale. con pezzi di piano, di arpa, di violino, di canto, delle sole allieve prima, di allievi e allieve insieme poi; merita di essere particolarmente ricordata la Cantata Anima italica, composta dal maestro G. B. Polleri per l’inaugurazione dell’Esposizione Marinara e coloniale di Genova. - A questo punto l’egregio Presidente dell’Istituto, cav. uff. dott. Francesco Denti, prendendo occasione dal fatto di essere egli sul punto di scadere di carica a termini di legge, lesse un breve e vibrato resoconto di quanto il Consiglio, da lui presieduto, aveva fatto negli anni della sua gestione, nel favorire il progresso dell’istruzione letteraria, musicale e manuale degli allievi, nonché per migliorare le condizioni igieniche della comunità e la riparazione degli stabili posseduti in città dall’Istituto, aumentando notevolmente col miglioramento i redditi degli affitti. Il saggio di ginnastica, fatto dalle allieve, risvegliò come al solito l’interesse dell’uditorio, che scoppiò alla fine in un generale applauso. L’Accademia venne ripetuta il giorno seguente con concorso ancor più numeroso del primo: gli esperimenti letterari e musicali si rinnovarono collo stesso buon esito del giorno precedente. Non ci fu che un solo mutamento: invece del discorso del Presidente dott. Denti, ci furono quelli dei due Rettori, il Rettore cessante mons. Luigi Vitali, e il nuovo Rettore prof. Pietro Stoppani. Mons. Vitali riassunse pei presenti, che non lo avevano udito, il discorso fatto dal Presidente il giorno prima, e terminò ricordando con molta lode il prof. Giovanni Bastoni, che giunto alla tarda età di 79 anni, dopo 42 anni di insegnamento di Violino, si era ritirato a ben meritato riposo. Il Consiglio in omaggio dei suoi meriti eccezionali gli aveva decretato una medaglia d’oro, e gli Allievi prepararono una pergamena miniata. Aggiunse poi che altra persona, per età avanzata. aveva trovato doveroso di dare le sue dimissioni. pur rimanendo nell’Istituto col titolo di Rettore onorario consulente, era il Rettore che parlava, dichiarando che il dolóre della separazione era altamente compensato in lui dal pensiero della valente persona chiamata a succedergli, il prof. Pietro Stoppani, nome così favorevolmente noto per ingegno, per studi, per dignità di carattere, in un circolo ben più largo della città di Milano e della Lombardia. Un’allieva, a nome delle sue compagne, lesse alcune strofe composte dalla maestra cieca Maria MotL ta, che qui sotto riportiamo, alle quali il prof. Stoppani degnamente rispose, promettendo e ringraziando. E così l’accademia dei due giorni ebbe termine lasciando nell’animo di tutti la compiacente speranza che le sorti dell’Istituto nelle mani del prof. Stoppani non potranno che avvantaggiare, continuando nella loro splendida ascensione.