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IL BUON CUORE 3


ti corone che adornano l’ara tua sublime fanno degno onore a Te, ma, anch’esse! l’ombre degli steli, danno rilievo al lucente candore delle variopinte corolle; sì, anch’esse! parlano una voce a Te accetta, o Clemente, o Pia! Nè Tu chiedi, Madre dei miseri, serti preziosi di esotiche flore, — fasto che abbaglia! — Anzi, pare si pòsi più soave il dolce su riso del tuo santo viso su l’umile anemone e su la misera ginestra che il sudor della fatica, e la lacrima negletta hanno irrorati. Te invocando, Maria! Soccorso dei Cristiani, Consolatrice eterna, coronata di stelle, Inclita come il Sole. Fu tutto una preghiera, u raccoglier, pensando, quanto a me sarebbe restato da spigolare nel mistico campo; e, in tal modo, dischiuse, mi giunsero — soave ricordo di giovinezia! — le angeliche strofe manzoniane:

In che lande selvagge.; oltre guai mari Di sì barbaro nome fior si "coglie, Che non conosca de’ tuoi miti altari Le benedette soglie?

O Vergine, o Signora, o Tuttasanta, Che bei nomi Ti serba ogni loquela! Non dall’arte adunque, che sì spesso è un preconcetto, non dall’uomo, che n’è pur sempre nidegno, ma dall’esser a Te la parola dedicata, o Maria, le deriva la mistica soavità: che ne è l’essenza. «Sì; la parola, o Benedetta, a Te rivolta, per l e sciolta, o Mitissima, s’avvalora, non è più terrena e adesa al suolo, ma assorge, ritorna a Dio,’che ne l’ha largita: immortale privilekio!». Nei poeti, il fervor dell’ispirazione la accende e la trasmuta; così come l’amomo su "ardente brace si fonde, si solleva alto proìumo, alto candore: loro nidi i zaffiri celesti! La luce sua santa, piove su i ritmi, e le note gli dona; visione diventa, che.si trasmuta in un ineffabile sussulto dell’anima per l’anime, e il concento nell’etra si libra; come ne’ silenzi più puri si lanciano le squille dell’Ave Maria, divenuto — nuovo male de’ cuori?! — sì importune, sì indiscrete ai «miseri profani», immemori della Fede materna e della Patria. Fede, vita, poesia de’ padri nostri! che i monumenti e i documenti dell’arte sublime e,della letteratura italica resero universali, immortali: Ne furono le fonti la Bibbia, co’ vaticini messianici, il Nuovo Testamento, l’agiografia, i canti liturgici, non meno di quelle che siano stati la Lauda francescana è la melica delle Sacre rappresentazioni e degli. Oratúrii per il che tutto veniva trasformandosi il latino in lingua neva; astergendosi ed affermandosi etnicamente ed esteticamente. E ciò mercé la meditazione della verità evangelica, delle visioni taumaturgiche, delle estasi del vate d’Assisi e della rapita d’Amore di Gesù, Caterina da Siena. Così appunto si sanzionava un’idealità sublime, iniziatrice d’un’aurea nova letteraria; la lingua Che ogni altra contemporanea lasciava dietro, mentre precedeva le pìù

grandi d’Europa civile. Ed ecco il pianto d’un immortale deluso, il Petrarca, che, parafrasando le Litanie, diede alla lirico religiosa la più alata canzone parenetica del mondo, non pur dell’evo medio, nia moderno: Vergine Madre, che di sol vestita, Coronata di stelle, al Sommo Sole Piaceste sì, che ’n Te sua luce ascose: Amor mi spinge a dir di Te parole Ma non so ’ricominciar senza tu’ aita, E dì Colui, ch’amitiulo, in Te si pose. Invoco Lei, che ben sempre rispose. CM la chiamò con Fede. Vergine, s’a mercede Miseria estrema dell’umane’ cose, Giammai Ti volse, al mio prego T’inchina; Soccorri alla mia guerra. Bench’i’ sia terra e Tu del Ciel Regina. Ma è l’epopéa poetica del più grande genio, la DIVINA COMMEDIA! ha cuspide lucente dell’edificio celeste, l’inno altissimo; l’inno a Maria: Io vidi sovra Lei tanta allegrezza Piover, portata nelle 11Ienti sante, Create a trasvolar per qull’altezza, Che quantunque io avea visto davante, Di tanta ammirazion non mi sospese, Nè mi mostrò di Dia tanto sembiante. Par XXXII, v. 88 «Terzine fatte proprio in Paradiso!», — esclama Giacomo Poletto. E, a chiosa del XXXIII, ultimo’ canto del Poema, esclama: «E’ tale inno che pari, sia per sublime schiettezza di sentimento, sia per nobiltà di concetti: Nè portò voce mai,»è scrisse inchiostro. Par XIX v. 8. «Lo si potrebbe anche dire una potente sintesi mi-aie di tutto il mistico viaggio; perchè, a ben guardarci, è manifesto termine di congiunziOne tra il finito e l’infinito, tra la creatura e Dio; l’ultimo passo della creatura, purificata e resa forte nelle ascensioni del bene, all’inebriamento della fruizione di Dio....». E, si noti, il Poeta divino, da Maria, singolarmente, prende, tutte le possibili occasioni per celebrare l’Incarnazione del Verbo. Quaranta volte, nel cento-canti celeste, Dante ricorda e invoca la’ Imn’acolata Vergine, Madre di Dio, Predestinata Eva, la Corredentrice: Termine fisso d’eterno consiglio E, a tale proposito, nel Convito — Dante unito cimmentatore di Dante, — leggiamo appunto di quell’Albergo mondissimo e purissimo, dove il celestiale Re entrar dovect. Sei secoli prima della pubblicazione della bolla, dell’otto di dicembre del 1854, che definisce il domma della Immacolata Concezione. Sì che nella mente, rileggendo qui la chiosa deldantologo, in Vaticano, ora mi si presenta, alla fantasia, non pure, ma alla mente, la prima aula, dove, è bene ricordarlo, si trattavano e sigilla