Il buon cuore - Anno XIII, n. 27 - 4 luglio 1914/Religione

Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

[p. 211 modifica] Religione

Domenica 5° dopo Pentecoste

Testo del Vangelo.

Avvenne che nell’andare il Signore Gesù a Gerusalemme, passava per mezzo alla Samaria e alla Galilea. E stando per entrare in un certo villaggio, gli andarono incontro dieci uomini lebbrosi, i quali si fermarono in lontananza, e alzarono la voce dicendo: Maestro Gesù, abbi pietà di noi. E miratili disse: andate, mostratevi ai Sacerdoti. E mentre andavano restarono sani. E uno di essi accortosi di essere restato mondo, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce, e si prostrò a terra ai suoi piedi, rendendogli grazie: ed era costui un Samaritano. E Gesù disse: Non sono eglino dieci quelli che sono stati mandati? E i nove dove sono: Non si è trovato chi tornasse, e gloria rendesse a Dio; se non questo straniero. E a lui disse: alzati, vattene; la tua fede ti ha salvato. S. LUCA, cap. 17.

Pensieri. Sono gli ebrei e samaritani, insieme mescolati, che si presentano a Cristo: la sventura ha il potere di af. fratellare gli uomini, perchè distrugge l’orgoglio, toglie tutte le divisioni e i privilegi. Ci lascia solo uomini e nessuno si è mai insuperbito di essere uomo. E quando la sventura è irrimediabile il male incurabile come la lebbra, si sente la nostra dipendenza da Dio, il nostro aiuto ed appoggio solo in Dio; e questo è un’altra fonte di fratellanza. Alle parole di Gesù si avviano. Sono guariti. Allora viene la divisione: caso strano! Ma è perchè gli ebrei devono mostrarsi ai loro sacerdoti e i Samaritani pure ai loro? Quella divisione che aveva tolto la sventura, ritorna e trova la sua ragione nella religione. Non è un fatto isolato. Chi non ricorda le guerre di religione, l’odio più profondo, le crudeltà, le sevizie commesse in nome di Dio? Se mettiamo a confronto il sangue sparso per tutte le ragioni, e quello sparso per la religione in nome di Dio, sovrabbonda a tutte: è un mare! Gli uomini quante volte uccisero in nome.di Dio! Ma fu proprio per la religione? Se fosse davvero si sarebbe indotti quasi lasciarle tutte! Meditiamo questo fatto del Vangelo. Il Samaritano si stacca per presentarsi ai suoi sacerdo,ti, ma poi sente l’obbligo naturale di ringraziare Gesù, e si presenta a Lui immediatamente. E se gli [p. 212 modifica]altri nove lebbrosi ebrei si fossero ricordati di questo dovere, si sarebbero trovati ancora assieme. Il precetto positivo di presentarsi ai loro sacerdoti li aveva divisi, il precetto naturale, l’amore al bene iri sè, li avrebbe riuniti anche sani. I nove ebrei hanno dato maggior importanza al precetto positivo, che al precetto naturale. Certo non biso possiamo stare insieme con quelli di religione diversa. Finchè noi non avremo una concezione più alta della verità, di Dio, un’esperienza più intima, più profonda, ci saranno sempre divisioni fra noi. Abbiamo bisogno di questo più profondo cristianesimo, nel quale tutti armonizzeremo, tutti ci uniremo nell’adorare l’unico Padre che sta ne’ cieli.

gna tralasciare quello, ma prima adempiere questo.

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Il Samaritano se n’è ricordato e Gesù lo approva: «la tua fede ti ha salvato «. Non vi pare dunque che non è la religione che divide, ma qualcosa che è al di fuori di essa? Se quegli

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ebrei fossero stati più giusti, si sarebbero trovati uniti col Samaritano ai piedi di Gesù. C’è dunque un’altra cosa che unisce oltre il dolore; è l’amore al bene, alla giustizia. E’ la differenza di virtù che divide. Però voi direte che la loro unione sarebbe stato d’un solo istante ai piedi di Gesù, rimanevano di religione diversa ancora: e allora? lo penso che se gli Ebrei e Samaritani si fossero uniti ai piedi di

Goccia d’acqua non sagge il pollastrello se un guardo al cielo non rivolge grato, il colombo non becca un sol granello se implorando non s’è al suol prostrato. L’ignara opra lor, conscio dovrai seguir, se a lor dinanzi non vorrai arrossir.

Gesù, non si sarebbero divisi più, perchè Gesù avrebbe loro dato una cognizione più alta del Padre che è ne’ cieli e questo li avrebbe riuniti per sempre.

IL GIRMSOLE O ELIMIITO ( TERSTEEGEN

Mi spiego. La religione Samaritana come era venuta? Da una critica alla religione ebrea. I Samaritani dicevano: «i nostri padri hanno adorato Iddio sul monte Garitim. Perchè non avremmo ad adorarlo anche noi lassù?» Gli ebre idicevano: «I profeti hanno detto di ado La luce ama l’elianto con ardore, al sol costante volge il suo desìo, tu dei mirar l’imagine di Dio così, per non cader in niun errore. SAMARITA.

rare Iddio in Gerusalemme». I Samaritani criticavano gli ebrei e viceversa. Se quei dieci lebbrosi si fossero lasciati portare dalla riconoscenza ai piedi di Gesù, avrebbero sentito la grande parola. «Verrà il tempo in cui adorerete Iddio in ispirito e verità

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E si sarebbero affrattellati in una religiosità più alta, più sincera, più profondamente sentita.

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Un lamento ed una riparazione pel trasporto delle spoglie venerate del Padre Villoresi.

E’ una concezione religiosa superiore che deve far

Tutti i discepoli e gli ammiratori del ven. Padre Lui cessare le nostre divisioni, affratellarci. Perciò non

gi Maria Villoresi (di s. m.) da tempo sospiravano di ve solo la sventura, non solo la virtù unisce, ma anche

derne trasportate le sue spoglie mortali dal cimitero di

la verità. Una grande coltura, una più profonda conoscenza di Dio, possono togliere le cause di divisione.

S. Gregorio in Monza alla Chiesa di S. Maria in Carrobiolo, tenuta dai Padri Barnabiti, ove già riposano quelle del ven. Padre Redolfi, suo antecessore.

Il protestantesimo è nato da una critica al cattoli Poichè, sebbene da trentun’anni sia passato a mi cismo e ci sarà finchè non avremo un concetto cristiano

glior vita, il ricordo delle sue eminenti virtù e del suo

più alto. Finchè no nsaremo arrivati ad una cognizione

profondo sapere è tuttora così vive e così sentito non

superiore della religione. Finchè la fase critica non

solo nei suoi concittadini, ma ancora più nei suoi disce sarà superata, non ci sarà la pace. Perchè oggi non

poli, che, per quanto gli avversari abbiano cercato di

vi sono più guerre religiose?

sopprimere coll’opera sua, a Lui più cara, anche il no E’ la disistima reciproca, la ragione delle guerre re me, pure non si cancellerà giammai dalla mente e dal

ligiose. Noi invece ammettiamo la buona fede e perciò

cuore di quanti lo conobbero e lo avvicinarono. E si spe [p. 213 modifica] rava proprio che, augurandosi nello scorso anno, presso l’Istituto S. Giuseppe, il bel monumento, in memoria di quel grande educatore e maestro, dovesse compiersi anche il trasporto delle venerate sue spoglie. Ma le pra tiche esperite per ottenere il regolare permesso, non eransi compiute in tempo. Si dovette perciò rimandarne la data, che felicemente quest’anno ebbe la sua coinciden za col centenario della nascita di quel ven. Padre. Quale occasione migliore pertanto di notificare con maggiore pubblicità l’invito di parteciparvi, non solo alla cittadinanza monzese, ma agli Istituti di educazione, alle scuole della città, al clero ed ai seminari diocesani, onde rendere più solenne il tributo di pietà e di riconoscenza a questo gran servo di Dio, che tanto bene ha meritato presso i suoi concittadini, l’archidiocesi e la Chiesa medesima? Eppure tutto si voleva compiere alla chetichella, di nascosto, in silenzio, quasi si trattasse di un sacerdote trascurabile e di nessun conto! Oh! fra gilità dell’umana prudenza!!! Quando si tratta di persone mondane e nemiche della Chiesa si suona la tromba e si parla ai quattro venti.

Si deve onorare una persona religiosa, che fu vera gloria e vanto della congregazione dei Padri Barnabiti, educatore sapientissimo e venerato dal suo clero, morto in odore di santità, onore di Monza, vero benefattore della Diocesi e della Chiesa, avuto in grande stima dagli stessi Romani Pontefici, che lo benedirono sempre nelle sue opere; allora bisogna procedere con precauzione, dir nulla e fare tutto nell’ombra! E perché, mai questo? per la timidezza, deplorevole certo, di coloro che dovt ebbero essere i primi a portare in trionfo i veri servi del Signore.

Ma or vedete giudizio statario di Dio a riparare degnamente l’onore dell’umile suo servo, stigmatizzando la debolezza degli uomini. Quando meno si pensava, apparve, nella quinta pagina del giornale «L’Italia» del 23 giugno, prossimo passato, un breve avviso, quasi inavvertito da tutti, che nel giorno venticinque, all’indomani della festa di San Giovanni Battista, alle ore otto circa, avrebbe avuto luogo il trasporto delle spoglie mortali del ven. Padre Villoresi. E già prima dell’ora indicata, nel cimitero di S. Gregorio in Monza, scossi come da scintilla elettrica, vi convennero molti sacerdoti e laici che vollero, prima del trasporto, vedere, contemplare e ricomporre nella nuova urna, già predisposta, la venerata spoglia, baciandola e toccandola con oggetti sacri.

Erano le otto e trenta quando si mosse il funebre corteo dalla Capella del Cimitero, per entrare in città dal corso Italia, e già gran numero di sacerdoti, allievi ed ammiratori del grande Maestro, accorsi da ogni parte dell’Archidiocesi, accompagnavano e seguivano la ve

nerata salma. Le autorità e moltissimi cittadini vi si erano con entusiasmo uniti. Man mano che il corteo lentamente si avanzava, fra due ali di popolo rispettoso e raccolto, andava crescendo il numero degli intervenuti. Precedevano il carro funebre tutti i convittori del Collegio S. Giuseppe (già Villoresi) col loro vessillo, accompagnati da tutto il corpo insegnante; venivano subito le rappresentanze dei Barnabiti in cotta e stola; stavano ai cordoni il rev. Padre Provinciale dei Barnabiti; il M. R. D. Ettore Bellani, rettore dei deficienti e successore degnissimo, nelle opere di S. Gregorio, al rimpianto mons. Casanova; il prof. D. Pietro Rusconi, prefetto del Santuario di S. Celso in Milano, il rev. Prevosto di Lissone ed altri Prevosti, già allievi del venerando Padre Villoresi. Seguivano il carro funebre mons. Belgeri, arcidiacono della Metropolitana; il prof. D. Luigi Talamoni, del seminario di Monza coi rev. Prevosti di S. Nazaro, di S. Maria Porta in città, di Sesto Calende, di Castano e di Agliate Brianza, indi una lunga schiera di sacerdoti e laici, discepoli ed ammiratori del grande Maestro. Pel corso Italia e via Carlo Alberto si giunse alla piazza di Carrobiolo, che si presentava imponente nel suo aspetto. Tutti i balconi e le finestre parate a lutto e la facciata del tempio, col suo interno, riccamente addobbati con drappi neri a bordi d’argento. Sulla Porta principale un grande cartello portava questa nobilissima epigrafe, dettata dal prof. Talamoni:


IN QUESTO TEMPIO
DOVE NEI. DESIDERIO DELLA EVANGELICA PERFEZIONE
IL P. LUIGI M. VILLORESI
PROFESSÒ LA REGOLA DI S. PAOLO AP.
E L’OPERA RACCOLSE DEL CONFRATELLO
IL SERVO DI DIO FORTUNATO REDOLFI
DOVE. IL MODESTO ISTITUTO CONCEPÌ ED APERSE
CHE DIEDE CENTINAIA DI SACERDOTI
ALLA DIOCESI E ALLA CHIESA
NEL CENTENARIO DELLA NASCITA
DOPO TRENTUN’ANNI DALLA MORTE
RITORNA LA VENERATA SUA SALMA

PEGNO DI NUOVO E PIÙ SOLENNE TRIONFO.

Deposto sul grandioso catafalco il feretro, contenente le venerate spoglie, cominciò la funebre cerimonia colla recita dell’ufficio e col canto della Messa solenne, celebrata dal Padre Matavelli, provinciale dei Barnabiti. In questo momento apparve anche mons. Rossi, arciprete di Monza.

La Messa fu accompagnata da scelta musica, quasi tutta del maestro D. Attilio Cimbro, coadiutore in Duomo a Milano, che fu molto apprezzata per la gravià del suo concetto e per la finezza della esecuzione, tenuta dagli allievi sacerdoti dell’istituto Villoresi. Compiuto il sacro rito, venne abbassata la cassa, contenente le spo- [p. 214 modifica]glie benedette, per essere deposta nel sepolcreto, già preparato presso l’altar maggiore, vicino a quello del ven. Padre Redolfi, suo antecessore.

Le colonie dello Stato di P’Catharina 1.

In questo momento tutti erano commossi e si pigia Notizie generali dello Stato.

vano intorno, per accompagnare fino all’ultimo, collo sguardo, colle lagrime e più colla preghiera, l’azione

(Continuazione del numero precedente).

pietosa. Era nel cuore di ciascuno il desiderio che la volte, nobile e fervida, di chi parlò sul feretro or son trentun’anni, tutti commovendo fino al pianto, risponlesse colla sua eco mirabile, esprimendo l’unanime gioia per questa seconda (1) trionfale manifestazione di culto all’indimenticabile Padre Luigi M. Villoresi. Ma una eccessiva prudenza anche qui impose un silenzio, che parve contrario alla solenne circostanza.. Tuttavia il ven. Padre parlava ancora col profumo soave delle sue elette virtù. Il corrispondente dell’Italia chiudeva la sua relazione del 25 giugno con queste consolanti parole: «Facciamo voti che il Signore renda glorioso questo caro sepolcro. Quivi verremo peregrinando, per renderci migliori, sull’esempio di questo vero servo di Dio.» E siamo ben lieti di verificare come, in questi pochi giorni, dal 25 giugno, i fedeli, a piccoli gruppi, traggano già e dalla città e dalla campagna a pregare su quella tomba venerata. Si compia il voto sovraccennato, ed il Signore esalterà il suo fedel servo, a maggior conforto della sua Chiesa e dei suoi figli spirituali. Il marmo, che chiude il sepolcro benedetto del ven. Padre, porta impressa in bronzo la seguente bella epigrafe latina, che qui riportiamo a conforto del lettore: (dettata dal medesimo prof. Talamoni). ALOYSIUS M. VILLORESI B. SCENTIA ET FAMA SANCTITATIS SUAE CORGREGATIONIS DECUS DE ECCLESIA MED101 ANENSI OPTIME MERITUS ORATORII B. MARIA V. PERDOLENTIS IUVENTUTI PIE CURANDAE CEU ALTER CONDITOR HIC CUM FRATRIBUS IN PACE QUIESC1T. A = MODOETIE 1814 =

= FABRICAE DURINI 1883

EXUyIAE TRANSLATAF. 1914

S. P. E. (i) La prima avvenne nella solenne circostanza dell’inaugurazione del monumento, l’anno scorso.

Il libro più bello, più completo, più divertente che possiate regalare è l’Enciclopedia dei Ragazzi.

Se si toglie un po’ di vita di carattere politico ed amministrativo, dovuta all’esser capitale dello Stato, la città ha poco movimento: di industria non vi è che qualche raffineria, qualche fabbrica di birra, di sapone, ecc. Vi sono invece alcune case di commercio importanti appartenenti per lo più a tedeschi: in tutte le case di commercio si parla il tedesco. La maggiore ditta dello Stato è la casa Hoepke che esercita commercio di importazione ed esportazione, ed è proprietaria anche di tre vapori di 800 tonnellate di stanza, che fanno il servizio costiero dello Stato di Santa Catharina e dei vicini. Il poco sviluppo della città si deve anche al fatto che per essa transita solamente il commercio della zona meridionale che è la meno progredita, mentre tutto il commercio della parte settentrionale, assai più prospera e popolata, si avvia direttamente, dai numerosi porti sull’oceano, ai mercati di destinazione, senza toccare la capitale. La colonia italiana della capitale, che sarebbe di circa 400 persone, purtroppo non dà segni di vita come collettività, e sembra nazionalmente perduta,: non ha neppure una scuola italiana, e l’unica società di mutuo soccorso esistente in Florianopolis è languente. Questa colonia è composta in gran parte li negozianti, albergatori, esercenti i vari mestieri che se la passano discretamente: tre o quattro di essi hanno fatto col commercio una fortuna di qualche centinaio di migliaia di franchi. Diversi di questi italiani vennero a stabilirsi nella capitale dopo aver passato i primi anni nelle colonie. Il Porto di Florianopolis è toccato da molti dei piroscafi che fanno il servizio fra gli Stati brasiliani del nord ed il Rio Grande do Sul, e mensilmente da piroscafi tedeschi. Ma questi, come tutti i piroscafi di forte pescaggio, non possono giungervi, e debbono fermarsi avanti la barra del nord o quella del sud, che sono agli estremi dell’isola, ove questa col continente dà luogo agli stretti. L’interno dell’isola di Santa Catharina, tutta montuosa, è coltivata specialmente a caffè, che vi dà otti. mi risultati: il caffè dell’isola è molto apprezzato sui mercati, ed è stimato superiore a quello di San Paolo. CENNI STORICI SULL’IMMIGRAZIONE. Lo sviluppo della colonizzazione nello Stato di Santa Catharina si iniziò alla metà del secolo scorso; per l’innanzi si erano avuti tentativi di colonizzazione per opera del Governo portoghese, ma con risultati scarsi. La colonizzazione in questo Stato fu opera prevalentemente di imprese private; la prima corrente immigratoria seria fu la tedesca, di cui la più importante è la Società Anseatica. Gli immigranti tedeschi fondarono nel 1849 la colonia di Joinville, nel 1850 la colo [p. 215 modifica]nia di Blumeneau ed altri centri nella valle del Rio Itajahy, nel 1860 la colonia Dom Pedro; tutte nel territorio settentrionale dello Stato. L’immigrazione italiana in Santa Catharina ebbe inizio quasi contemporaneamente a quella del Rio Grande. Nel 1836 erano state internate una trentina di famiglie genovesi, per iniziativa dell’Agente consolare del Re di Sardegna, nel nord dello Stato, oltre Tijucas, co:le quali si era fondata la colonia Nuova Italia, cui FU poi cambiato il nome in quello di Dom Alfonso. Ma quel tentativo rimase isolato; solo nel 1875 il Governa 1 asiliano incominciò ad attrar•-! una corrente di coloni italiani un po’ regolare, reclutandola per mezzo di agenti speciali nelle provincie del Veneto; ed uno degli scopi principali per cui si vollero int- i-celi:1-.2 italiani nello Stato di Santa Catharina, fu di contrapporre l’elemento colonizzatore latino al tedesco, che vi aveva l’assoluto predominio. Dal 1875 al 1880 entrarono nello Stato circa 4000 veneti e lombardi; vi fu quindi una sosta fino al 1885. Da quest’anno arrivarono immigranti italiani nello Stato nelle seguenti proporzioni: anno

1875 1886 1887 1888 1889

i mmigranti italiani

167 390 549 305 873

anno

1890 1891 1892 1893 1894

immigranti italiani

179 4240 1348 863 27

Le cifre di 4240 e 1348 avutesi negli anni 1891 e 1892 si spiegano carne effetto della cosidetta legge Glicerio del 1890; la quale stabiliva gratuiti e facilitazioni •di vario genere agli immigranti. Dal 1893 la immigrazione italiana nello Stato quasi cessò, limitandosi a poche famiglie chiamate dai parenti; e ciò fu dovuto, oltre che alle condizioni di crisi del paese, prima di tutto all’efficacia del decreto Prinetti, e poi al fatto che il Governo federale cessò di interessarsi della introduzione di immigranti, ed il Governo dello Stato non ebbe più fondi a sufficenza per fare per conto proprio le spese di propaganda e di introduzione. Una parte degli italiani si recò nel nord dello Stato nella zona tedesca, l’altra parte fu introdotta nel sud, dove nessuna immigrazione era per anco arrivata. Le condizioni fatte dal Governo a questi coloni erano press’a poco quelle stesse offerte dal Governo del Rio Grande. Si assegnava un lotto di terreno misurato ad ogni uomo maggiore di 18 anni, mediante modesto compenso. Finchè non fosse estinto il debito, il colono avrebbe avuto un titolo provvisorio; una volta estinto il debito, gli si rilasciava il titolo definitivo di proprietà. Il lotto avrebbe dovuto avere anche un’area di 500 braccia (4840 mq.) di terreno diboscato, ed una casa provvisoria; ma in realtà accadde che l’una e l’altra cosa dovettero farla da sè i coloni. Si dava ai coloni alloggio provvisorio e mantenimento nei primi tempi a spese della colonia, da rimborsarsi entro dieci, anni. Si stabilivano aiuti per i primi tempi, che consistevano poi in un sussidio di 20 milreis

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e nel diritto dei coloni di essere impiegati per qualche tempo nei lavori di pubblica utilità. Ma qui, come nel Rio Grande, i nostri coloni, specialmente quelli della zona meridionale, ebbero a soffrire nei primi tempi le peggiori angustie a motivo del mancato mantenimento delle promesse, dello sfruttamento da parte degli impiegati coloniali, delle peripezie del viaggio e delle difficoltà gravi di avviare a vita civile il paese solitario, coperto di foreste impenetrabili, privo di ogni risorsa. (Continua). 4.. grd.ge67%45,70~n o....„<gét<.z;396,.....,

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11 Maestro ERNESTO STRADA E’ spirato all’alba di mercoledi, dopo lunga e fiera malattia sopportata con animo sereno, confortato dalle speranze della fede. Musicista distinto, appassionato specialmente della musica sacra, lo Strada alternava il suo lavoro tra l’insegnamento del pianoforte e la direzione di sacre esecuzioni musicali nelle chiese. Ultimamente era maestro di cappella nella Basilica di S. Lorenzo e a S. Bartolomeo. Si prestava poi facilmente a suonar l’organo qua e là dove lo richiedevano per la sua perizia e anche per il suo carattere buono e disinteressato. Lo Strada fu anche sindaco di Molteno per cinque anni, e da tutti è ora rimpianto come da tutti era amato in vita anche per le doti del suo cuore sempre inclinato alla dolcezza e alla carità. Contava sessant’anni.