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rava proprio che, augurandosi nello scorso anno, presso l’Istituto S. Giuseppe, il bel monumento, in memoria di quel grande educatore e maestro, dovesse compiersi anche il trasporto delle venerate sue spoglie. Ma le pra tiche esperite per ottenere il regolare permesso, non eransi compiute in tempo. Si dovette perciò rimandarne la data, che felicemente quest’anno ebbe la sua coinciden za col centenario della nascita di quel ven. Padre. Quale occasione migliore pertanto di notificare con maggiore pubblicità l’invito di parteciparvi, non solo alla cittadinanza monzese, ma agli Istituti di educazione, alle scuole della città, al clero ed ai seminari diocesani, onde rendere più solenne il tributo di pietà e di riconoscenza a questo gran servo di Dio, che tanto bene ha meritato presso i suoi concittadini, l’archidiocesi e la Chiesa medesima? Eppure tutto si voleva compiere alla chetichella, di nascosto, in silenzio, quasi si trattasse di un sacerdote trascurabile e di nessun conto! Oh! fra gilità dell’umana prudenza!!! Quando si tratta di persone mondane e nemiche della Chiesa si suona la tromba e si parla ai quattro venti.

Si deve onorare una persona religiosa, che fu vera gloria e vanto della congregazione dei Padri Barnabiti, educatore sapientissimo e venerato dal suo clero, morto in odore di santità, onore di Monza, vero benefattore della Diocesi e della Chiesa, avuto in grande stima dagli stessi Romani Pontefici, che lo benedirono sempre nelle sue opere; allora bisogna procedere con precauzione, dir nulla e fare tutto nell’ombra! E perché, mai questo? per la timidezza, deplorevole certo, di coloro che dovt ebbero essere i primi a portare in trionfo i veri servi del Signore.

Ma or vedete giudizio statario di Dio a riparare degnamente l’onore dell’umile suo servo, stigmatizzando la debolezza degli uomini. Quando meno si pensava, apparve, nella quinta pagina del giornale «L’Italia» del 23 giugno, prossimo passato, un breve avviso, quasi inavvertito da tutti, che nel giorno venticinque, all’indomani della festa di San Giovanni Battista, alle ore otto circa, avrebbe avuto luogo il trasporto delle spoglie mortali del ven. Padre Villoresi. E già prima dell’ora indicata, nel cimitero di S. Gregorio in Monza, scossi come da scintilla elettrica, vi convennero molti sacerdoti e laici che vollero, prima del trasporto, vedere, contemplare e ricomporre nella nuova urna, già predisposta, la venerata spoglia, baciandola e toccandola con oggetti sacri.

Erano le otto e trenta quando si mosse il funebre corteo dalla Capella del Cimitero, per entrare in città dal corso Italia, e già gran numero di sacerdoti, allievi ed ammiratori del grande Maestro, accorsi da ogni parte dell’Archidiocesi, accompagnavano e seguivano la ve

nerata salma. Le autorità e moltissimi cittadini vi si erano con entusiasmo uniti. Man mano che il corteo lentamente si avanzava, fra due ali di popolo rispettoso e raccolto, andava crescendo il numero degli intervenuti. Precedevano il carro funebre tutti i convittori del Collegio S. Giuseppe (già Villoresi) col loro vessillo, accompagnati da tutto il corpo insegnante; venivano subito le rappresentanze dei Barnabiti in cotta e stola; stavano ai cordoni il rev. Padre Provinciale dei Barnabiti; il M. R. D. Ettore Bellani, rettore dei deficienti e successore degnissimo, nelle opere di S. Gregorio, al rimpianto mons. Casanova; il prof. D. Pietro Rusconi, prefetto del Santuario di S. Celso in Milano, il rev. Prevosto di Lissone ed altri Prevosti, già allievi del venerando Padre Villoresi. Seguivano il carro funebre mons. Belgeri, arcidiacono della Metropolitana; il prof. D. Luigi Talamoni, del seminario di Monza coi rev. Prevosti di S. Nazaro, di S. Maria Porta in città, di Sesto Calende, di Castano e di Agliate Brianza, indi una lunga schiera di sacerdoti e laici, discepoli ed ammiratori del grande Maestro. Pel corso Italia e via Carlo Alberto si giunse alla piazza di Carrobiolo, che si presentava imponente nel suo aspetto. Tutti i balconi e le finestre parate a lutto e la facciata del tempio, col suo interno, riccamente addobbati con drappi neri a bordi d’argento. Sulla Porta principale un grande cartello portava questa nobilissima epigrafe, dettata dal prof. Talamoni:


IN QUESTO TEMPIO
DOVE NEI. DESIDERIO DELLA EVANGELICA PERFEZIONE
IL P. LUIGI M. VILLORESI
PROFESSÒ LA REGOLA DI S. PAOLO AP.
E L’OPERA RACCOLSE DEL CONFRATELLO
IL SERVO DI DIO FORTUNATO REDOLFI
DOVE. IL MODESTO ISTITUTO CONCEPÌ ED APERSE
CHE DIEDE CENTINAIA DI SACERDOTI
ALLA DIOCESI E ALLA CHIESA
NEL CENTENARIO DELLA NASCITA
DOPO TRENTUN’ANNI DALLA MORTE
RITORNA LA VENERATA SUA SALMA

PEGNO DI NUOVO E PIÙ SOLENNE TRIONFO.

Deposto sul grandioso catafalco il feretro, contenente le venerate spoglie, cominciò la funebre cerimonia colla recita dell’ufficio e col canto della Messa solenne, celebrata dal Padre Matavelli, provinciale dei Barnabiti. In questo momento apparve anche mons. Rossi, arciprete di Monza.

La Messa fu accompagnata da scelta musica, quasi tutta del maestro D. Attilio Cimbro, coadiutore in Duomo a Milano, che fu molto apprezzata per la gravià del suo concetto e per la finezza della esecuzione, tenuta dagli allievi sacerdoti dell’istituto Villoresi. Compiuto il sacro rito, venne abbassata la cassa, contenente le spo-