Il buon cuore - Anno XIII, n. 22 - 30 maggio 1914/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIII, n. 22 - 30 maggio 1914 Religione

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I lauti mezzi e gli scarsi successi


delle missioni protestanti


(Continuazione del numero precedente).


Il sig. G. B. Croze delle Missioni estere di Parigi, da Kumbakonam nell’India scrive: «In certi luoghi alcune sette, odiando sopratutto il cattolicismo, si curano molto più di pervertire i cattolici che di convertire i pagani. Con le loro risorse inesauribili, per mezzo delle loro scuole, dei loro libri e dei loro stipendiati, ci fanno una guerra ad oltranza, e spesso abbiamo un bel da fare per premunire i fedeli dai loro assalti». Alle isole Manikiki in Oceania si impiantò nel 1909 una missione cattolica, per opera dei padri del Sacro Cuore di Picpus. «Ed ecco — dicono i PP. Herdal e Bizion — la gente accorrere a noi: ma il ministro protestante ed i suoi accoliti minacciano chi va dai cattolici; predicano a quei poveri ignoranti la miseria e la collera di Dio; spargono la voce che chi si fa cattolico sarà multato di 5 sterline, come disertore della bandiera inglese per mettersi sotto quella del papismo». — «Sette parrocchie — scrive un altro missionario da Hiroshima nel Giappone (città cara a San Francesco Saverio) — sette parrocchie protestanti, sette Centri d’azione contro di noi che ne abbiamo uno solo». E così un po’ dappertutto.

Nè meno peiniciosi, ed agenti su assai più larga scala, sono altri mezzi con cui il protestantesimo allontana gli infedeli dalla vera religione: o corrompendoli coll’ipocrisia prima che la conoscano; o gettandoli in brac-

cio all’indifferentismo, al positivismo ed a tutte le false filosofie. E che altro sono se non ipocriti più o meno coscienti e responsabili, le turbe d’infelici che danno il nome ad una setta protestante unicamente per ricevere sussidii in pubbliche o private necessità, per aver ricovero ni ben forniti ospedali; oppure frequentano il tempio o la scuola per la monetina con cui si retribuisce la loro presenza? Nella missione dei Cappuccini toscani ad Agra (Bengala) «i metodisti americani formano un ostacolo alla penetrazione del cattolicismo, attirando la parte infima della popolazione e molti inducendo al battesimo, senza averli istruiti. Comunicano poi la statistica delle cosidette conversioni per far vedere quanto hanno lavorato, e non si curano più oltre dei convertiti».

E come l’istruzione, certe sètte facilitano la morale per far proseliti. Al recente congresso dei ministri protestanti della presidenza di Madras (India), come riportò il Madras Mail, fu tra le altre discussa la questione: se si dovessero ammettere al battesimo i poligami che volessero convertirsi. E la questione fu risolta affermativa• mente.

«Ci si assicura — scriveva nell’Illustrated Catholic Missions, il Dr. M. Spitz (dicembre 1912), che i Samoesi (Oceania) preferiscono, il protestantesimo con la sua facile moralità nell’approvare il divorzio e sostituire la poligamia simultanea con la successiva».

Un altro modo con cui i protestanti nuocciono non poco al progresso del cattolicismo, è la confusione che ingenerano nelle menti colla molteplicità delle loro sètte, che tutte poco o moto differiscono fra loro nell’interpretazione teorica e.pratica del Vangelo. Le sètte sono almeno 300 principali, di cui 92 sono rappresentate nella sola Cina. Fra tanti fedeli e opinioni differenti loro proposte i poveri pagani — siano essi ignoranti o colti — finiscono col farsi la domanda di Pilato: — Quid est in veritas? — e considerare ad una stessa stregua di semplici opinioni umane tutte le religioni, compresa la vera. Nè più limpida e con maggior onore esce la verità da certi strani tentativi di conciliazione, simili al recentissimo escogitato dai principali ministri delle varie sètte protestanti che hanno missioni nell’Africa Orientale inglese. Riunitisi essi nel giugno 1913 presso una stazione della ferrovia dell’Uganda, con l’approvazione e l’aiuto dei vescovi anglicani di Mombasa e dell’Uganda, studiarono i mezzi di [p. 170 modifica]stabilire nell’Africa inglese una nuova «Chiesa Unita Protestante», che federasse e conglobasse le diverse sètte, a fine di potere, viribus unitis, meglio tutelare l’influenza protestante. E tra le decisioni prese la principale — che tanto clamor suscitò in Inghilterra — fu que114 dell’«intercomun ione». Che dire poi del male immenso prodotto dal protestantesimo fra le nuove generazioni con la molteplicità di scuole, collegi, associazioni? La varietà fluttuante delle sue sètte, e l’assenza da tutto di ciò che nel cattolicismo è il più potente fattore e sostegno della vita virtuosa: i sacramenti, rendono il protestantesimo per sè stesso poco atto alla retta e sicura formazione della gioventù. E esso può, fino ad un certo punto, riuscir nell’intento nei paesi protestanti civili ove permane un’atavica onestà e drittura, residuo del cattolicismo degli antenati, in certo modo ancora rinforzata dal carattere di erezza lasciato dalle lotte per la riforma, il protestantesimo si trova pressochè impotente quando si tratta di creare ex novo le giovani anime infedeli. Da un rapporto di investigazione, fatto alla International Mible Students Association di New York, si ricava che per non offendere le credenze del popolo, che altrimenti terrebbe i figli lontani dalla scuola «l’attività missionaria protestante segue al presente quasi esclusivamente le linee di un’educazione secolare (leggi laica), con molto poco insegnamento religioso». Che dire poi delle alte scuole ed università, dove, in Cina e nel Giappone come nell’India, i giovani corrono in folla sotto l’assilante desiderio di europeizzarsi, di conseguir lauree e gradi per gli impieghi lucrosi o le grandi cariche dello Stato? Ivi, tra grande sfoggio di scienza, l’insegnamento di professori protestanti modernisti conduce i campioni ed i leaders delle prossime future classi dirigenti alla perfetta incredulità teorica e pratica; a formarsi una morale affatto indipendente da ogni religione, e da considerarle tutte quali istituzioni umane che nella storia dei popoli rappresentano la loro- parte e cambiano col mutar dei tempi e delle contingenze. E pensare che v’ha tra i cattolici taluno il quale, avendo qualche idea del lavoro delle missioni protestanti, pensa e dice in buona fede: Al postutto, la loro sarà sempre un’opera, se non di conversione, di sgrossamento dei popoli selvaggi e di affinamento intellettuale dei semi-civili, di cui il cattolieiismo, se arriva dopo, potrà poi approffittare». No, no: il protestantesimo non prepara, ma ostacola e tenacemente contrasta la via al cattolicismo e di più in più lo farà sotto le nuove forme, se non si corre ai ripari rendendo, col -concorso di tutti i veri credenti, sempre più ampia e vigorosa l’azione di difesa e di contr’attacco delle missioni cattoliche. C. CAMISASSA... g..

" César „ and C. Non si tratta — meglio avver ir i subito — di qualche romanide estremo, di più o meno diretta discendenza imperiale. Si tratta d’un cane. E precisamente il "terrier» fa vorito del defunto Re Edoardo, mancato ai vivi (il cane. intendiamoci) e oggi esaltato nelle commosse biografie che si son fatte dovere di consacrargli tutte le gazzette del Regno Unito. Ripetervi, o anche solo riassumervi, tali biografie mi sembra inutile. Potete immaginarle. ’Cesar» non ha avuto in sostanza, altro titolo ala propria fama che quello dí essere stato il cane prediletto del Re. Ebbe un giorno di vera «gloria» il giorno in cui, per desiderio della regina Alessandra, seguì, condotto a mano, il funerale del suo padrone e Re. L’eco di tale avvenimento si ripercosse ai quattro angoli del mondo; e la scena fu riprodotta, potete crederlo, in tutti i cinematografi del Regno Unito e Colonie, destando, a detta dei testimoni oculari una commozione quasi irrefrenabile nei cuori di mezza umanità. Sembra peraltro che il povero «Cesar» ricambiasse di sincero devoto amore la predilezione concessagli dal suo regale «master». Si assicura, infatti, che dopo la morte di Re Edoardo, il buon «terrier» desse segni non dubbi di ansietà e di accasciamento, tanto da rifiutare, per parecchi giorni, qualsiasi cibo gli venisse offerto. Occorsero le cure speciali della regina Alessandra, che se l’adattò maternamente, per fargli riprendere a poco a poco il gusto dell’esistenza. Ma non fu più lui... Solito ad accompagnare dovunque il suo padrone, che se lo portava se co anche nei lunghi viaggi all’estero, l’ozio lo guastò, intorpidendolo. Era sempre stato un buon cane, che mani festava il proprio zelo facendo un baccano d’inferno ogni qualvolta non importa che si avvicinasse al proprio pa drone, ma in realtà non aveva mai saggiato, per cosi dire, i polpacci di anima viva. Di recente, in vece, a quanto si assicura, era divenuto di una ombrosità insopportabile. Ma lo tormentava, dicono i biografi postumi, una seria malattia viscerale. E infatti, fu proprio mentre si stava anestizzandolo per procedere ad una indispensabile operazione chirurgica, che il vecchio «Cesar» esalò la sua bell’anima di cane regale. o Povero «Cesar»! Non potendo, per mio conto, dilun garmi in una ulteriore esaltazione delle sue virtù, permetto di prendere almeno la sua lagrimata memoria a pretesto di un articolo che riguarda i suoi simili beiamini della sorte, in questo paese che non a torto è sta to definito il «paradiso delle bestie.»

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Nessuno può negare che l’impulso pietoso in difesa degli animali, portato relativamente recente della civiltà umana, sia uno degli indici migliori dello sviluppo morale di una nazione. Ma pur su questa via è opportuno ricordarsi del classico «modus in rebus»: non esagerare• Il culto, per esempio, che le signore della aristocrazia inglese hanno per i gatti, rasenta, in qualche caso, il fenomeno patologico. Pensate che la stessa regina Alessandra ne possiede più di cinquanta. Di questi, peraltro, solo cinque o sei sono ammessi a godere della intimità personale della vecchia sovrana• I fortunati felini hanno a loro disposizione un servitore che provvede, due volte al giorno, con la massima diligenza, alla loro «toilette»• La regina, che è una esperta fotografa, ama ritrarre i suoi favoriti in tutte le pose e, non contenta di ciò, li ha

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I [p. 171 modifica]fatti ritrarre più volte dal famoso pittore di animali Lotii:, X’ainson. Quando qualche gatto si ammala, subito vien visitato dal veterinario di Corte, il quale, fatta la debita diagnosi di affretta a comunicarla all’augusta signora. Nel palazzo reale, un angolo delle vastissime scuderie è destinato all’ospedale dei gatti. Uno di questi un magnifico "angoras» risponde al nome di ’ Gandry» perchè ebbe la fortuna di venire alla luce nel palazzo della sovrana «Gandry» è veramente il beniamino della regina che, da parecchi anni, lo conduce seco in tutti i suoi viaggi. Esso ha inoltre il prilegio, negato ad ogni altro, di far le proprie passeggiate ovunque gli garbi per entro il dedalo degli appartamenti reali— . Ma se la regina Alessandra ama tanto i gatti, c’è un’altra signora, in Inghilterra, lady Marcus Beresford, la quale ha fatto per gli ’agili felini qualche cosa di più. Essa è, infatti, la fondatrice del «Club dei gatti», inauguratosi a Londra nel 1890, e vi fu un periodo in cui es• sa sola possedeva non meno di centocinquanta gatti di ogni età e d’ogni razza. La maggior parte di questi albergano tuttora in un delizioso «cottage» costruito appositamente: fornito di ventilatori per l’estate e di caloriferi per l’inverno e quasi sepolto sotto artistici viiuppi di Piante rampicanti che gli danno una deliziosa apparenza campestre. Nel «cottage» v’è persino una piccola cucina Per preparare i «pasti» opportuni e le pareti son fornite di scaffali su cui stanno allineate delle eleganti ciotole o smalto in cui vien servito il cibo ai miagolanti inquilini; ne manca una speciale latteria, annessa al «cottage) per Provvedere il latte ai gattini... poppanti. Lady Beresford ha, del resto, istituito anche un ricovero -- naturalmente gratuito — per i gatti sperduti.... Ma torniamo alla cronaca del giorno. Una esposizione di gatti si è aperta proprio ieri alla «Horticoltural Hall» Mentre un’altra, di cani, si è inaugurata, per cura del «Kennel Club, al «Crystal Palace». Non temiate che mi diffonda in descrizioni particolari. Basta, ripeto, accennarvi per la cronaca e per la morale. Già, anche per la morale„ poichè non vi è cosa più apParentemente inutile e insulsa che non presti il suo fianco, diremo cosi, compiacente a qualche deduzione più a meno etica. Trattandosi di bestie, non dovete, naturalMente, aspettarvi gran che. La mostra canina, per esempio, non ha saputo suggerirmi che una riflessione abbastanza malinconica e, forse, pedante in linea di metodi didattici. La mia ingenuità, quasi ironica, mi portava a supporre che i minuscoli mostricciatoli che formano, da qualche tempo, la delizia di queste brave signore, fossero -- a dispetto dell’estetica — dei veri esemplari di correttezza, di "bonton»; dei piccoli "gentlemen, insomma, a quattro gambe. Che delusione, mio Dio! Uno sola di quei vanerottoli pekinesi fa più smorfie e più rumore di tutti i «terranova», bracchi, foretti della mostra riuniti insieme. «Toto» (un gigante segugio a cui il nomignolo vezzoso sembra affibbiato per simpatia di contrasto) sopporta in pace, tutto il santo giorno, le carezze ed i colpetti amichevoli che ogni visitatore si crede in diritto di prodigargli, o si addormenta tranquillo e beato, sul suo modesto letto di paglia, da vero filosofo superiore. Provatevi

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invece a toccare ’ Chih-Kim», se vi riesce! "Chih-kim-) se non lo sapete, è un perfetto modello di razza cinese, il favoritissimo della mostra: così piccolo che «Pato» potrebbe ingoiarselo in un boccone. Ma avvicinatevi alla sua gabbia («pardon», al suo appartamento): ed egli vi si rizzerà bizzoso e furibondo con un grugnito cupo dapprima, e con un crescendo, poi, di guaiti sibilanti e laceranti, finchè, in pretto stile mongolico, non tenterà d’imprimere il segno dei suoi dentini aguzzi (accuratamente lavati e spazzolati ogni giorno col miglior dentifricio) nella più prossima e più propiza porzione anatomica del Aro’ individuo. Apparentemente, dunque, i resultati della novissima di lattica canina non sembrano i più raccomandabili ad una applicazione su larga scala. Ma che volete? E’ forse appunto per questo esito negativo che i preziosi mostricciatoli piacciono tanto alle sensibilissime dame britanniche. Potrei anche generalizzare facilmente, salire a un grado più su, passare, per esempio, alla categoria «dand» reparti animali che parlano; ma il titolo posto a capo di queste note mi avverte, prudentemente, di non divagare. Restiamo, dunque, fra le bestie, quelle che, se anche parlano, hanno per lo meno il buon senso di non lasciarsi capire.

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Alla «Horticultural Hall» sono raccolti, per cura del «Gouthern Country Cat Club», ben 486 gatti. Lo immaginate il miagolio di quella folla incarcerata? Meglio non pensarci. Le riflessioni pedagogiche di cui sopra si adattano benissimo anche a questo caso. Solo che, in questo caso, l’estetica, almeno, esce salva. Gli agenti preziosi felini saranno perfidissimi fin che si vuole, ma, se non altro, rimangono — a dispetto d’ogni metodo educativo e... viziato — graziosi. Inutile ripetervi che la maggioranza dei gatti esposti aveva il proprio ’ Home» particolare, reso "comfortable» da cuscini di velluto e di seta, ricamati in oro, stemmati araldicamente, e un servizio elegantissimo di stoviglieria cinese, e un ambiente quanto altro mai suggestivo di quadri dalle cornici dorate, di pizzi preziosi e di ninnoli d’ogni specie. Piccoli prigionieri, piccole vittime accarezzate, adulate, viziate come altrettanti... primogeniti di «buona famiglia». Uno di essi, durante l’esame della giuria, ha morso la mano ad un ufficiale della mostra, un altro hà rubato, con i dentini candidi, la tessera ad un «reporter» cittadino, un altro ha strappato un «boa» dal collo di una visitatrice. Ma, ripeto, che volete farci? Dopo tutto, hanno ragione loro. Intanto, conseguenza diretta di questa specie di boicottaggio, avviene che (limitiamoci pure ni gatti) quanto costituiva un tempo l’utilità pratica. almee-’ la maggio; e. di questi graziosi felin„ oggi, a grado a grado. scompare. E si capisce. La nuova educazion2 comporta nuove a• bitudini, desideri nuovi, tendenze ed appetiti diversi. Come volete, per esempio, che un gatto, nutrito dei migliori bocconi della cucina padronale lavato, lisciato, profumato, accarezzato da mane a sera, senta ancora la nostalgia delle soffitte polverose e degli anditi bui, l’impulso a certe scorribande boeme, a certi agguati eterni, a certa. [p. 172 modifica]caccie mirabolanti, per agguantare magari, dopo interi giorni di attesa, un magro topolino paralizzato dallo spavento? La passione per i gatti e la conseguente diffusione dei topi aveva fatto sorgere, un tempo, in Inghilterra, la professione ufficiale di «ratier» che si diffuse sino a diventare un vero «sport» a base di gare e di concorsi, durante i quali i concorrenti riuscivano a guadagnare somme fortissime ed i topi venivano ad assumere un vero valore commerciale. Enormi quantità di topi vennero in tai modo distrutti. Ma poi sorsero quelle benemerite società per la protezione degli animali che presero a difendere anche la causa dei topi. Lo «sport» dei «ratiers» venne, per conseguenza, proibito come una eccessiva barbarie. Risultato: d’allora, i topi se la ridono allegramente sotto i baffi e pullulano, si moltiplicano sul libero molo britannico con un crescendo che già minaccia di divenire una calamità pubblica. Vi sono certe piaghe rurali, in Inghilterra, dove 12 messi vengono quasi totalmente distrutte dai topi. Non solo. Ma sembra che parecchi casi di peste sporadica constatati lo scorso anno ad Ipswich e nelle stesse vicinanze di Londra, sian dovuti allà libera scorribanda di questi rosicchianti nefasti. Ma, ripeto, in Inghilterra la libertà anzitutto. Nel caso specifico poi, sapete bene il proverbio popolare: «Via li gatta...» con quel che segue... RODOLFO RAMBOLDI.