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stabilire nell’Africa inglese una nuova «Chiesa Unita Protestante», che federasse e conglobasse le diverse sètte, a fine di potere, viribus unitis, meglio tutelare l’influenza protestante. E tra le decisioni prese la principale — che tanto clamor suscitò in Inghilterra — fu que114 dell’«intercomun ione». Che dire poi del male immenso prodotto dal protestantesimo fra le nuove generazioni con la molteplicità di scuole, collegi, associazioni? La varietà fluttuante delle sue sètte, e l’assenza da tutto di ciò che nel cattolicismo è il più potente fattore e sostegno della vita virtuosa: i sacramenti, rendono il protestantesimo per sè stesso poco atto alla retta e sicura formazione della gioventù. E esso può, fino ad un certo punto, riuscir nell’intento nei paesi protestanti civili ove permane un’atavica onestà e drittura, residuo del cattolicismo degli antenati, in certo modo ancora rinforzata dal carattere di erezza lasciato dalle lotte per la riforma, il protestantesimo si trova pressochè impotente quando si tratta di creare ex novo le giovani anime infedeli. Da un rapporto di investigazione, fatto alla International Mible Students Association di New York, si ricava che per non offendere le credenze del popolo, che altrimenti terrebbe i figli lontani dalla scuola «l’attività missionaria protestante segue al presente quasi esclusivamente le linee di un’educazione secolare (leggi laica), con molto poco insegnamento religioso». Che dire poi delle alte scuole ed università, dove, in Cina e nel Giappone come nell’India, i giovani corrono in folla sotto l’assilante desiderio di europeizzarsi, di conseguir lauree e gradi per gli impieghi lucrosi o le grandi cariche dello Stato? Ivi, tra grande sfoggio di scienza, l’insegnamento di professori protestanti modernisti conduce i campioni ed i leaders delle prossime future classi dirigenti alla perfetta incredulità teorica e pratica; a formarsi una morale affatto indipendente da ogni religione, e da considerarle tutte quali istituzioni umane che nella storia dei popoli rappresentano la loro- parte e cambiano col mutar dei tempi e delle contingenze. E pensare che v’ha tra i cattolici taluno il quale, avendo qualche idea del lavoro delle missioni protestanti, pensa e dice in buona fede: Al postutto, la loro sarà sempre un’opera, se non di conversione, di sgrossamento dei popoli selvaggi e di affinamento intellettuale dei semi-civili, di cui il cattolieiismo, se arriva dopo, potrà poi approffittare». No, no: il protestantesimo non prepara, ma ostacola e tenacemente contrasta la via al cattolicismo e di più in più lo farà sotto le nuove forme, se non si corre ai ripari rendendo, col -concorso di tutti i veri credenti, sempre più ampia e vigorosa l’azione di difesa e di contr’attacco delle missioni cattoliche. C. CAMISASSA... g..

" César „ and C. Non si tratta — meglio avver ir i subito — di qualche romanide estremo, di più o meno diretta discendenza imperiale. Si tratta d’un cane. E precisamente il "terrier» fa vorito del defunto Re Edoardo, mancato ai vivi (il cane. intendiamoci) e oggi esaltato nelle commosse biografie che si son fatte dovere di consacrargli tutte le gazzette del Regno Unito. Ripetervi, o anche solo riassumervi, tali biografie mi sembra inutile. Potete immaginarle. ’Cesar» non ha avuto in sostanza, altro titolo ala propria fama che quello dí essere stato il cane prediletto del Re. Ebbe un giorno di vera «gloria» il giorno in cui, per desiderio della regina Alessandra, seguì, condotto a mano, il funerale del suo padrone e Re. L’eco di tale avvenimento si ripercosse ai quattro angoli del mondo; e la scena fu riprodotta, potete crederlo, in tutti i cinematografi del Regno Unito e Colonie, destando, a detta dei testimoni oculari una commozione quasi irrefrenabile nei cuori di mezza umanità. Sembra peraltro che il povero «Cesar» ricambiasse di sincero devoto amore la predilezione concessagli dal suo regale «master». Si assicura, infatti, che dopo la morte di Re Edoardo, il buon «terrier» desse segni non dubbi di ansietà e di accasciamento, tanto da rifiutare, per parecchi giorni, qualsiasi cibo gli venisse offerto. Occorsero le cure speciali della regina Alessandra, che se l’adattò maternamente, per fargli riprendere a poco a poco il gusto dell’esistenza. Ma non fu più lui... Solito ad accompagnare dovunque il suo padrone, che se lo portava se co anche nei lunghi viaggi all’estero, l’ozio lo guastò, intorpidendolo. Era sempre stato un buon cane, che mani festava il proprio zelo facendo un baccano d’inferno ogni qualvolta non importa che si avvicinasse al proprio pa drone, ma in realtà non aveva mai saggiato, per cosi dire, i polpacci di anima viva. Di recente, in vece, a quanto si assicura, era divenuto di una ombrosità insopportabile. Ma lo tormentava, dicono i biografi postumi, una seria malattia viscerale. E infatti, fu proprio mentre si stava anestizzandolo per procedere ad una indispensabile operazione chirurgica, che il vecchio «Cesar» esalò la sua bell’anima di cane regale. o Povero «Cesar»! Non potendo, per mio conto, dilun garmi in una ulteriore esaltazione delle sue virtù, permetto di prendere almeno la sua lagrimata memoria a pretesto di un articolo che riguarda i suoi simili beiamini della sorte, in questo paese che non a torto è sta to definito il «paradiso delle bestie.»

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Nessuno può negare che l’impulso pietoso in difesa degli animali, portato relativamente recente della civiltà umana, sia uno degli indici migliori dello sviluppo morale di una nazione. Ma pur su questa via è opportuno ricordarsi del classico «modus in rebus»: non esagerare• Il culto, per esempio, che le signore della aristocrazia inglese hanno per i gatti, rasenta, in qualche caso, il fenomeno patologico. Pensate che la stessa regina Alessandra ne possiede più di cinquanta. Di questi, peraltro, solo cinque o sei sono ammessi a godere della intimità personale della vecchia sovrana• I fortunati felini hanno a loro disposizione un servitore che provvede, due volte al giorno, con la massima diligenza, alla loro «toilette»• La regina, che è una esperta fotografa, ama ritrarre i suoi favoriti in tutte le pose e, non contenta di ciò, li ha

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