Il buon cuore - Anno XII, n. 14 - 5 aprile 1913/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XII, n. 14 - 5 aprile 1913 Religione

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La ITALICA GENS

NEL TERZO ANNO DELLA SUA FONDAZIONE

(Continuazione del num. precedente)



Le case coloniche in cui vivono i nostri agricoltori, sono disseminate fra le terre che essi coltivano.

Le case offrono comodità di vita, e il molto e pesante lavoro è agevolato dalle macchine agricole più perfezionate, che ogni colono possiede. Così che in pochi anni la maggior parte dei nostri emigrati, è riuscita a possedere una fortuna insperata. In questa plaga chi lavora si trova in buone condizioni finanziarie. Il lavoro non manca mai durante l’anno; è un alternarsi delle operazioni che richiede la terra, è il trasporto, è il commercio dei cereali; è la cura intelligente; assidua dovuta al bestiame, che a sua volta è fonte di grande ricchezza. I mezzi di locomozione e di trasporto non mancano; se non sarà la vettura a più cavalli dei coloni, sarà il carro dei contadini, che serve loro benissimo a far lunghi viaggi.

Nei primi anni non si usava che il carro; per andare a messa si facevano quaranta, sessanta chilometri sul carro.

Dedicando il nostro colono la sua attività all’agricoltura ed al bestiame, non può temere un rovescio di fortuna, essendo difficilissimo che in un dolo anno le due sorgenti di guadagno rimangano sterili; ed una annata buona è sufficiente a riparare con larghezza le mediocri o cattive passate.

Queste buone condizioni attuali sono naturalmente dovute a tenacità di proposito, a coraggio nella lotta, insomma ad un passato di indefesso e duro lavoro. Infatti al suo primo giungere il nostro agricoltore trovò la terra incolta e niente altro; non case, non centri di vita che a grandissime distanze; non macchine agricole perfezionate: la terra e le proprie braccia; niente altro.

L’agiatezza che gode ora, egli se l’è ben meritata. Certo però ebbero questi primi pionieri un vantaggio su quelli che vennero dopo: il basso prezzo delle terre. Oggi i prezzi si sono moltiplicati.

Quanto all’estensione dei possedimenti c’è chi possiede mille, chi milleduecento metri quadrati, e l’estensione si chiama impropriamente cuadrado; altri ne possiede due, tre, quattro. Generalmente la coltivazione si fa per metà a grano, per un quarto a lino e il rimanente a pascolo.

Date le grandi estensioni di terreno, una sola famiglia colonica non potrebbe coltivare tutte le sue proprietà; perciò ne dà una parte in affitto o in mezzadria.

Nel primo caso l’affitto varia dal 20 al 25 % sui prodotti, e le spese sono tutte a carico del proprietario.

Nel secondo caso il proprietario provvede alle macchine agricole ed agli animali necessari, ma divide col mezzadro in parti uguali gli utili e le spese.

La condizione di chi lavora la terra altrui non è certo pari a quella dei padroni della terra: tuttavia con la grande attività e la vita morigerata, anche il semplice lavoratore si trova in discrete condizioni materiali. E’ necessario anche notare che i prezzi degli articoli di consumo non sono più elevati di quelli delle grandi città, e la ragione sta essenzialmente in questo, che i negozianti qui non devono sottostare a grandi spese di affitto o di lusso per i loro negozi.

Lo sguardo che abbiamo dato ora a questi forti e savi lavoratori italiani, fa sorgere nell’anima il desiderio che ai campi si diano tante braccia inoperose, tante energie che la vita corrotta della città paralizza miseramente. Alla terra, dunque.

Però l’immigrante che arriva al campo non deve [p. 106 modifica]credere che in pochi anni raggiungerà la ricchezza. Questa è un’illusione; è un errore. Ed è un’illusione credere che venga qui per prosperare sul lavoro già dai suoi antecessori. Venga il giovane, il forte agricoltore, e qui, in questa bella terra resa fertile da’ suoi fratelli italiani, impari prima di tutto. Impari gli usi del paese, il sistema pratico dei lavori, tragga insomma dall’esperienza altrui le norme per la vita sua. E poi abbia il coraggio che altri ebbe e si avventuri in colonie più lontane di recente formazione, e dissodi a sua volta la terra, che indubbiamente gli concederà i suoi tesori.

Alle buone e possiamo dire floride condizioni materiali, corrispondono quelle morali?, Vediamo: I vecchi hanno serbato nel cuore quella sana morale cristiana, che appresa in Patria, non ha cessato mai di informare ogni atto della loro vita. Quanto all’istruzione sono rimasti quali erano. I giovani hanno trovato scuole abbastanza numerose fondate dal governo, da ordini religiosi, dai parroci; e le hanno frequentate, perchè nei loro padri è penetrata l’idea della necessità dell’istruzione. Nelle scuole parocchiali oltre al dare istruzione si cerca di tener vivo nei giovani il sentimento dell’italianità. E neppure c’è da lagnarsi di questi giovani riguardo alla fede, chè anzi la chiesa è frequentata dai più. Da parte loro i parroci fanno ogni sforzo per tener viva la fede nelle anime giovanili. Per venire ad altro sono lieto poter affermare che da parte delle autorità i lavoratori stranieri godono completamente la libertà e il rispetto dovuti a chi lavora. Pari a quelle del Dipartimento Cast llano sono le condizioni di circa metà della Provincia, specialmente verso il centro. Non così è di altre regioni, dove oggi si agita la grave questione del caro degli affitti, perchè là troviamo i grandi proprietari e i piccoli contadini, tutti affittavoli o mezzadri. ’ Ho toccato qui un tema che meriterebbe ampio svolgimento, voglio dire delle scuole. Lo tratterò un’altra volta se all’Italica Gens non giungerà sgradito. MELCHIORRE MAZZUCCHI.

Il Riposo Festivo negli Stati Uniti

Uno dei punti caratteristici della vita americana è la domenica. Chi capitasse in una di queste città nelle prime ore della mattina di una domenica, crederebbe che una armata nemica sia ai confini, e che il popolo sia tutto uscito in armi ad arrestarne il progresso. Rari viandanti camminano silenziosi per

quelle vie, su cui, nei giorni di traffico, circola una folla tumultuosa; trams e treni aerei sfilano veloci e leggeri perchè la merce umana da trasportare scarsa. Un’impressione inesplicabile si aggiunge più tardi, quando la folla dei cittadini, grave e taciturna, si reca alle diverse chiese. Non un negozio aperto, eccetto quelli di alcuni generi alimentari; i giornali si vendono, ma gli strilloni tacciono. Nelle ore pomeridiane la scena cambia. Non più venditori di giornali; i negozi, eccetto i restaurants, son tutti letteralmente chiusi; la folla esce a passeggiare per le ampie strade e per i giardini pubblici. Teatri e luoghi di svago sono aperti solo per ciò che qui chiamano concerti; opere o drammi, nulla. Chi va a teatro di domenica prova un po’ l’impressione di assistere ad una commemorazione funebre. Riposo festivo su tutta la linea è per l’americano, a qualunque religione egli appartenga, o che non ne abbia affatto, una questione di onore. Chi dimorò qui anche solo per poco tempo, ne ha convinzione che non ammette ombra di dubbio. E’ quindi fuori discussione che il sistema legislativo vigente in ordine al lavoro festivo, così minuto nei dettagli e così severamente applicato dappertutto, s’impernia per ciò che riguarda il popolo nell’idea religiosa. Se tali leggi possono sembrar severe a noi latini, usi ormai all’irreligione pratica, esse sono abbastanza larghe in un paese colonizzato originariamente da quacqueri e puritani, per cui è perfino dubbio se sia lecito leggere un giornale la domenica! Che la base, a così dire, morale di una legge riflettente un costume così generale e così scrupolosamente conservato, sia come dicevo, il profondo sentimento religioso del popolo è indiscutibile. Ma quale la base giuridica? Premetto che le Corti sono state sempre unanimi nello stabilire la validità, in massima della legge, sul riposo festivo; una sola decisione in contrario l’ha data, nel 1858, la Corte suprema di California, dichiarando tale legge incostituzionale. Su due principi si sono generalmente fondate le decisioni delle Corti, il principio religioso e quello igienico. Il principio religioso prevalse nelle decisioni date durante quasi tutta la metà del secolo scorso; eccolo, per esempio, sancito nelle decisioni della Corte suprema dell’Arkansas. a Questo connesse, purchè non si opongano ai diritti di coscienza, meritano il più profondo rispetto, e giustamente possono richiedere la protezione del potere legislativo dello Stato o. Intanto, era chiaro che, per quanto profondo e generale fosse il sentimento religioso, esso era giuridicamente insùfficiente a sostenere decisioni di Corti, poichè la costituzione politica del paese non riconosce alcuna religione in modo speciale; e questo fu appunto il principio su cui si basò la decisione della Corte della California, che sopra ho citato. Laonde, non potendosi appoggiare al principio religioso, le Corti son ricorse a quello igienico. Lo Stato, esse hanno deciso, ha potere di far leggi sul riposo festivo, perchè nessuno sia costretto a lavorare sette giorni della settimana, il che [p. 107 modifica]cagionerebbe grave danno alle condizioni sanitarie del popolo. E questo è il principio generalmente seguito da tribunali durante la seconda metà del secolo XIX. La maggioranza degli Stati determina la durata del giorno festivo dalla mezzanotte alla mezzanotte; eccezione fanno gli Stati del North Carolina e Virginia, in cui la giornata è ristretta tra lo spuntare del sole e la mezzanotte, e quello del New Mexico che limita la durata del giorno di riposo tra lo spuntare ed il calare del sole. Vedesi chiaro anche una volta, che il movente primo della legge fu il sentimento religioso cristiano; ma, per l’impedimento costituzionale a cui ho accennato, sostituita alla legge la base igienica a quella religiosa, si è dovuto far giustizia alla larghissima rappresentanza dei popoli non cristiani, massimamente ebrei. Laonde, la generalità degli Stati ha incluso nella legislazione sul riposo festivo la clausola che si osserva tra le eccezioni, che, cioè, è permesso di lavorare la domenica a coloro che, per convinzione religiosa, osservano altro giorno come festivo, purchè non disturbino la quiete e l’esercizio del culto degli altri. Ed è certo meraviglioso l’osservare con quanta esattezza la enorme folla di ebrei, che secoli di persecuzione non hanno potuto separare dalla fede dei loro padri, si astiene dal lavoro al sabato e, pur lavorando la domenica, con quanta scrupolosità ha cura che non sia disturbato l’altrui riposo festivo. La legge ha cura di determinare poi i lavori proibiti. Qui è d’uopo notare come, indipendentemente dalla proibizione generica di qualsiasi lavoro, commercio, mestiere, ecc., è sovente designato specialmente l’esercizio di quei mestieri su cui potrebbe eventualmente nascere dubbio. Uno, p. es., è quello dei barbieri, che è vietato in gran parte degli Stati; degna di nota è anche l’ingenuità di una legge aprovata dallo Stato del Michigan nel 1897, la quale proibisce ai barbieri di lavorare la Domenica, eccetto che non siano chiamati a radere i morti! Quanto ai treni ferroviari, le leggi sono molto discordi; alcuni Stati permettono senza eccezione, in altri sono permessi solo i treni necessari per il trasporto di passeggieri, in alfri un sol treno su ciascuna linea. Per esempio, se una Compagnia ferroviaria, come, la Chesepeake and Ohio Railroad, potesse costruire una linea che passi per tutte le 119 contee dello Stato di Virgina, e farla traversare anche da un sol treno una domenica, oltre quelli permessi dalla legge, potrebbe esser condannata a pagare dalle trentamila alle sessantamila lire italiane, essendovi in quello Stato una multa dai cinquanta ai cento dollari per ciascuna contea Per cui il treno passerebbe. Tra le eccezioni alla legge sono generalmente contemplati i lavori fatti a scopo caritatevole e religioso, i lavori domestici di necessità, il trasporto della mobiglia per cambiamento di residenza, la vendita • di giornali, il servizio doganale, l’esercizio della medicina, farmacie, ecc.

Qualsiasi giudizio sul merito della questione sarebbe inoportuno in questo breve resoconto; lascio, perciò, al suo posto l’idea del Fith, di sostituire alla teoria di un giorno festivo determinato quella di un giorno di riposo per turno, tanto più che simile teoria ha già ricevuto larga considerazione nei paesi europei. Per un principio ovvio di psicologia collettiva, i lavori e gli studi di vero valore sul riposo festivo scarseggiano in questo paese, mentre, mentre, come tutti sanno, abbondano in Europa, spècie in Germania ed in Francia. A mio credere, il riposo festivo non ha qui neppure il carettere di un problema, ma di un fatto compiuto generalmente accettato. C. CRISCI.

IN CERCA DI LAVORO

A chi si contentasse di esaminare certi fenomeni solo alla superficie sembrerebbe che le giuste proporzioni tra causa ed effetto siano, per lo meno, grandemente alterate. Come, per esempio, spiegare il fatto che una piccola agenzia di collocamento, povera e perfino lurida a guardarsi, arricchisca il padrone fino al punto da permettergli il lusso di una automobile? Tuttavia, una seconda osservazione richiamerebbe al pensiero uno dei principii di psicologia pratica più ovvii: che, cioè, tra tutte le imprese umane, le più facili a prosperare son quelle la cui vita si basa sugli istinti elementari della nostra natura, primo tra tutti quello di conservazione. Corollario: la necessità di trovar lavoro, perchè questo istinto si appaghi. Dati dieci, o venti, o centomila stomachi vuoti, pronti a tutti i sacrifici, pur di trovar qualcosa da fare e un pane per cibarsi; dato un galeotto, o alcune dozzine di galeotti (per fortuna, i galantuomini son sempre in maggioranza), pronti a trafficare moralità e giustizia, e trarre vantaggio dalle altrui, sventure, sparisce l’apparente sproporzione tra causa ed effetto a cui accennavo. La vita e lo svolgimento dell’industria (chiamiamola così) delle agenzie di collocamento al lavoro negli Stati Uniti non ha paralleli nella storia dell’emigrazione, ed ha poca rassomiglianza con la medesima industria, presente, negli altri paesi. Si consideri, tra l’altro 1° fino a qual punto la vita del paese dipende dal regolare sviluppo delle industrie; 2° in che alta percentuale la mano d’opera è costituita di sconosciuti è nuovi arrivati; 3° come la concorrenza acuta, sia industriale che operaia, tende sempre più, da un lato a sostituire all’uomo la macchina, e. dall’altro ad aumentare la disoccupazione; e si potrà comprendere l’inflessibile necessità e l’eccezionale sviluppo di un istituto che metta a. contatto padrone ed operaio nei loro reciproci bisogni. Quanto alla terza considerazione, che è, dopo tutto, il fattore più grave del fenomeno, noto [p. 108 modifica]di passaggio che non è facile dare un’idea accurata sullo stato vero della disoccupazione, neppure in un periodo economicamente breve; statistiche al riguardo son fornite periodicamente dalle Labor Unions, ma queste, evidentemente, non illuminano il problema che in parte. E’ facile, quindi, immaginare, quali e quante possibilità, sia in bene che in male, vadano connesse con un’agenzia di collocamento al lavoro; e si può anche spiegare come, in breve spazio di tempo, qualche nostro emigrato passi da umile lavoratore a notabile coloniale. Come tutte le imprese umane, quando condotte sulle linee di stretta onestà, quella del collocamento potrebbe recar fortuna solo dopo lavoro lungo, duro e paziente; a chi, poi, voglia fare man bassa di certi scrupoli, essa offre speciali opportunità per arricchirsi presto. Come il banchista, l’agente di lavoro è frutto delle contingenze.’ Una larga percentuale di coloro che portano qui i loro sogni perirebbero di fame senza questo anello di congiunzione tra capitale e lavoro; egualmente, molte industrie sarebbero a metà paralizzate, se le agenzie non fornissero loro mano d’opera relativamente al bisogno. La conseguenza è che l’agente si trova in posizione di raccogliere doppio frutto da una condizione economica. Padrone ed operaio lo riguardano molto spesso come un angelo salvatore; la disgrazia è che questo angelo, egualmente spesso, scarta certi principii di vita civile, e, pur di guadagnare quel che il semplice emigrato chiama, con termine pittoresco, bossatura, non ha ritegno di esporre l’operaio al pericolo di una svariata serie di tribolazioni. Sono pagine di dolori che la storia dell’emigrazione moderna ha registrato, e non sempre, francamente, ad onore del nome italiano; rifare questa storia sarebbe lungo e, d’altronde, non insegnerebbe nulla a coloro che dell’emigrazione hanno una conoscenza anche superficiale. I miei connazionali emigrati sanno che non esagero, e queste linee non sono per loro; è per gli italiani residenti in patria che scrivo. Quelli che, sotto l’influsso del sogno, salperanno per questa terra di molti disinganni, ricorderanno, almeno, di essere stati già preavvisati, ’qualora cadessero vittime di qualche vampiro.

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Le agenzie di collocamento potrebbero dividersi in tre classi: di commercio, di servizio domestico.di mano d’opera. Con le agenzie della prima classe i nostri emigrati hanno poco o nessun interesse. Procurano — o lascian credere che procurano — impiego a contabili, stenografi, rappresentanti, ed altri addetti ai vari rami dell’attività commerciale. All’ingenuo capiterà, un bel giorno, di leggere in uno dei grandi quotidiani della metropoli un avvisoréclaMe come il seguente: «Cercansi subito: I° stenografo in ufficio legale, vetti dollari per settimana; 2° rappresentante per casa di tessuti, quaranta

dollari per settimana e commissione; 3° altre posizioni con alti stipendi. Presentarsi o scrivere ). Naturalmente, questi impieghi fan parte del beato regno dei miti, nè l’agente ha alcuna speranza che essi diventino mai realtà; ma, tanto, un certo numero di pesci abbocca. La differenza, poi, tra il presentarsi e lo scrivere sta in questo: se l’ingenuo si presenta, gli accadrà, prima di ogni altro, di dover fare anticamera con una dozzina di altri merli che lo hanno preceduto e che, come lui, attendono la fortuna di un’udienza privata col dispensatore di impieghi. Quando il suo turno viene, è ricevuto dall’agente con un sorriso così dolce, che è prova apoditica di sincerità, è invitato a sedersi e... Cerca un impiego? Ma certo; felicissimo, anzi, di averlo tra i clienti. Già, bisogna che egli si faccia cliente; il che vuol dire riempire un certo modulo in cui, previo il pagamento di una tenue somma (per lo più cinque dollari) egli, il cliente, gode, per un anno, il privilegio al vasto servizio di informazioni e connessioni che la casa mantiene con le principali ditte commerciali del paese e dell’estero. Dica in quale ramo intende impiegarsi, e lasci il resto a lui, all’agente. Ben inteso, la tenue somma che egli anticipa’ serve per il disturbo di dover prendere le necessarie informazioni preliminari; la tassa di agenzia la pagherà, poi, quando avrà l’impiego; se questo è stabile, la tassa consisterà in qualcosa come il dieci per cento sulla paga del primo mese; altrimenti, a convenirsi. Quanto al posto... bene, torni tra una settimana, chè qualcosa ci sarà, senza dubbio. Dopo la settimana, gli si dice di ritornare tra dieci giorni; e così via, fino a che egli sia stanco, o si accorga del gioco. In ambo i casi, ha lasciato qualcosa del suo all’agente. Se, poi, l’individuo, domanda informazioni per lettera, riceve in risposta una lunga lista di impieghi in attesa di chi li occupi, e con paghe da far spalancare gli occhi. Una breve lettera, estremamente melliflua, spiega come qualmente l’agenzia ringrazia dell’attenzione prestata all’avviso-réclame e prende la libertà di accludere una lista parziale di impieghi che essa è pronta ad offrire. La lista parla da sè, ecc.; che cosa, dunque, si attende, ecc.; è un male, è quasi un delitto rimanere in ozio, quando vi sono simili posti da occupare, ecc., ecc. Può darsi che l’individuo, per un resto di buon senso, indovini un po’ che vi è dell’inganno, per lo meno, dell’esagerazione, e non risponda alle lusinghe. Allora altre lettere più incalzanti, con altre liste più succulenti; e così di seguito, fino a che, sia per ingenuità, sia per l’impellente bisogno di trovar qualcosa da fare, il merlo si lascia prendere. Anni or sono, una di queste agenzie, costituita in società per azioni, prese quartiere in uno dei punti più cospicui di Broadway. Il suo motto era brain brokers (mediatori in cervello): aveva un’armata di stenografi e dattilografi continuamente al lavoro; manteneva una costosa réclame in quasi tutti i giornali della metropoli; era, o annunziava di essere, [p. 109 modifica]- un ufficio di collocament per impiegati di alta classe, insegnanti, direttori di ufficio, capi di fabbriche, ecc. Quando falli, con un deficit di circa duecentomila dollari, risultò che la casa trafficava in rasoi svedesi fabbricati negli Stati Uniti dal suocero del direttore. (Continua).