Il buon cuore - Anno XII, n. 14 - 5 aprile 1913/Religione

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[p. 109 modifica]Religione


Vangelo della IIa Domenica dopo Pasqua

Testo del Vangelo.

Giovanni vide Gesù, che venivagli incontro, e disse: Ecco l’Agnello di Dio: ecco colui che toglie i peccati del mondo. Questo è colui, del quale ho detto: Dopo di;ne, viene uno, che è da più di me, perchè era prima di me. E io nol conosceva; ma affinchè egli fosse riconosciuto in Istraele, per questo io sono venuto a battezzare nell’acqua. E Giovanni rendette, testimonianza dicendo: Ho veduto lo spirito scendere lal cielo in forma di colomba, e si fermò sopra di lui. E io nol conosceva; ma chi mandommi a battezzare nell’acqua, mi disse: Colui sopra del quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito, quegli è colui che battezza nello Spirito Santo. E io ho veduto; e ho attestato com’egli è il Figliuolo di Dio. S. GIOVANNU, cap i.

umili lavori... Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie il peccato del mondo!... Scompare Giovanni, si nasconde il Profeta, ha finito il Precursore: sulla scena della vita del mondo compare Gesù, compare l’Agnello di Dio, compare chi solo può adempiere la missione unica, togliere dal mondo l’iniquità, il peccato... compare Dio in forma d’uomo umile, debole, bisognoso pur esso, che su di Lui passino l’onde del Giordano.

Dall’umiltà del Profeta balza — d’un, subito, straordinario fulgore — la fede in Gesù. Non ci dice l’Evangelista se all’invito di Giovanni quelle turbe prostrate adorassero Gesù, Dio ed Uomo. L’Evangelista ciò non cura; ha cura di soggiungere la testimonianza di Giovanni sulla divinità e la missione del Redentore. Il Precursore ha da Dio il segno del riconoscimento. Sopra di lui che viene a battezzare col vero battesimo, vedrai scendere lo Spirito Santo e rimanervi: e Giovanni ha visto, ha creduto, l’ha manifestato a tutti perchè tutti lo abbiano a vedere, a riconoscere, ad adorare. Ormai la sua- missione è compiuta, egli si nasconderà perchè nulla, nulla impedisca al raggio di Cristo d’espandersi ed illuminare, nulla venga a turbare la sua azione d’Agnello buono e mansueto, nulla venga ad opporsi alla grande e santa sua missione, quella di togliere il peccato dal mondo. Ha finito: si ritira.

  • * *

Pensieri. La virtù del Precursore — di Giovanni Battista — ove non avesse avuto saldissime ed assai profonde radici avrebbe dovuto sostener una gran prova. La austerità della sua vita, la semplicità del suo dire, la santità delle sue dottrine gli aveva adunato d’attorno una folla fedele, una scuola numerosa, che lo seguiva ovunque egli la portasse, in.mezzo al deserto, come sul dosso del monte, al fresco delle rive del Giordano, come sotto la vampa cocente del sole. Il suo amor proprio di Maestro, di Profeta aveva di che essere lusingato: da quel popolo poteva strappare una voce, un grido entusiastico, che gli avrebbe posto innanzi situazioni invidiabili, agi, onori, ricchezze e comodità che avrebbero allettato ogni anima diversa dalla sua, quando di mezzo alla turba vi scorge un dimenticato, vi scorge un confuso cogli altri, un umile, ed egli si alza dal suo luogo, gli corre incontro, lo sceglie, lo apparta e grida una voce strana, una parola inaudita, arditissima per il figlio del fabbro, per chi aveva passato trent’anni in

Innanzi alle opere di Dio, scompaia l’uomo. Dio lo vuole, e questa sua volontà la ripete in mille luoghi. Dio si toglie quando l’umano si fa avanti: Dio sceglie le cose più inferme ed inadatte per confondere — talvolta — la superbia delle forze e delle umane energie. Conclusione salutare. Quante volte d’, un movi mento buono, santo interno, d’un movimento che ci ha resi migliori non attribuiamo l’onore, la gloria forse a noi, al nostro buon cuore, all’educazione nostra, forse all’istrumento nelle mani di Dio, dimenticando chi guida, chi regge, chi suggerisce. Quante volte portiamo nella nostra riconoscenza a Dio la simpatia, l’inclinazione naturale, la tendenza morbosa..., a costui regalando il merito, accontentando Dio d’un rimasuglio’ di gloria! Non disprezziamo mai ciò che Dio crede a noi adatto e sufficiente, ma da Giovanni ci è facile ap% prendere, quale posto spetti a Dio, quale ai mezzi -- persone o cose — che Dio elegge a sua gloria ed R. B. a nostro bene. [p. 110 modifica]I MUSSULMANI E LA MECCA

Il Capitano di Fregata Conte Amedeo Alberti, autore della Guerra Cino-Giapponese (1894-1895) e di Dieci anni di Politica mondiale nell’Estremo Oriente (1895-1905), nonchè altri lavori che vedranno presto la luce, ha testè pubblicato, coi tipi della Casa Melfi e Joele di Napoli, un nuovo interessantissimo libro: I Musulmani e la Mecca. L’Alberti è un brillantissimo ufficiale della nostra Marina. Si distinse nel Mar Rosso nella Guerra coll’Abissinia, nella campagna di Candia sulla R. Nave Etna nel 1897, in Cina e nel Giappone negli anni I899-1900; fu Comandante • del Bersagliere a Bengasi e del Verbano nel Mar Rosso nella guerra Libica, ed è ora comandante in seconda della R. Nave Saint Bon. a Eventi di guerra facevanmi portare in Arabia un venerato ulema della Mecca che in riconoscenza donavami una preziosa e vecchia pergamena dei luoghi santi del musulmanismo. «Su questa sviluppai e completai quanto scrivo». Questo leggesi in una nota del nuovo libro dell’Alberti. L’opera, divisa in diversi capitoli, espone tutte le credenze, le prescrizioni e, i riti, che annualmente rinnovano il mondo musulmano. L’autore che svolse nel Yemen e a Higiaz delicate missioni di guerra, tratteggia nell’inizio del lavoro l’Arabia ed il suo popolo con acume. Quella terra avvinta da a mari brucianti di saline è l’ara di un popolo — l’Arabo — propaginatore dell’evolutiva civilizzatrice oltre i laghi di sabbia dei deserti ed i piani inesplorati dell’Asia e dell’Africa». Si passa quindi nell’opera a vivamente narrare dell’azione di Maometto nella Storia — di questo uomo che a tempra adamantina di conquistatore, legislatore, monarca e pontefice» potè far germogliare almeno un fiore nell’anima araba. Si susseguono così chiaramente le norme per i riti musulmanici, il Ramadan, il Bairam; e quindi l’Alberti passa a descrivere i Luoghi Santi e quel centro di fanatismo religioso che è la Mecca. E’ tutta una netta visione delle moschee e dei luoghi musulmanici interdetti a chiunque non sia fedele — pena la morte — quella che l’Alberti ci espone. Chiude infine l’opera il dire del Pellegrinaggio e della Ferrovia Santa che tenta ricollegare tali punti di credenza. Il lavoro è corredato di numerose, nitide e pregevoli illustrazioni, nonchè di una tavola a colori ed oro che, è per sè stessa un gioiello oltre ad essere una rarità, poichè è la pianta prospettiva della Moschea della Mecca. Per dare una idea esatta degl’intendimenti nobili del distinto ufficiale, riportiamo i seguenti brani

della bella prefazione colla quale egli presenta l’importante suo lavoro I Musulmani e la Mecca. «La civiltà è ritmica alla storia dei popoli e con • la religione s’intessa. Noi Italici, creatori nella civiltà mondiale dell’Umanesimo, che alimentammo e alimentiamo coi genii di nostra stirpe, per la sacra potenzialità dei nostri diritti, per la determinazione esatta della nostra operosità, per il compimento intellettivo dei nostri grandi doveri, per la concezione. e creazione di una sempre più grande potenza e dominio di nostra patria, noi, Italici, dobbiamo profondamente conoscere quanto sorse, usasi e svolgesi lungo le rive del mare nostrum, di questo Mediterraneo, che indicandoci quanto fummo, ci addita quel che dovremo essere. a, Il Musulma.nismo ebbe sempre in questo mare una parte storica notevole, grandemente ergentesi sul fanatismo religioso e sulla scimitarra; parte storica, alla quale se un di i nostri avi dovettero assistere frementi di orrore e di vendetta dalle saponiere delle vecchie mura, oggidì noi Italiani non possiamo per imperialismo e diritto di razza, d’intelletto, di genio e di forza che rivendicare quei tempi e volgere al dominio di quante regioni e terre co, nobbero già il pulsare vermiglio del nostro sangue. a Tutti gli avvenimenti, che anche oggi giorno svolgonsi nell’Oriente, come nell’Occidente dell’Europa, derivano ancora dalla conquista musulmana. Sebbene con forme diverse dai tempi delle Crociate e di quando i Saraceni e i Mori minacciavano in scorribande le nostre coste di sole e d’azzurro, continua il duello fra la croce e la mezzaluna: ed è su questo conflitto fra la civiltà europea ed il fanatismo musulmano che si sono imperniate tutte le lotte, che agitarono per secoli l’Europa e che travagliandola ancora nei sordi rammenti diplomatici, ne tengono vivo il balenio di guerra. «Orbene, per ’la visione dei futuri destini della nostra concezione di Nazione, noi non possiamo più oltre abbandonare l’imperio del Mediterraneo e delle sue rive, che sono retaggio nostro, in nome della forza presente e dei diritti ergentesi nelle vestigia d’una italianità tuttora vigente in ognuna di tali terre. Ma, perchè l’imperio del Mediterraneo tutto e delle sue rive diventi reale retaggio d’Italia, è d’uopo che noi, Italiani, con la svolgentesi comune azione e perseveranza, profondamente studiamo le attuali popolazioni islamitiche negli usi e costumi, per facilmente comprenderle e avvincerle a voi. a Il problema religioso islamico è complesso e difficile, ma ineluttabilmente imponesi al pensiero d’Italia, nello inizio del suo evolvente imperialismo mediterraneo col dominio delle armi e delle leggi nell’Africa settentrionale, verso un popolo di oltre due milioni di Musulmani, Arabi e Berberi che siano. a Orbene, se considerasi che la vita e la vitalità dell’anzidetto popolo si svolge quasi tutta nella religione e per la religione dell’Islam — nella quale comprendonsi tutti gli ordinamenti civili, politici, [p. 111 modifica]amministrativi, giudiziari, scientifici e artistici — ne consegue un duplice intento: primo, la necessità della piena conoscenza dello sviluppo storico di tale religione musulmanica, della sua enorme legislazio ne, dei suoi riti accoppiati agli usi e costumi di tali popoli conquistati; secondo, il suo momentaneo bisogno di rispettare tali leggi e costumi, sistema già seguito dai nostri grandi progenitori, i Romani, lasciando che un giorno il tempo e il contatto perenne della nostra civiltà sottilmente penetri, modifichi e trasformi tali popoli secondo la evoluzione civile mondiahle. «Come le leggi in genere non sono effetto di opposizioni e di sovrapposizione, ma sono e debbono essere la risultante di un progressivo adattamento, così, le religioni formano parte del sentimento, •e nella loro evoluzione infinita rientrano e compenetransi nel campo sterminato della libertà di coscienza, che, noi Italici, propugnammo indefinitamente per legge atavica e storica, lasciandola sempre luminosamente libera; tanto più se considerasi che per i Musulmani il bisogno spirituale è anima della loro anima. E concetti fra noi intessentesi di classi ed aspirazioni sociali sono fatui per essi, cui sono cogniti solo i dogmi del loro l’Al-Corano, inviolabile codice religioso, giuridico, politico, civile, dogma dell’anima e del fisico, guida dei Cieli, pel cui raggiungimento liberaronsi da ogni vincolo nazionale, sociale, fisiologico, da ogni abitudine di pensiero e di affetto. «Ed è questo Islam, vera collettività di anime tendenti allo sforzo dell’affratellamento universale irraggiungibile con le evoluenti leggi della natura, che li attanaglia, ponendoli contro la civiltà e la scienza mondiale moderna, diurnamente ascendente e segnata con pietre miliari dai genii di nostra razza. a Gli Arabi e Berberi, conquistati dalle nostre armi, saranno un dì attratti nell’orbita dei principi di civiltà mondiale, che noi Italici fondammo; e tale contributo nelle finalità etniche, psicologiche, artistiche e sociali, potrebbe ancor più sospingere l’evoluta del nostro genio. Ma perchè tale signoria su ’ popoli vinti sia definitivamente morale, come vuolsi dalla tradizione secolare dei nostri principi atavici di dominio, è necessario che ci rendiamo profondamente edotti del pensiero, usi, costumi, legislazione e sovratutto della religione di tali popoli musulmani, onde renderli sottomessi e fedeli». Rendiamo così omaggio al chiarissimo ufficiale che presto ci darà: La Guerra Russo-Giapponese. — I proiettori elettrici nella guerra navale e terrestre, ecc., ecc. Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbo= ’lamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI. Il libro più bello, più completo, più divertente che possiate regalare è l’Enciclopedia dei Ragazzi.

BENEFICENZA COSPICUA

Tórino. — Il comm. Eugenio Bona, ex deputato di Biella, morto com’è noto, di questi giorni a Torino, ha disposto nel suo testamento molti lasciti fra cui 50.00o lire all’ospedale di Biella, ioo.000 lire alla Scuola professionale pure di Biella, e 25.000 a quella di Prato in Toscana, i5o.000 lire al Municipio di Sordevolo oltre 3000 lire di rendita annua e 3000 lire all’Ospizio marino biellese. Confermata inoltre una precedente donazione di 500.000 lire alla Scuola Commerciale di Biella, ha disposto numerosi legati minori ad amici, familiari e parenti. Ad oltre un milione sale così la somma lasciata dal munifico industriale in beneficenza. Lodi. — La notte del 20 U. s., nella sua casa sul Piazzale della Ferrovia, è morto nell’età di 56 anni il cav. Egidio Lombardo. L’estinto, che ha lasciato un patrimonio vistoso, ha disposto per i seguenti legati in beneficenza: Ospedale Maggiore L. 22.000; Congregazione di Carità L. i I.000; Cura Marina L. moo; Associazione contro la tubercolosi L. io00; Orfanotrofi lire 5000; Scuola Famiglia L. 5oo; Provvidenza scolastica L. 50o; Società Operaia di M. S., L. i000; Patronato liberati dal carcere L. 500; Società keduci L. 500; Società di M. S. L’Esercito L. 500; Impiegati della Società di Esportaz. Polenghi-Lombardo L. 20.000; Impiegati della Latteria L. 1090; agli operai L. 2000 da ripartirsi in proporzione dei salari.

ONA VEGGIÒNA.

Ona veggìòna tutta malandada, La viveva, in miseria, in d’on stanzin, Per soa fortuna l’era sussidiada, Dal cceur pietós de tett i so vesin. Ghe fava compagnia on canarin, In d’ona cappia tutta sbirolada, (1) L’era l’unich so amis, stoo poer cicin, Col so cantò, lee l’era consolada. Finaiment on tal di la mceur anice, Rdess stec attent ooss’è che ghan trovaa, Miss propi in vista li sul comodin: On bigliettin con denter di danee, Pregand se sostentass el canarin, E... mort, ai pè de lee ’1 fuss sotterrai. (t) sbirolada — mal connessa. sostentass — si desse il becchime. FEDERICO BUSSI. [p. 112 modifica]Società Amici del Bene (ELARGIZIONE DELLA SETTIMANA)

FRA.NCOBOLLI USATI Da N N

N. 6000