Il buon cuore - Anno XI, n. 36 - 7 settembre 1912/Necrologio
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Il Cav. Dott. LORENZO BRERA
Una parola di sincero compianto suoni sulla tomba del Cav. Dott. Lorenzo Brera, spirato ad Angera il 2 corrente, dopo lunga e affannosa malattia.
L’avevamo visitato nella sua casa a Milano or sono circa tre mesi, e contava con un senso di fiducia di ritornare colle sorelle al soggiorno di Argera, dove lo scorso anno aveva trovato ristoro alla affranta salute, e dove sperava, invano, di ritrovarlo ancora.
Il Dott. Brera deve essere definito l’uomo spontaneamente e largamente generoso, nell’opera e nelle oblazioni. Noi ricordiamo specialmente ciò che ha fatto nell’Istituto dei Ciechi, nel quale esercitava l’ufficio di medico ordinario da quasi trent’anni.
Egli non solo provvedeva a quanto costituiva l’esercizio professionale del suo ufficio, ma circondava l’opera sua di affettuose prevenzioni, di minuti provvedimenti, in modo che l’ammalato si sentiva doppiamente confortato materialmente e moralmente. Non sempre i suoi desideri potevano essere soddisfatti dall’Amministrazione, per la ristrettezza dei mezzi: la difficoltà diventava pel Dott. Brera l’occasione di un nuovo e maggior bene: provvedeva ai bisogni degli altri coi mezzi proprî. La camera del medico nell’Istituto fu da Lui fornita di molti apparecchi di cura.
A Lui si deve pure la provvista di molti letti e accessori nelle due infermerie, maschile e femminile.
Quando venne proposta la fondazione di un Asilo Infantile, egli figurò tra i primi e più generosi benefattori. Per l’Asilo Infantile aveva una speciale predilezione: molti degli arredi furono da Lui provveduti: il nome della Famiglia Brera figura sui lettini dell’infermeria, e furono pure da Lui donati tanti altri oggetti che ne completano il servizio.
In occasione della Messa d’Oro del sottoscritto vennero fatte in vantaggio dei ciechi numerose offerte: il Dottor Brera figurò in una doppia categoria di oblatori: arricchì di nuovi arredi l’altare in Chiesa, e diede L. 1000 per l’erigenda Casa di riposo dei vecchi Ciechi.
Il Dottor Brera fu inoltre per molti anni medico all’Ospedale Maggiore, successivamente nel riparto dei pazzi e dei bambini: in favore dei bambini aveva anzi organizzata una regalia di consuetudine nelle feste di Natale. Aveva larga la mano, ma era ancora più buono il cuore.
Altre opere cittadine di beneficenza avevano il gratuito e diligente concorso del Dottor Brera: era membro del Consiglio dell’Istituto della Fanciullezza abbandonata membro della Società Amici del Bene; e segretario dell’opera di sussidio pei Pazzi poveri.
Il titolo di Cavaliere conferitogli dal governo era ben meritato.
La compiacenza maggiore per lui era però la, coscienza del bene, fatto; la riconoscenza de’ suoi beneficati, e specialmente dei Ciechi, Bambini e grandi, che lo ricorderanno sempre come uno dei loro più cali benefattori, e la speranza del premio promesso dalla religione, che fu sempre l’inspirazione della sua vita.
Addio, o caro e buon Dottor Brera: impedito di assistere ai tuoi funerali, mi è grato l’esprimerti qui i sensi della mia sincera e costante amicizia e della mia riconoscenza: uniti per tanti anni in una medesima opera di carità sulla terra, la misericordia di Dio ci possa unire un giorno nella stessa pace nel cielo.
Don ANDREA PEDOJA
Bellano, i (C.). — Da due giorni le campane della vetusta, artistica, storica chiesa di Bellano; dove tutto parla dei Medici e dei Visconti, suonavano a distesa, segnando un lutto profondo, generalniente sentito per la morte del venerato prevosto novantaquattrenne don Andrea Pedoja.
Come quercia resistente ai venti, alle tempeste, alle nevi e ai geli, don Andrea Pedoja, ordinato nel 1843 dal famoso cardinale Gaysruck, dapprima come coadiutore e dal 1887 in poi come prevosto, rimase sempre a Bellano come esempio preclaro di virtù sacerdotali, civili e patriottiche.
La vita del venerato sacerdote, che passò tranquillo, impavido e fervente attraverso la nostra grande epopea nazionale, narrata con esattezza, riuscirebbe una pagina interessante di storia patria.
Membro del Comitato di Pubblica Salute durante il Governo Provvisorio del 1848, fu in continue relazioni coi capi dell’insurrezione di Milano, di Como e di Lecco, mantenendo acceso il fuoco sacro dell’amore della patria, col calore della parola e coll’esempio.
E quando, dopo il disastro di Novara, il paese dovette tornare sotto il giogo austriaco, don Andrea Pedoja non fu immune da persecuzioni. Lo salvarono la immacolata rettitudine del suo animo cristiano e l’affetto dei parrocchiani.
Compreso sempre della sua missione spirituale, egli seppe armonizzare i più grandi amori, e la sua longevità, sostenuta da predilezione superiore, fu ognora, anche negli ultimissimi giorni, illuminata nel pensiero e nell’azione.
Era il decano dell’archidiocesi milanese, e contava già settant’anni di sacerdozio quando a Milano parte. cipava con agilità giovanile a importanti adunanze ecclesiastiche.
Intelligente, pio, benefico, è morto povero e da tutti sinceramente rimpianto.
I suoi funerali, celebratisi ieri, sono riusciti imponenti e commoventi.
Un’emozione profonda ha suscitato in chiesa il commendatore mons. Luigi Vitali con un elogio nobile, elevato, erompente da un cuore sinceramente amico.
Altri bellissimi discorsi al cimitero hanno completato la cerimonia mesta e solenne.
Mentre centinaia e centinaia d’intervenuti sfollavano per restituirsi alle dimore di Bellano e dei paesi limitrofi, si segnalava una zolla che solo da ieri ricopriva la salma di un buon vecchietto, il quale, coetaneo del prevosto, aveva più volte manifestato all’amato pastore il presentimento di trovarsi insieme nel grande passaggio.
Completiamo questa corrispondenza col discorso pronunciato dal nostro Direttore, mons. comm. Luigi Vitali:
A me è toccato di rivolgere la parola dell’estremo addio al nostro venerato Pastore: gli ho dato, può dirsi, il primo saluto quando venne a Bellano, ora gli dò l’ultimo: a quell’altare, sessantanove anni or sono, egli celebrava per la prima volta la Messa quale coadiutore in mezzo a noi: piccolo chierichetto io gliela servivo.
In seguito io feci il discorso pel cinquantesimo anniversario della sua ordinazione, e più tardi l’altro pel cinquantesimo anniversario della sua nomina a Prevosto.
Ed ora, ricordando le vicende varie ed importanti fra le quali si svolse il lungo periodo della sua vita, quanto facile e interessante mi tornerebbe il dimostrare, che, figlio del suo tempo, egli corrispose coll’opera sua ai molteplici e gravi bisogni dell’epoca in cui visse!
Restringo il mio dire allo svolgimento di una frase del Vangelo: Fidelis servus et prudens quem constituit Dominus super familiam suam: egli fu il servo fedele e prudente che Dio pose al governo della sua famiglia. Mi sembrano queste veramente le due note caratteristiche del padre che piangiamo; egli fu davvero il servo fedele e prudente che Dio pose al governo della sua famiglia. Questa famiglia siamo noi; noi popolo di Bellano.
Egli fu il servo fedele, ponendo la fede come l’inspirazione, la guida, nei rapporti con sè, nei rapporti cogli altri.
La fedeltà ai principi della fede con sè la manifestò nella dottrina, nella condotta.
Egli seguì sempre la dottrina, quale, in nome di Cristo, ci è fatta conoscere dal Sommo Pontefice e dall’Episcopato: in occasione di contrasti, di divergenze, che turbavano talvolta le coscienze dei fedeli, egli stette sempre fermo al supremo infallibile magistero della Chiesa.
Manifestò la fede nella sua condotta: la sua vita fu illibata: in un lunghissimo periodo di vita, nessuno mai ha potuto rimarcare in lui, nelle sue parole, nei suoi atti, qualche cosa meno corrispondente alla santità, alla illibatezza di un vero ministro di Cristo.
Manifestò la fede nel rapporto cogli altri. Ministro di Cristo, fece ciò che Cristo a bene delle anime aveva ordinato a’ suoi ministri di fare. Quanto è sublime e salutare l’opera di Cristo in mezzo alla società!
Una delle opere principali della vita di Cristo fu la predicazione della parola divina. Voi sapete quanto in questo punto fosse esatta, esemplare, la condotta del nostro Pastore: per quaranta, per cinquant’anni egli continuò a spiegare il Vangelo, la dottrina al suo popolo: anche in questi ultimi tempi, quando l’età avanzata, le forze affievolite, l’avrebbero consigliato a valersi più largamente dell’opera di altri, egli non volle mai ritrarsi dall’importante ufficio.
L’opera di Cristo fu eminentemente un’opera di redenzione morale, nel richiamare le coscienze al bene, nel perdonare le colpe. Quest’ufficio è dal sacerdote specialmente esercitato nel Sacramento della Penitenza, nella Confessione. E voi sapete quanto il nostro Pastore fosse assiduo in questo punto del pastorale ministero. Le prime ore del mattino, anche nella stagione più rigida, lo vedevano sempre pronto alle chiamate dei fedeli. E quante anime fra voi, per personale esperienza, potrebbero dire quanta efficacia le parole dell’amato Pastore, avessero avuto nel ritrarle dai pericoli della colpa, nello spingerle ai più alti gradi nella via della perfezione.
Egli zelò l’assistenza agli infermi; egli fu sempre animato da un senso di grande carità verso i poveri, esercitando a un tempo la carità spirituale e materiale. Giammai che alcuno si volgesse per un soccorso a lui, e, trovato un vero bisogno, partisse senza averne ricevuto un opportuno conforto.
E alle opere dirette della fede vanno aggiunte altre opere che sono un complemento della fede, perchè sono un potente aiuto a ridestarla, a conservarla, in mezzo alle popolazioni, opere materiali, opere morali.
Opere materiali: è sotto il suo governo, che la nostra chiesa venne dotata di un distinto concerto di campane. Questo vetusto tempio, bisognoso di ristauri e di abbellimenti, venne riparato, e fregiato di nobili pitture: e l’organo, trasportato e rinnovato, potè meglio colle sue armonie corrispondere alla santità ed alla dignità del culto.
Opere morali: egli approvò e presiedette una Commissione costituitasi pel bene morale e religioso del paese. Emanazione di questa Commissione fu la fondazione dell’Oratorio Festivo, una delle opere più efficaci, nelle attuali condizioni della società, a procurare il bene della gioventù. Benedisse l’opera dell’Asilo Infantile, che nella difesa e nella educazione dei piccoli bambini, prepara in germe il buon cristiano e l’ottimo cittadino. Approvò la fondazione della Scuola femminile di lavoro, e fu lieto della fondazione e della apertura dell’Ospedale, opportuno complemento dell’assistenza materiale e morale della popolazione.
La fede cattolica ricorda come elemento di speciale gentilezza e santità la divozione di Maria: noi Bellanesi abbiamo la fausta ventura di avere nel circuito della nostra Parrocchia il Santuario della Madonna di Lezzeno: il nostro Pastore ha potuto assistere, favorendole, a due specialissime solennità, la celebrazione del secondo centenario del miracolo della Madonna di Lezzeno, e poi la celebrazione del secondo centenario del trasporto della Immagine taumaturga dalla piccola capella campestre al Santuario innalzato dalla pietà dei fedeli.
Ma una seconda nota ha caratterizzato il nostro Pastore: egli non fu soltanto servo fedele, fu anche servo prudente.
La prudenza è virtù altamente importante: essa è formata da due elementi, dal criterio e dalla forza di volontà. Il criterio non solo fa conoscere le cose, ma le fa valutare nella loro importanza intrinseca e relativa, in modo di farla preferire o ommettere a norma del bisogno e delle circostanze; la forza di volontà, per potersi frenare ed essere costante nelle risoluzioni. Il nostro Pastore ebbe questa qualità in grado sommo; fu la caratteristica che l’accompagnò e diresse in tutta la vita. Fu prudente nelle parole, fu prudente negli atti, fu prudente nei rapporti colle autorità, nei rapporti coi partiti. Non è piccolo pregio questo in epoche in cui opposti principî, opposti indirizzi si combattono: senza venir meno mai alle esigenze della fede e della coscienza, egli fu proclive alle misure di conciliazione, evitando facili attriti: se la pace venne sempre mantenuta nel nostro paese, una parte notevole è dovuta all’opera sua: anche chi non credette di conservare il caro, l’ambito nome di figlio, non mancò mai a suo riguardo di rispetto, di venerazione.
E non è a dire che la prudenza fosse in lui effetto di indifferenza o di incapacità: prendeva viva parte a tutte le questioni che interessavano il paese richiamando in sè il patriota del periodo eroico del Risorgimento Nazionale. Dotato di ingegno e di larga cultura, abbracciava le sue risoluzioni non per imposizione, ma per elezione: una volta abbracciate nessuno lo poteva smuovere: la sua prudenza era formata di scienza e di volontà.
A questo punto noi possiamo ben comprendere come egli abbia potuto passare un periodo così lungo di vita parrocchiale, senza suscitare intorno a sè ire e animosità, meritandosi la stima e il rispetto universale. Il clero, il popolo, tutte le rappresentanze cittadine qui presenti ne sono una prova luminosa.
Il nostro venerato Arcivescovo Cardinale fece il nostro Pastore oggetto di particolare attenzione: lo ricordò con parole di lode più volte nei discorsi al clero: gli mandò la sua pastorale benedizione, e fu con vivo dispiacere che non potè, come aveva desiderato, venire a ripetergliela di persona al capezzale dell’ultima agonia.
Ed ora, o caro Padre, noi dobbiamo darti l’estremo addio. Abituati a vederti sempre in mezzo a noi, ci sembrava che gli anni non avessero ragione alcuna sopra di te: la parola secolo a tuo riguardo sembrava naturale e quasi di diritto: ad centum annos, noi l’avevamo pronunciata questa parola: ma Dio pensò diversamente: Egli non volle più oltre differire a darti il premio di giustizia, dovuto alla tua virtù, formata di perfezione naturale e soprannaturale. Tu sei partito dandoci colla pazienza con cui tollerasti gli strazianti dolori della tua malattia una continuazione dei buoni esempi che ci hai dato in vita: in cambio del riposo, a cui avevi diritto, e non hai mai cercato in terra, Iddio ti conceda il riposo eterno del cielo. Noi non cesseremo mai di sollevare per te, come suffragio, la preghiera, formata di ricordo e di riconoscenza: e tu continua a prestarci come eletto fra gli eletti del cielo, quella protezione che come Padre per così lunghi anni ci hai accordata sulla terra!