Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro II/Capitolo XXV
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Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
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Capitolo XXV.
La favola del battesimo di Costantino, e della sua guarigione dalla lebbra: perfino quella della donazione di Roma ai papi, da Brunetto è creduta, come il medio evo la credeva, e come Dante, che avrebbe avuto tanto interesse a negarla, e contro la quale tanto inveì.
È vecchio aneddoto, che un prelato della corte pontificia, avendo richiesto con amaro ghigno ad un ambasciatore di Venezia, dove fosse la concessione imperiale della sovranità pretesa dalla repubblica di s. Marco sull’Adriatico, n’ebbe in risposta, ch’era su quella medesima pergamena in cui leggevasi la donazione di Roma fatta da Costantino ai papi.
Ascoltiamo il discepolo, ripetere la lezione di storia imparata dal maestro:
. . . . . Costantin chiese Silvestro
Dentro Siratti a guarir della lebbre
(Inf. XXVII).
Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
Non la tua conversion, ma quella dote
Che da te prese il primo ricco patre!
(Inf. XIX).
Cesare fui, e son Giustiniano,
Che, per voler del primo Amor ch’io sento,
Dentro alle leggi trassi ’l troppo e ’l vano.
E prima ch’io all’opra fossi attento,
Una natura in Cristo esser, non piue,
Credeva, e di tal fede era contento.
Ma il benedetto Agabito, che fue
Sommo pastore, alla fede sincera
Mi dirizzò con le parole sue.
Io gli credetti, e ciò che suo dir era
Veggio ora chiaro, sì come tu vedi
Ogni contraddizione e falsa e vera.
Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
A Dio per grazia piacque di spirarmi
L’alto lavor, e tutto a lui mi diedi.
(Par. VI).