Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro I/Capitolo II

Illustrazioni al Libro I - Capitolo II

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Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Illustrazioni al Libro I - Capitolo II
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Capitolo II.


Valicato l’atrio, mettiamo riverenti il piede nel tempio della divinità. Eccoci ad essa di fronte. Sublime è la definizione della sapienza, che può dirsi la divinità di questo magnifico tempio. Essa è conoscimento, ma verace. Comprende tutto lo scibile. Fra le cose divine e naturali, assegna un posto d’onore all’uomo, secondo l’insegnamento cristiano. Essa è fuori dell’uomo, sopra di esso, prima di esso. Si sforza notte e giorno con lena affannata di comprenderne sempre più «ma tutta non la può l’uomo sapere.» Solo in Dio potrà comprenderla tutta. Sarà allora beato.

Sono creazione della Bibbia codeste idee sublimi, ignote ai Greci, ed agli Italici. In essa proclama agli uomini la Sapienza: «Io fui creata a principio, innanzi del tempo, nè verrò meno giammai. Io era con Dio, tutto ordinando, quand’egli creava. Sono con esso, che crea tutto dì conservando. Beato, chi veglia instancabile alla mia soglia. Chi mi trova, e possede, sarà beato per sempre in Dio ( Prov. VIII).»

Brunetto chiama i filosofi, figliuoli di filosofia, imitando la nobilissima frase della Bibbia, che ha i figliuoli di Dio, della luce, e simili1. [p. 154 modifica]

Come si usava al suo secolo, dice cherici i letterati. Non confonde i filosofi coi letterati, e perciò nè pure coi chierici, comechè della scienza di essi la sua filosofia fosse informata, e primeggiassero tra essi grandi filosofi, celebrati altresì dall’Allighieri.


Ancora sul Capitolo II.


I concetti di Brunetto Latini intorno a Dio, alla creazione, alle creature, ed alle loro attinenze, sono illustrati da queste frasi del suo divino discepolo.

Iddio è, Essere primo (Purg. XXVII): La somma essenzia (Par. XXI): La prima cagione (Par. XX): Quel che è primo (Par. XV): Prima virtù (Par. XIII e XXVI): Punto fisso (Par. XXVIII): Intelletto primo (Par. II): Primo vero (Par. IV): Lo primo ed ineffabile valore (Par. X): Primo amore (Inf. III, Par. VI, XXVI, XXXII): La prima luce (Par. XXIX): La prima equalità (Par. XV): La suprema possanza (Par. XXVII): L’alto fattore (Inf. III): Chi tutto discerne (Purg. XIV): Colui che mai non vide cosa nuova (Purg. X): La fonte onde ogni ver deriva (Par. IV): La profonda e chiara sussistenza dell’alto lume (Par. XXXIII): L’eterna luce, che vista sola, sempre amore accende (Par. V): L’alta luce, che da sè è vera (Par. XXXIII): Il vivo lume, che tal è sempre qual era [p. 155 modifica]davanti (Par. XXXIII): L’amor che muove il sole, e l’altre stelle (Par. XXVIII): Il bene, che non ha fine, e sè in sè misura (Par XIX): Lo sommo bene, che solo a sè piace (Par. XVIII): Il ben dell’intelletto (Inf. III): Lo bene, di là dal qual non è a che s’aspiri (Purg. XXXI): Non circoscritto, tutto circoscrive (Par. XIV): Il vero, in che si queta ogni intelletto (Par. XXVIII): Il vero, di fuor del qual nessun vero si spazia (Par. IV): Il fine di tutti i disii (Paradiso XXXIII).

La gloria di colui, che tutto muove
     Per l’universo, penetra e risplende
     In una parte più, e meno altrove (Par. I).
Quel che dipinge lì, non ha chi il guidi;
     Ma esso guida, e da lui si rammenta
     Quella virtù, che è forma per li nidi (Par. XVIII).
                         Colui che volse il sesto
     Allo stremo del mondo, e dentro ad esso
     Distinse tanto occulto e manifesto;
Non poteo suo valor sì fare impresso
     In tutto l’universo, che il suo verbo
     Non rimanesse in infinito eccesso (Par. XIX).
Oh abbondante grazia, ond’io presunsi
     Ficcar lo viso per la luce eterna,
     Tanto che la veduta vi consunsi!
Nel suo profondo vidi che s’interna
     Legato con amore in un volume
     Ciò che per l’universo si squaderna;
Sustanzia, ed accidente, e lor costume,
     Tutti conflati insieme per tal modo,
     Che ciò ch’io dico è un semplice lume.

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La forma universal di questo nodo
     Credo ch’io vidi, perchè più di largo,
     Dicendo questo, mi sento ch’io godo (Par. XXXIII).


Note

  1. Il Sorio dice, che Brunetto ignora il greco, perchè qui dice figli di sapienza i filosofi, quasi volesse dire per etimologia filii sapientiae: ma nel Fiori dei filosofi e molti savi, all’articolo: Pitagora, scrive: Filosofo, cioè studioso ed amatore di sapienza; e questo ripete eziandio nel Tesoro, come vedremo.