Il Quadriregio/Libro quarto/XVIII

XVIII. De’ peccati nello Spirito santo, i quali sono opposti alla speranza

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Federico Frezzi - Il Quadriregio (XIV secolo/XV secolo)
XVIII. De’ peccati nello Spirito santo, i quali sono opposti alla speranza
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CAPITOLO XVIII

De' peccati nello Spirito santo, i quali sono opposti alla speranza.

     Nel levar sú, ch’io fei, cotanto ardito,
ché presa forse avíe troppa fidanza
per quel parlar, che pria aveva udito:
     — Risguarda ben— mi disse dea Speranza,—
5che ’n null’altra virtú si può errar tanto,
quanto in la spen per troppo o per mancanza;
     ché la presunzion sta dall’un canto,
dall’altro estremo sta il disperare,
ognun peccato in lo Spirito santo.
     10Né l’un né l’altro si può perdonare
in questa vita o nel secol futuro,
sí come dice a noi ’l divin parlare.
     E, perché questo passo è molto oscuro,
se a quel, che or dirò, attento bade,
15io tel dichiarerò aperto e puro.
     Sappi che la clemenzia e la pietade
allo Spirito santo è attribuita,
e ch’e’ la porge a chi torna a bontade;
     ché, benché sia la sua pietá infinita,
20non la debbe donar, né mai la dona,
se no’ a chi torna dalla via smarrita.
     Però, s’alcun nel mal far s’abbandona,
credendo che, peccando, Dio ’l sovvegna,
cotal presunzion mai si perdona;

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     25ché colpa non è mai di perdon degna,
se non si pente; e chi pecca sperando,
chiude la porta, onde aiuto gli vegna,
     ché Dio, il qual è giusto, non è blando
mai alla colpa, ma contra s’adira,
30sinché si emenda e torna al suo comando.
     All’altra estremitá della spen mira,
che ha quattro spezie, e contra pietá vera
pecca ’n Colui ch’eternalmente spira.
     La prima è quando alcun sí persevéra
35in far il mal, che tornar a virtude
o d’emendarse al tutto si dispera.
     Costui alla pietá la porta chiude
dello Spirito santo ed a’ suoi doni,
dacché non vuol lassar l’opere crude.
     40L’altra è quando non crede che perdoni
a lui mai Dio, e pel peccato grande
crede che Dio pietoso l’abbandoni,
     e non avvien che mai perdon domande.
Chi si dispera, chiude anco la porta,
45ché chi sovvenir vuol, a lui non ande.
     La terza è ’n chi la ragion è sí torta,
che loda il mal per bene, e sí gli piace,
che sé ed altri nel mal far conforta.
     E, come agli occhi infermi il lume spiace,
50cosí a lui vertú; e chiunque l’usa,
persegue in fatti e con lingua mordace.
     Costui ancora tien la porta chiusa
alla pietá; e non ch’egli si penta,
ma chi torna a vertú biasma ed accusa.
     55La quarta spezie è morte violenta
data a se stesso; ché, mentr’egli more,
di se medesmo omicida diventa.
     Or chiunque in altro modo è peccatore
per ignoranza ovver per impotenza,
60fatto il peccato, alquanto n’ha dolore.

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     E dentro nel rimorde coscienza,
sí ch’ancor serva in sé la via e ’l lume,
per la qual può tornar a penitenza,
     e per cui possa intrar il sacro nume
65a suaderli ch’a virtú s’induca
e che lassi ogni vizio e mal costume.
     E, perché ben la speme in te riluca,
io la diffinirò chiara ed aperta,
acciocché dietro a lei tu ti conduca.
     70Speranza è un attender fermo e certo
delle cose celesti ed eternali,
che vengon per buoni atti e per buon merto.
     Questa è l’áncora data alli mortali
fermar dentro al mar la navicella,
75mentre è in fortuna tra cotanti mali.—
     Qui poscia pose fine a sua favella;
ed io alzai la testa e tenni mente,
perché lassú udía cosa novella.
     Io udii voci ’n quella spera ardente
80del foco, il qual appresso soprastava,
e sospir gravi d’una afflitta gente.
     Ed ella a me:— Lassú si purga e lava
il satisfar non fatto, e lí è ’l ristoro
del tepido, commesso in vita prava.
     85In quella spera sú sta il purgatoro,
parte del regno mio: lí sta la Spene,
e piú lassú che altrove io dimoro.
     Io son che li conforto tra le pene,
perché hanno speranza di venire,
90quando che sia, all’infinito Bene.
     Vero è che la lor doglia e ’l gran martíre,
per buone orazioni e per indolto
di sante chiavi, si può sobvenire.—
     Ed io a lei:— Or qui dubito molto;
95ché, se ’l peccato sta su nella voglia,
come senza ’l pentir può esser tolto?

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     Se l’uom non è contrito e non ha doglia,
avvenga ben che Dio perdonar possa,
senza ’l pentir giammai non è che ’l toglia.
     100Or come, adunque, l’orazione mossa
laggiú dal mondo fa che perdonato
sia il vizio qui e l’offesa rimossa?—
     Ed ella a me:— Due cose ha ’n sé ’l peccato:
prima è la colpa, ovver deformitá,
105cioè far contra il ben da Dio ordinato.
     E questa colpa è nella volontá,
la qual, se non si pente per se stessa,
Dio la può perdonar, ma mai nol fa.
     E solo questa colpa gli è demessa
110al peccator, che corre al sacerdote,
quando divotamente si confessa.
     L’altra è la pena e satisfar si puote;
e questa ancora il peccator, se vuole,
con la contrizion da sé la scuote;
     115ché, quando del peccato egli si duole,
tanto che contrizion sia tutta piena,
morendo, allor convien che su al ciel vole.
     Onde, se ognun come la Maddalena
satisfacesse, bagnando la faccia,
120non sería ’l purgatoro, né sua pena.
     Ma, quando è alcun, il qual non satisfaccia
integramente, il prete che l’assolve,
da colpa e non da pena lo dislaccia.
     E però ’l peccator che a Dio si volve,
125se ’l convertirsi è tardo o freddo o poco,
nel purgatòr la pena poi persolve.
     E tanto tempo sta in questo loco,
quanto ha negletto, se non lo fa brieve
il papa santo, offerta o iusto invoco.—
     130Ed io a lei:— Questo credere è grieve,
che a chi non satisfece ed è defunto,
il papa od altra offerta pena liève.—

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     Rispose a questo:— Il membro, ch’è coniunto,
da suoi coniunti membri è sobvenuto,
135quando si duole o quando egli è trapunto.
     Se questo a’ suoi coniunti ha provveduto
la nobil e magnifica natura,
cioè che un membro dall’altro abbia aiuto,
     dacché la grazia è di maggior altura,
140che non è ella, e nobil e suprema,
siccome affirma e prova la Scrittura,
     ben può supplire alla mesura scema
del satisfar con quei che son consorti
in caritá nella partita estrema.
     145Cosí li vivi sobvengono a’ morti
con satisfar per lor el pentir lento,
ché ’l tempo d’ire al cielo a lor s’accorti.
     Per questo il Maccabeo mandò l’argento
e fece al tempio offerta e nobil dono
150per lo esercito suo, di vita spento.
     Adunque è santo, pio, salubre e buono
pregar pe’ morti; e pel prego concede
a lor del satisfare Dio ’l perdono.
     E, quando Cristo a Pier le chiavi diede
155d’aprire e di serrare, e capo el fece
di tutti i membri uniti in santa fede,
     il ben, che i membri fanno, ed ogni prece
commise a lui, e può participarlo
ed applicarlo a chi non satisfece.
     160Il ben participato, di cui parlo,
non però a chi l’ha fatto, s’amminora,
né papa a lui porría giammai levarlo;
     sicché, quand’un digiuna ovver che ora
per quei che son in purgatòr puniti,
165fa prode a lui ed a coloro ancora.
     E, dacché li purgati sonno uniti
in grazia con noi e sonno in via,
perché a lor patria ancor non son saliti,

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     il papa, ch’esti beni ha ’n sua balía,
170del ben universal della sua greggia
ne può far parte a lor e cortesia.
     Ed ogni capo, ch’alcun corpo reggia,
del merito de’ membri, ch’e’ governa,
ne può far parte, pur che altri el chieggia,
     175in quanto sia accetto, in vita eterna.—