Il Quadriregio/Libro primo/V

V. Dell’avvenimento di Giunone invitata alla festa di Diana

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Federico Frezzi - Il Quadriregio (XIV secolo/XV secolo)
V. Dell’avvenimento di Giunone invitata alla festa di Diana
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CAPITOLO V

Dell'avvenimento di Giunone invitata alla festa di Diana.

     — O regina del cielo, o alta Iuno,
moglie e sorella del superno Iove,
che l’aer rassereni e failo bruno,
     Diana prega te che venghi dove
5ella fa festa e con le belle dame
del nobil regno tuo qui ti ritrove.
     Il nostro dir, benché da lungi chiame,
noi sappiam ben che l’odi dall’altezza
del monte Olimpo, dov’è il tuo reame.—
     10Queste parole con tanta dolcezza
cantôn due ninfe, Pallia e Lisbena,
ch’anco, quando il ricordo, io n’ho vaghezza.
     Né mai cantò sí ben la Filomena,
né per addormentare in mar Ulisse
15cantò sí dolcemente la Sirena.
     Iuno, per dimostrar ch’ella l’udisse,
mandò un lustro e sin a lor discese
come balen che subito venisse.
     Le ninfe di Diana inver’il paese,
20onde venne quel lustro, stavan vòlte,
con gli occhi rimirando e stando intese.
     Ed ecco come il raggio spesse volte
pare una via, che ’nsino a terra cada
fuor delle nubi, ove non son sí folte,
     25cosí da alto ingiú si fe’ una strada
dal loco, onde Iunon dovea venire,
lucida e stesa insin quella contrada.

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     Poi, come il chiaro Febo suol uscire
fuori dell’orizzonte la mattina,
30cosí vidi io per la strada apparire
     un nobil carro, e suso una regina
con corona di stelle e sí splendente,
come tra li mortal cosa divina.
     E quanto piú e piú venía presente
35agli occhi miei, tanto parea piú adorno,
maraviglioso il carro e piú eccellente.
     E mille ninfe avea intorno intorno
con corone di stelle in su la testa,
lucenti al sole ancor nel mezzogiorno.
     40E d’oro e celestina avean la vesta,
e cantando dicíen:— Viva Iunone!—
con suoni, balli, gioia e con gran festa.
     Il carro ad ogni rota avea un grifone,
pappagalli e pavon con belle penne
45intorno e sopra; e tre ’n ogni cantone.
     Poscia che ’l plaustro giú nel pian pervenne,
Diana il carro suo fe’ venir anco,
che gran bellezza ancora in sé contenne,
     di drappi adorno e d’ogni uccello bianco:
50mai vide Roma carro trionfante,
quant’era questo bel, né vedrá unquanco.
     Con piú di mille ninfe a lei davante
ella si mosse incontra a fare onore
alla regina, moglie al gran Tonante.
     55E poiché fu ballato ben due ore,
le ninfe di Iunon l’altre invitâro
a voler concertar con lor valore,
     dicendo:— Acciò che ben si mostri chiaro
chi usa meglio l’arco o voi o noi,
60se a voi piace, a noi anco sia caro.
     Di vostre ninfe due eleggete voi;
e noi due altre; e chi trarrá piú dritto,
da dea Iunon sia coronata poi.—

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     Alle dèe piacque cosí fatto ditto;
65e dea Diana una corona pose
nell’aer alta a lor per segno fitto,
     fatta di fiori e pietre preziose.
Per parte di Iunon, celeste dea,
vennono due ardite e valorose.
     70Una fu Ursenna e l’altra fu Lippea,
a me promessa, bella giovinetta;
ma che foss’ella, io ancora nol sapea.
     A lei diede Iunone una saetta
e l’arco eburneo bello ed inorato:
75tanto era grata a lei e tanto accetta.
     A campo incontra uscîr dall’altro lato
Lisbena e Pallia; e queste due son quelle,
che, ’nvitando Iunone, avean cantato.
     E patto fên tra lor quelle donzelle
80di trar tre volte; e chi piú ritto manda,
dé’ coronarsi le sue trecce belle.
     Pallia trasse prima alla grillanda,
coll’arco dirizzando a lei lo strale;
ma ello dechinò a destra banda.
     85Poi trasse Ursenna; e ferío altrettale,
sí che fu giudicato d’este due
che fosse il colpo loro ognuno eguale.
     Lisbena a saettar la terza fue
e die’ sí ritto, che quasi toccata
90fu la grillanda nelle frondi sue.
     Lippea trasse la quarta fiata
e ritto tanto, che toccò una fronde,
che cadde in terra dal colpo levata.
     Le sue compagne si fenno gioconde,
95perché credetton che dentro passasse;
ma spesso il fatto al creder non risponde.
     Pallia poi un’altra volta trasse,
prima pregando la sua dea Diana
che ’l dardo alla corona dirizzasse.

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     100Ma la saetta tratta andò lontana
dalla grillanda forse quattro dita,
sí che la prece e la spene fu vana.
     Lippea bella giá s’era ammannita,
e, dopo lei, col suo duro arco scocca
105una saetta leggiadra e polita.
     Da lei fu un poco la grillanda tócca,
non dalla punta, ma sol dalla penna,
c’ha la saetta appresso della cocca.
     E, dopo questa poscia, trasse Ursenna,
110Lisbena poi; e giá secondo il patto
due volte ognuna avea tratto a vicenna.
     Ognuna ancora avea a fare un tratto;
e Pallia pria, per aver la corona,
vòlta a Diana con riverente atto
     115disse:— Se mai, o dea, la mia persona
servito ha te con arco e con faretra,
a questo colpo la grillanda dona.—
     Poscia a misura, come un geomètra,
nella corona sí forte percosse,
120che ne fe’ d’ella sbalzare una pietra.
     Nel centro avrebbe dato, se non fosse
che Iuno in quella fe’ venire un vento,
che ’l dardo alquanto dal segno rimosse.
     Ursenna, lieta d’esto impedimento,
125prese la mira per voler poi trare,
col core e con lo sguardo ben attento.
     Non die’ nel mezzo, ov’ella credea dare;
ma la toccò e commossela alquanto,
ma non però che la fêsse voltare.
     130Ora in due era omai rimaso il vanto
della battaglia e della gran contesa;
e queste eran pregate da ogni canto.
     — Fa’, o Lisbena, che vinchi l’impresa
e getta sí, che non abbiam vergogna,
135con l’arco al segno e con la mente intesa.

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     — Soccorri, o dea Diana, or che bisogna
— disse Lisbena,— e se lo mio quadrello
tu fai che dentro alla grillanda io pogna,
     offerta farò a te d’un bianco agnello,
140di bianchi gigli e bianchi fior coperto,
e d’un bel cervio a Febo tuo fratello.
     Egli è signor e dio e mastro esperto
di trar con l’arco: egli ferí Fetonte,
il quale un gran paese avea deserto.—
     145Lippea ancora al ciel con le man gionte
a dio Cupido insú alzava il volto,
che stava meco ascosto a piè del monte.
     — Derizza il dardo mio, ti priego molto,
o dio d’amor, sí come tu percoti
150col dardo che nel cor a tanti è còlto.—
     Poich’ebbon fatti molti e grandi voti
e che pregato avean con gran desire,
mostrando gli atti e’ sembianti devoti,
     trasse Lisbena, a cui toccò il ferire;
155e ’l dardo dentro alla grillanda colse
in un de’ lati e torta la fe’ gire.
     In quel che la corona si rivolse,
gittò Lippea nella circonferenza;
e ’l dardo trapassolla e lí si folse.
     160Ora tra lor comincia grande intenza,
ché l’una e l’altra la grillanda vuole,
credendo ognuna aver giusta sentenza;
     e diceano a Diana este parole.