— Soccorri, o dea Diana, or che bisogna
— disse Lisbena,— e se lo mio quadrello
tu fai che dentro alla grillanda io pogna,
offerta farò a te d’un bianco agnello, 140di bianchi gigli e bianchi fior coperto,
e d’un bel cervio a Febo tuo fratello.
Egli è signor e dio e mastro esperto
di trar con l’arco: egli ferí Fetonte,
il quale un gran paese avea deserto.— 145Lippea ancora al ciel con le man gionte
a dio Cupido insú alzava il volto,
che stava meco ascosto a piè del monte.
— Derizza il dardo mio, ti priego molto,
o dio d’amor, sí come tu percoti 150col dardo che nel cor a tanti è còlto.—
Poich’ebbon fatti molti e grandi voti
e che pregato avean con gran desire,
mostrando gli atti e’ sembianti devoti,
trasse Lisbena, a cui toccò il ferire; 155e ’l dardo dentro alla grillanda colse
in un de’ lati e torta la fe’ gire.
In quel che la corona si rivolse,
gittò Lippea nella circonferenza;
e ’l dardo trapassolla e lí si folse. 160Ora tra lor comincia grande intenza,
ché l’una e l’altra la grillanda vuole,
credendo ognuna aver giusta sentenza;
e diceano a Diana este parole.