Il Quadriregio/Libro primo/II
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CAPITOLO II
Nel quale l'Amore prova per molti esempli che nessuno può far
resistenza a lui ed alle sue saette.
— Né ciel, né mar, né aer mai, né terra
potêro al foco mio far resistenza,
né all’arco dur, che mai ferendo egli erra.
Dall’alta sede della sua eccellenza
5fatt’ho discender piú fiate Iove
colle saette della mia potenza.
E lui mutai in cigno ed anco in bove,
ed in altre figur bugiarde e false,
senza mostrar le mie ultime prove.
10Nettunno freddo in mar tra l’acque salse
accese tanto il mio fuoco sacrato,
che l’Oceáno estinguer non gli valse.
Ma come fortemente innamorato
della fiera Medusa, che a lui piacque,
15e di cui ’l viso tanto gli fu grato,
gridava:— Io ardo tra le gelid’acque;—
perché ammortar non potea in sé l’ardore
mercé chiamando, a me soggetto giacque.
Pluton d’inferno, ove non fu ma’ amore,
20infiammai tanto col mio caldo foco,
che ’l feci innamorar col mio valore.
Proserpina, che stava in balli e gioco,
fei che rapío e feila far regina
del tristo inferno e dell’opaco loco.
25A Febo l’arte della medicina
niente valse contra l’arco mio,
né sapienza, né virtú divina;
ché, bench’e’ fosse saggio e fosse dio,
correndo il feci andar dietro a colei,
30la qual nel bello allòr si convertío.
Ahi quanti sono stati quelli dèi,
ch’i’ ho feriti, e quante le persone,
ch’i’ ho domate con li dardi miei!
Ercole forte, che vinse il lione
35e che all’idra sette teste estinse,
Cerbero prese e mozzòe Gerione;
in scambio della spada poi si cinse
la rocca e ’l fuso per la bella Iole:
tanto la fiamma e mia saetta il vinse.
40Per piú piacer, di fiori e di viole,
esperta all’elmo, adornava sua testa,
come dalle donzelle far si suole.
Tosto vedrai e tosto manifesta
sará a te in effetto la percossa,
45ch’io fe’ a Filena al sommo della vesta,
che gli ha passato giá la carne e l’ossa;
è giá intrato il caldo alle midolle
e giunto al core, ov’egli ha maggior possa.—
E poi mi fe’ sguardar su verso il colle
50ad una naida, che venia alla ’ngiúe,
alla quale io parlai com’ello volle;
ché quando insino a noi venuta fue,
la domandai:— Perché a quest’acqua amena
venuta se’? E, dimmi, chi se’ tue?
55— Una ninfa gentil ditta Filena
smarrita ha qui una bella grillanda
— rispose quella— e di questo ha gran pena.
E perché io la ritrovi ella mi manda,
e disse a me:— Io vidi un giovinetto,
60che corse lí, e però ne ’l dimanda.—
Ed anco d’altre cose ella m’ha detto:
saresti tu colui, che loda tanto,
che parve a lei di sí benigno aspetto?—
Cupido inver’ di me sorrise alquanto,
65quasi dicendo:— Or vedi la promessa
e la percossa, ch’io gli diei sul manto.—
E come chi da compagni si cessa,
perché parlar vuol tacito e quieto,
mi cessai solo per parlar con essa.
70— Naida mia— diss’io,— or mi fa’ lieto:
dimmi dov’è Filena, se tu ’l sai,
e se tu hai da lei alcun segreto.
— Rifa chiamata sono e seguitai
— rispose quella— giá la dea Diana,
75e fui nel suo cospetto accetta assai.
Ma una volta in una parte strana
fece una caccia in uno aspro paese,
ed io cacciando andai molto lontana.
Trovai un centauro, e per forza mi prese:
80oh lassa me, ch’i’ non ebbi potere
contra sua forza usar le mie difese!
Però Diana non vuol sostenere
ch’io vada piú con lei, ed hammi posta
che in guardia un fiumicel debba tenere.
85Io era lí, di lá dall’altra costa,
quando le ninfe con la smorta faccia
vidi fuggire, e nulla facean sosta,
sí come cervi che son messi in caccia,
quando dietro il lion va seguitando,
90o altra fiera fuggendo l’impaccia.
Ed io della cagion facea ’l domando
del fuggir loro, e Diana non vòlse
darme risposta insino allora quando
tutte le ninfe sue ella raccolse.
95Allor mi disse:— Qui mi fa fuggire
Cupido falso e sue infocate polse.
Ma io farò querela al sommo sire,
ché ’l regno mio piú volte a tradimento
con falsitá venuto egli è a assalire.—
100Poi cercò tutte e solo il vestimento
trovò a Filena, ch’era alquanto acceso,
il qual con l’acqua crese avere spento.
Ma giá quel foco sacro era disceso
dentro nel sangue, sí come s’accende
105un picciol foco nella stoppa appreso.
Il dí seguente, quando il sol risplende,
Diana prese le saette cónte;
ed ogni ninfa ancor suo arco prende,
però che seppon che di lá dal monte
110era di cervi venuta una schiera
a beverarsi ad una bella fonte.
Filena non andò, ma rimasta era,
ché di non poter ir prese la scusa
ancor pel colpo della polsa fiera.
115E per la fiamma, ch’ella avea rinchiusa
drento nel cor, faceva la donzella
come un ferito cervio di fare usa,
il qual non trova loco; e cosí ella
or si adornava di fioretti belli
120la testa sua, come sposa novella,
or sospirava ed or li suoi capelli
mostrava al sole e gli occhi, duo zaffiri,
poscia specchiava ne’ chiar fiumicelli.
Per tanti segni e per tanti sospiri
125io, ch’era giá di queste cose esperta,
conobbi dell’amor li gran martíri.
— Dimmi, Filena, e non tener coperta
la fiamma tua:— chiamandola da parte:—
per tanti segni— dissi— io ne son certa.—
130Rispose dopo assai lagrime sparte:
— Ahi lassa me! Amor d’un dardo d’oro
ferita m’ha con forza e con sua arte.
Però non ho seguito il sacro coro
di mie sorelle, sol perché m’aiuti:
135se non mi aiuti, o Rifa, oimè ch’io moro!—
Poscia che i suo’ martíri ebbi saputi,
venni per aiutarla e son discesa
non per grillanda o per fiori perduti.—
Quando quest’ambasciata io ebbi intesa,
140risponder voleva io:— La mente mia
è piú di lei ch’ella di me accesa;—
se non che quella naida n’andó via,
ed in poc’ora trascorse il viaggio
insino al loco ond’ella venne pria.
145Ond’io all’Amor:— Se se’ possente e saggio,
ora il vegg’io e priego, a me perdona,
se del tuo arco dissi mai oltraggio.—
Tempo era quasi presso in su la nona,
ed io pregava che andassimo ratto,
150colui che a gir ratto ogni altro sprona,
dicendo:— Quando è l’ora, è il tempo adatto;
se poi s’indugia e perdesi quel punto,
spesse volte l’effetto non vien fatto.—
Poscia ch’io fui all’altro colle giunto,
155vidi Filena lá dal fiumicello,
di cui l’Amor m’avea il cor trapunto.
Di fiori adorno avea lo capo bello;
e perché il fiume correa giuso al basso,
però discesi ed appressaime ad ello.
160Quando per gire a lei io movea il passo
per entro il fiume, udii sonare un corno,
il qual mi tolse allora ogni mio spasso.
Filena disse:— La dea fa ritorno;
oimè, fuggi via tosto;— e poi levosse
165i fior, de’ quali il capo avea adorno.
Ed incontra alle ninfe ella si mosse,
le qua’ tornavan liete con le prede;
ed indi anche Cupido me rimosse,
dicendo a me:— Se Diana ti vede,
170come Acteon, quando da lei fu visto,
trasmutar ti fará da capo a piede.—
Come colui che crede fare acquisto
di quel che piú desia, e viengli invano,
cosí io me scornai e feime tristo.
175E lagrimando ingavicchiai la mano,
e risguardava la nobile ’manza
da un boschetto non molto lontano.
Oh credula anco e fallace speranza,
confortatrice all’uom nelle gran pene,
180che, mentre perdi, acquistar hai fidanza!
Ancor nel core mi dicea la spene:
— Anco avverrá che Filena rimagna,
se a Diana partir gli conviene.—
Poi volle andar la dea alla montagna;
e per non gire, io credo, mille prece
185fece Filena e Rifa sua compagna.
Ella non assentí, ma gir le fece
amendue seco, e Filena lo sguardo
volse a me, andando, volte piú di diece;
e, mentre andava in su, mi gittò un dardo.