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CAPITOLO II
Nel quale l'Amore prova per molti esempli che nessuno può far
resistenza a lui ed alle sue saette.
— Né ciel, né mar, né aer mai, né terra
potêro al foco mio far resistenza,
né all’arco dur, che mai ferendo egli erra.
Dall’alta sede della sua eccellenza
5fatt’ho discender piú fiate Iove
colle saette della mia potenza.
E lui mutai in cigno ed anco in bove,
ed in altre figur bugiarde e false,
senza mostrar le mie ultime prove.
10Nettunno freddo in mar tra l’acque salse
accese tanto il mio fuoco sacrato,
che l’Oceáno estinguer non gli valse.
Ma come fortemente innamorato
della fiera Medusa, che a lui piacque,
15e di cui ’l viso tanto gli fu grato,
gridava:— Io ardo tra le gelid’acque;—
perché ammortar non potea in sé l’ardore
mercé chiamando, a me soggetto giacque.
Pluton d’inferno, ove non fu ma’ amore,
20infiammai tanto col mio caldo foco,
che ’l feci innamorar col mio valore.
Proserpina, che stava in balli e gioco,
fei che rapío e feila far regina
del tristo inferno e dell’opaco loco.
25A Febo l’arte della medicina
niente valse contra l’arco mio,
né sapienza, né virtú divina;