Il Conte di Carmagnola/Atto terzo/Scena II

Atto terzo - Scena seconda

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Atto terzo - Scena I Atto terzo - Scena III

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SCENA II.

IL SECONDO COMMISSARIO, e detti.

secondo commissario.


(al conte)


                                                  Signor, se tosto
Non correte al riparo, una sfacciata
Perfidia s’affatica a render vana
Sì gran vittoria; e già l’ha fatto in parte.

il conte.


Come?

secondo commissario.


               I prigioni escon dal campo a torme;
I condottieri ed i soldati a gara
Li mandan sciolti, nè tener li puote
Fuor che un vostro comando.

il conte.


                                                  Un mio comando?

secondo commissario.


Esitereste a darlo?

il conte.


                              È questo un uso
Della guerra, il sapete. È così dolce
Il perdonar quando si vince! e l’ira
Presto si cambia in amistà ne’ cori
Che batton sotto il ferro. Ah! non vogliate
Invidiar sì nobil premio a quelli
Che hanno per voi posta la vita, ed oggi
Son generosi, perchè ier fur prodi.

secondo commissario.


Sia generoso chi per sè combatte,
Signor; ma questi, e ad onor l’hanno, io credo.
Al nostro soldo han combattuto; e nostri
Sono i prigioni.

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il conte.


                              E voi potete adunque
Creder così: quei che gli han visti a fronte,
Che assaggiaro i lor colpi, e che a fatica
Su lor le mani insanguinate han poste,
Noi credean sì di leggieri.

primo commissario.


                                                  È questa
Dunque una giostra di piacer? Non vince
Per conservar, Venezia? E vana al tutto
Fia la vittoria?

il conte.


                              Io già l’udii, di novo
La devo udir questa parola: amara,
Importuna mi vien come l’insetto
Che, scacciato una volta, anco a ronzarmi
Torna sul volto... La vittoria è vana?
Il suol d’estinti ricoperto, sparso
E scoraggiato il resto... Il più fiorente
Esercito! col qual, se unito ancora
E mio foss’egli, e mio davver, torrei
A correr tutta Italia; ogni disegno
Dell’inimico al vento; anche il pensiero
Dell’offesa a lui tolto; a stento usciti
Dalle mie mani, e di fuggir contenti
Quattro tai duci, contro a’ quai pur ieri
Era vanto il resistere; svanito
Mezzo ii terror di que’ gran nomi; ai nostri
Raddoppiato l’ardir che agli altri è scemo;
Tutta la scelta della guerra in noi;
Nostre le terre ch’egli ha sgombre... è nulla?
Pensate voi che torneranno al Duca
Que’ prigioni? che l’amino? che a loro
Caglia di lui più di voi? ch’egli abbiano
Combattuto per esso? Han combattuto
Perchè all’uomo che segue una bandiera,
Grida una voce imperiosa in core:
Combatti, e vinci. E’ son perdenti; e’ sono
Tornati in libertà; si venderanno...
Oh! tale ora è il soldato... a chi primiero
Li comprerà... Comprateli, e son vostri.

primo commissario.


Quando assoldammo chi dovea con essi
Pugnar, comprarli noi credemmo allora.

secondo commissario.


Signor, Venezia in voi si fida; in voi
Vede essa un figlio; e quanto all’util suo,

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Alla sua gloria può condur, s’aspetta
Che si faccia da voi.

il conte.


                                        Tutto ch’io posso.

secondo commissario.


Ebben, che non potete in questo campo?

il conte.


Quel che chiedete: un uso antico, un uso
Caro ai soldati violar non posso.

secondo commissario.


Voi che nulla resiste, a cui sì pronto
Tien dietro ogni voler, sì ch’uom non vede
Se per amore o per timor si pieghi,
Voi non potreste in questo campo, voi
Fare una legge, e mantenerla?

il conte.


                                                            Io dissi
Ch’io non potea: meglio or dirò: nol voglio.
Non più parole; con gli amici è questo
Il mio costume antico, ai giusti preghi
Soddisfar tosto e lietamente, e gli altri
Apertamente rifiutar. Soldati!

secondo commissario.


Ma... che disegno è il vostro?

il conte.


                                                  Or lo vedrete.

(a un soldato che entra)


Quanti prigion restano ancora?

il soldato.


                                                            Io credo
Quattrocento, signor.

il conte.


                                        Chiamali... chiama
I più distinti..... quei che incontri i primi:
Vengan qui tosto.

(parte il soldato)


                              Io ’l potrei certo.... Ov’io
Dessi un tal cenno, non s’udria nel campo
Una repulsa; ma i miei figli, i miei
Compagni del periglio e della gioia,
Quei che fidano in me, che un capitano
Credon seguir sempre a difender pronto
L’onor della milizia ed il vantaggio,
Io tradirli così! Farla più serva,
Più vil, più trista che non è!.... Signori,

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Fidente io son, come i soldati il sono;
Ma se cosa or da me chiedete a forza,
Che mi tolga l’amor de’ miei compagni,
Se mi volete separar da quelli,
E a tal ridurmi ch’io non abbia appoggio
Altro che il vostro, mio malgrado il dico,
M’astringerete a dubitar.....

secondo commissario.


                                                  Che dite!