<dc:title> Il Conte di Carmagnola </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Alessandro Manzoni</dc:creator><dc:date>1828</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Opere varie (Manzoni).djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_Conte_di_Carmagnola/Atto_terzo/Scena_II&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20221010165035</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_Conte_di_Carmagnola/Atto_terzo/Scena_II&oldid=-20221010165035
Il Conte di Carmagnola - Atto terzo - Scena seconda Alessandro ManzoniOpere varie (Manzoni).djvu
Signor, se tosto
Non correte al riparo, una sfacciata
Perfidia s’affatica a render vana
Sì gran vittoria; e già l’ha fatto in parte.
il conte.
Come?
secondo commissario.
I prigioni escon dal campo a torme;
I condottieri ed i soldati a gara
Li mandan sciolti, nè tener li puote
Fuor che un vostro comando.
il conte.
Un mio comando?
secondo commissario.
Esitereste a darlo?
il conte.
È questo un uso
Della guerra, il sapete. È così dolce
Il perdonar quando si vince! e l’ira
Presto si cambia in amistà ne’ cori
Che batton sotto il ferro. Ah! non vogliate
Invidiar sì nobil premio a quelli
Che hanno per voi posta la vita, ed oggi
Son generosi, perchè ier fur prodi.
secondo commissario.
Sia generoso chi per sè combatte,
Signor; ma questi, e ad onor l’hanno, io credo.
Al nostro soldo han combattuto; e nostri
Sono i prigioni.
E voi potete adunque
Creder così: quei che gli han visti a fronte,
Che assaggiaro i lor colpi, e che a fatica
Su lor le mani insanguinate han poste,
Noi credean sì di leggieri.
primo commissario.
È questa
Dunque una giostra di piacer? Non vince
Per conservar, Venezia? E vana al tutto
Fia la vittoria?
il conte.
Io già l’udii, di novo
La devo udir questa parola: amara,
Importuna mi vien come l’insetto
Che, scacciato una volta, anco a ronzarmi
Torna sul volto... La vittoria è vana?
Il suol d’estinti ricoperto, sparso
E scoraggiato il resto... Il più fiorente
Esercito! col qual, se unito ancora
E mio foss’egli, e mio davver, torrei
A correr tutta Italia; ogni disegno
Dell’inimico al vento; anche il pensiero
Dell’offesa a lui tolto; a stento usciti
Dalle mie mani, e di fuggir contenti
Quattro tai duci, contro a’ quai pur ieri
Era vanto il resistere; svanito
Mezzo ii terror di que’ gran nomi; ai nostri
Raddoppiato l’ardir che agli altri è scemo;
Tutta la scelta della guerra in noi;
Nostre le terre ch’egli ha sgombre... è nulla?
Pensate voi che torneranno al Duca
Que’ prigioni? che l’amino? che a loro
Caglia di lui più di voi? ch’egli abbiano
Combattuto per esso? Han combattuto
Perchè all’uomo che segue una bandiera,
Grida una voce imperiosa in core:
Combatti, e vinci. E’ son perdenti; e’ sono
Tornati in libertà; si venderanno...
Oh! tale ora è il soldato... a chi primiero
Li comprerà... Comprateli, e son vostri.
primo commissario.
Quando assoldammo chi dovea con essi
Pugnar, comprarli noi credemmo allora.
secondo commissario.
Signor, Venezia in voi si fida; in voi
Vede essa un figlio; e quanto all’util suo,
Alla sua gloria può condur, s’aspetta
Che si faccia da voi.
il conte.
Tutto ch’io posso.
secondo commissario.
Ebben, che non potete in questo campo?
il conte.
Quel che chiedete: un uso antico, un uso
Caro ai soldati violar non posso.
secondo commissario.
Voi che nulla resiste, a cui sì pronto
Tien dietro ogni voler, sì ch’uom non vede
Se per amore o per timor si pieghi,
Voi non potreste in questo campo, voi
Fare una legge, e mantenerla?
il conte.
Io dissi
Ch’io non potea: meglio or dirò: nol voglio.
Non più parole; con gli amici è questo
Il mio costume antico, ai giusti preghi
Soddisfar tosto e lietamente, e gli altri
Apertamente rifiutar. Soldati!
secondo commissario.
Ma... che disegno è il vostro?
il conte.
Or lo vedrete.
(a un soldato che entra)
Quanti prigion restano ancora?
il soldato.
Io credo
Quattrocento, signor.
il conte.
Chiamali... chiama
I più distinti..... quei che incontri i primi:
Vengan qui tosto.
(parte il soldato)
Io ’l potrei certo.... Ov’io
Dessi un tal cenno, non s’udria nel campo
Una repulsa; ma i miei figli, i miei
Compagni del periglio e della gioia,
Quei che fidano in me, che un capitano
Credon seguir sempre a difender pronto
L’onor della milizia ed il vantaggio,
Io tradirli così! Farla più serva,
Più vil, più trista che non è!.... Signori,
Fidente io son, come i soldati il sono;
Ma se cosa or da me chiedete a forza,
Che mi tolga l’amor de’ miei compagni,
Se mi volete separar da quelli,
E a tal ridurmi ch’io non abbia appoggio
Altro che il vostro, mio malgrado il dico,
M’astringerete a dubitar.....