Il Conte di Carmagnola/Atto terzo/Scena III

Atto terzo - Scena terza

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SCENA III.

I PRIGIONIERI, tra i quali PERGOLA figlio, e detti.

il conte.


(ai prigionieri)


O prodi indarno, o sventurati!... A voi
Dunque fortuna è più crudel? Voi soli
Siete alla trista prigionia serbati?

un prigioniero.


Tale, eccelso signor, non era il nostro
Presentimento: allor che a voi dinanzi
Fummo chiamati udir ci parve il messo
Di nostra libertà. Già tutti l’hanno
Ricovrata color che agli altri duci,
Minor di voi, caddero in mano; e noi...

il conte.


Voi, di chi siete prigionier?

il prigioniero.


                                                  Noi fummo
Gli ultimi a render l’armi. In fuga o preso
Già tutto il resto, ancor per pochi istanti
Fu sospesa per noi l’empia fortuna
Della giornata; alfin voi feste il cenno
D’accerchiarci, o signor: soli, non vinti,
Ma reliquie de’ vinti, al drappel vostro...

il conte.


Voi siete quelli? Io son contento, amici,
Di rivedervi; e posso ben far fede
Che pugnaste da prodi: e se tradito
Tanto valor non era, e pari a voi
Sortito aveste un condottier, non era
Piacevol tresca esservi a fronte.

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il prigioniero.


                                                            Ed ora
Ci fia sventura il non aver ceduto
Che a voi, signore? E quelli a cui toccato
Men glorioso è il vincitor, l’avranno
Trovato più cortese? Indarno ai vostri
La libertà chiedemmo; alcun non osa
Dispor di noi senza l’assenso vostro;
Ma cel promiser tutti. Oh! se potete
Mostrarvi al Conte, ci dicean; non egli
Certo dei vinti aggraverà la sorte;
Non fia certo per lui tolta un’antica
Cortesia della guerra,..... ei che sapria
Esser piuttosto ad inventarla il primo.

il conte.


(ai commissari)


Voi gli udite, o signori.... Ebben, che dite?....
Voi, che fareste?....

(ai prigionieri)


                                   Tolga il ciel che alcuno
Più altamente di me pensi ch’io stesso.
Voi siete sciolti, amici. Addio: seguite
La vostra sorte, e s’ella ancor vi porta
Sotto una insegna che mi sia nemica...
Ebben, ci rivredemo.

(segni di gioia tra i prigionieri, che partono;
il conte osserva il pergola figlio, e lo ferma)


                                   O giovinetto,
Tu del volgo non sei; l’abito, e il volto
Ancor più chiaro il dice: e ti confondi
Con gli altri, e taci?

pergola figlio.


                                   O capitano, i vinti
Non han nulla da dir.

il conte.


                                   La tua fortuna
Porti così, che ben ti mostri degno
D’una miglior. Qual è il tuo nome?

pergola figlio.


                                                            Un nome
Cui crescer pregio assai difficil fia,
Che un grande obbligo impone a chi lo porta;
Pergola è il nome mio.

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il conte.


                                        Che? Tu sei figlio
Di quel valente?

pergola figlio.


                              Il son.

il conte.


                                             Vieni ed abbraccia
L’antico amico di tuo padre. Io era
Quale or tu sei, quando il conobbi in prima.
Tu mi rammenti i lieti giorni, i giorni
Delle speranze. E tu fa cor: fortuna
Più giocondi princìpi a me concesse:
Ma le promesse sue sono pei prodi;
E presto o tardi essa le adempie. Il padre
Per me saluta, o giovinetto, e digli
Ch’io non tel chiesi, ma che certo io sono
Ch’ei non volea questa battaglia.

pergola figlio.


                                                            Ah! certo,
Non la volea; ma fur parole al vento.

il conte.


Non ti doler: del capitano è l’onta
Della sconfitta; e sempre ben comincia
Chi da forte combatte ove fu posto.
Vien meco;

(lo prende per mano)


                    ai duci io vo’ mostrarti, io voglio
Renderti la tua spada.

(ai commissari)


                                        Addio, signori;
Giammai pietoso coi nemici vostri
Io non sarò, che dopo averli vinti.

(partono il conte e pergola figlio).