Idilli (Teocrito - Pagnini)/XVII
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ENCOMIO DI TOLOMEO
Idillio XVII.
Da Giove cominciamo, e fine in Giove,
Muse, facciam, quando fra i Numi il sommo
Per noi si prende a celebrar col canto.
Ma fra i mortali a Tolomeo diam nome
Nel principio, nel mezzo, e nell’estremo.
Ei di tutti è il più degno. I prischi Eroi
Scesi da’ Semidei, quando gran prove
Fornir, saggi cantori ebbero in sorte,
Io del colto parlar maestro un inno
A Tolomeo sciorrò: Gl’inni son premio
De’ Numi stessi. Un segator, che ascese
Ida selvoso, attento guata, ond’abbia
A dar principio al gran lavor, che ha intorno.
Che narrerò prima di tutto? Innanzi
Veggiomi i doni immenși, onde gli Dei
L’alto Regnante ornaro. Infra i suoi padri
Quanto fu destro alle grand’opre il figlio
Di Lago, poichè fisso in cor s’avea
Consiglio che vinceva ogni intelletto?
Ben al Numi beati in pregio uguale
Lo rese il padre Giove, e albergo d’oro
Fugli in sua casa eretto. Accanto a lui
Sta l’amico Alessandro, infesto Nume
A’ Persi, e destro in aggirar consigli.
In faccia a loro in solido adamante
Al tauricida Alcide un seggio è posto,
Ov’ei con gli altri abitator del Cielo
Siede a convito, e de’ nepoti ognora
De’ suoi nepoti oltr’uso si compiace.
Perocchè dalla squallida vecchiezza
Giove lor membra terse, onde nomati
Furo immortali i discendenti suoi.
Conversi in Numi; poichè il figlio invitto
D’Alcide a entrambi origin diede, e Alcide
Entrambi fanno di lor ceppo autore.
Perciò quand’ei da mensa un dì satollo
Dell’odoroso nettare tornossi
Alla diletta moglie, all’un diè l’arco,
E la faretra onor del fianco, all’altro
Diè la ferrata noderosa mazza.
Or reçan essi al talamo beato
D’Ebe candida i piè quest’armi, e scorta
Fansi al buon Genitor figlio di Giove.
Ma qual pur anco infra le sagge donne
Berenice famosa alto rifulse
Gloria de’ genitor! Con le man molli
Palpò a lei certo l’odoroso seno
La veneranda figlia di Diona,
Che in Cipro regna; onde nessuna ancora
Donna mai tanto a suo marito piacque,
Quanto amò Tolomeo la sua Consorte;
Bench’ei più riamato era da lei.
E or de’ figli securo a lor commette
Tutta la casa, allorchè amante sposo
Dell’amorosa moglie il letto ascende.
Moglie disamorata ha sempre altrove
Il cor rivolto. È facile alla prole;
Ma la prole non vien simile al padre.
O sovrana in beltà fra tutte Dee
Alma Ciprigna, a te fu sempre in cura,
E tua mercè la vaga Berenice
Non varcò il lamentevole Acheronte.
Ma prima che giungesse al nero stagno,
E al sempre truce traghettier dell’Ombre,
Nel tempio la rapisti; e colà parte
Degli onor tuoi le festi. Ella or cortese
Inverso tutti amor soavi inspira,
E lievi rende all’amador le cure.
Giunta a Tideo tu, nericiglia Argiva,
N’avesti il Calidonio Diomede
Di stragi portator; da Peleo Teti
Colma il bel seno il saettante Achille;
E di te pure, o Tolomeo guerriero,
Per opra del guerriero Tolomeo
Fu illustre madre Berenice. E Coo
Te dal materno sen, tosto che all’alba
Aprìsti i rai, novello germe accolse,
Ed allevò. Poichè fra i duol del parto
D’Antigona la figlia ivi a Lucina
Scioglitrice del cinto alzò la voce.
La qual pietosa se le assise a lato,
E indolenza le infuse in tutti i membri;
Poi nacque il buon garzon simile al padre.
Coo rimirollo, e fra le braccia amiche
Lo prese alto gridando: A te, fanciullo,
Fortuna arrida; e quanto il biondo Apollo
Onorò Delo dall’azzurro cerchio,
Tu me altrettanto onora. E tu comparti
Di Triope al colle, ed ai vicini Dori
Onore e pregio uguale a quel, che appresta
All’amata Renea l’augusto Febo.
Tal l’Isola parlò: tre volte il fausto
Di Giove augel mandò dall’alto un suono
Infra le nubi: ecco di Giove un segno.
Il venerando Re di Giove è cura.
Grande è quell’uom, cui di Saturno il figlio
Ama al primo apparir. Dietro a lui corre
Molta ricchezza. A molta terra, e mare
Ei l’impero distende. Immensi campi,
E popoli infiniti a lui le biade
Dalla pioggia di Giove alimentate
Propagan. Nè già v’ha terren fecondo
Al par del basso Egitto; allorchè il Nilo
L’umide zolle a stritolar vien fuori.
Nè alcun tante ha Città piene d’industri
Artieri. A lui ne surgono trecento
Tentratre mila, e trentanove appresso;
E il prode Tolomeo su tutte regna.
Ei divide con altri la Fenicia,
L’Arabia, la Sorìa, la Libia, e i bruni
Etiopi; e tutti dal suo cenno pendono
Que’ di Panfilia, e i forti di Cilicia:
I Licj, i guerrier Carj, e in un le Cicladi,
Perocchè a’ cenni suoi perfette navi
Solcano il mare, e mari e terre e fiumi
Alto sonanti a Tolomeo son ligj.
Molti a lui cavalier, molti scudati
Brillano avvolti in fulgido metallo.
Ei supera in aver tutti i monarchi;
Tal dovizia ogni di’ vien d’ogni banda
Alla sua casa, e i popoli tranquilli
Stanno intenti al lavor. Nessun nemico
Vien pel Nilo fecondo di gran pesci
A destar guerra a piè nell’altrui ville.
Nè alcuno infesto agli Egiziani armenti
Armato di corazza esce sul lido
Da rapida feluca, or che fa veglia
Su le larghe pianure Eroe sì chiaro,
Il biondo Tolomeo perito in lancia,
Cui sovr’ogn’altro cal serbare intatto
(Come a buon Re conviene) il suo retaggio,
Poi nuovi acquisti fa. Nè inutil l’oro
Nelle sue ricohe stanze ognor riposa.
Qual tesor di formiche affaticate.
Ma n’han gran parte le magioni illustri
De’ Numi, a’ quali infra molt’altri doni
Offre ognor le primizie; e molto ancora
Ai regnator possenti ne dispensa,
E molto alle Cittadi, e a’ buoni amici.
Nè viene alcun di Bacco ai sacri agoni
Perito in modular canori accenti,
Che premio all’arte ugual non ne riporti.
Delle Muse i ministri a lui dan vanto
Pel suo cor liberale. E che di meglio
Un ricco ottener può, che onore, e fama?
Questa agli Atridi intiera resta, e quelle
Ricchezze immense, che predar nell’alta
Casa di Priamo, or cela (e chi sa dove?)
Caligin tetra, che ogni via lor chiude.
Ei sol sull’orme va de’ prischi padri
Quasi ancor calde, e ben le agguaglia e imita.
Ei profumati templi eresse al padre,
E alla diletta madre, e lor fregiati
D’avorio, e d’oro ivi ripose; e a tutte
Le genti rese lor propizj Numi.
E al ritornar di certi mesi abbrucia
Su l’are rosseggianti i pingui terghi
Di tori ei stesso, e la valente moglie,
Di cui nessuna donna in suo palagio
Miglior consorte infra le braccia stringe,
Di cuore amando il suo fratello, e sposo.
Tai le nozze già fur degl’Immortali,
Che partorì la dominante Rea,
Regnatori d’Olimpo, allorchè a’ sonni
Di Giove e di Giunon compose un letto
Con profumate man la vergine Iri.
Salve, o Re Tolomeo. Per me n’andrai
Famoso al par degli altri Semidei.
Alle future età medito sciorre
Un non ignobil carme. Or tu da Giove
Il buon valore co’ tuoi preghi impetra.