Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Offre ognor le primizie; e molto ancora
Ai regnator possenti ne dispensa,
E molto alle Cittadi, e a’ buoni amici.
Nè viene alcun di Bacco ai sacri agoni
Perito in modular canori accenti,
Che premio all’arte ugual non ne riporti.
Delle Muse i ministri a lui dan vanto
Pel suo cor liberale. E che di meglio
Un ricco ottener può, che onore, e fama?
Questa agli Atridi intiera resta, e quelle
Ricchezze immense, che predar nell’alta
Casa di Priamo, or cela (e chi sa dove?)
Caligin tetra, che ogni via lor chiude.
Ei sol sull’orme va de’ prischi padri
Quasi ancor calde, e ben le agguaglia e imita.
Ei profumati templi eresse al padre,
E alla diletta madre, e lor fregiati
D’avorio, e d’oro ivi ripose; e a tutte
Le genti rese lor propizj Numi.
E al ritornar di certi mesi abbrucia
Su l’are rosseggianti i pingui terghi
Di tori ei stesso, e la valente moglie,
Di cui nessuna donna in suo palagio
Miglior consorte infra le braccia stringe,
Di cuore amando il suo fratello, e sposo.
Tai le nozze già fur degl’Immortali,
Che partorì la dominante Rea,
Regnatori d’Olimpo, allorchè a’ sonni
Di Giove e di Giunon compose un letto
Con profumate man la vergine Iri.
Salve, o Re Tolomeo. Per me n’andrai
Famoso al par degli altri Semidei.
Alle future età medito sciorre
Un non ignobil carme. Or tu da Giove
Il buon valore co’ tuoi preghi impetra.