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Teocrito - Idilli (III secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Luca Antonio Pagnini
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IV VI
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I VIANDANTI,
OVVERO I CANTORI BUCCOLICI

Idillio V

Comata e Lacone.

comata
Lontane da Lacon, caprette mie,
     Da quel ch’è mandrian del Sibarita.
     Ei m’involò testè la mia pelliccia.

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lacone
E non partite ancor dalla fontana,
     Agnelle? non vedete là Comata
     Che dianzi mi rubò la mia sampogna!
comata
Quale sampogna? quando avestù mai
     Servo del Sibarita, una sampogna?
     Forse non basta a te con Coridone
     Soffiar stridendo in un cannel di paglia?
lacone
Quella, che Licon diemmi, o gentiluomo.
     Ma qual pelliccia ti furò Lacone,
     Dimmi, Comata, se neppur Enmara
     Tuo Padron n’avev’una ove dormire?
comata
Quella vaja, che Crocilo donommi,
     Quando alle Ninfe egli immolò una capra;
     E tu, maligno, d’aschio ti struggevi
     Ed hai voluto alfin vedermi ignudo.
lacone
Per Pan del lido a te Lacone figlio
     Del buon Caleti non rubò pelliccia.
     Se il fei, buon uomo, i’possa in furor vôlto
     Giù da quel sasso fare un salto in Crati.
comata
Per le palustri Ninfe (e ben propizie,
     E amiche ognor le bramo), a te Comata
     Non tolse, o galantuom, la tua sampogna.
lacone
S’io ti do fede, che poss’io di Dafni
     Tutti i mali soffrir. Ma se un capretto
     (Giacchè nulla evvi sacro) or vuoi deporre
     Io ti sfido a cantar, finchè tu cagli.
comata
Giusto: anche il porco un dì sfidò Minerva.

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     Ecco il capretto. Or a te sta deporre
     Un ben pasciuto agnello.
lacone
                                             È giusto il patto,
     Volpe? E chi mai per lana tosò peli?
     E chi mugner vorrà presso una capra
     Di primo parto una distrutta cagna?,
comata
Chiunque come tu sicuro tiensi
     Di vincere il vicin, vespa che ronza
     Rimpetto a una cicala. Or non è giusto
     Un capretto: ecco un capro; e tu, comincia.
lacone
Aspetta un po’, se non hai dietro il foco.
     Ben canterai con più diletto assiso
     Sotto quell’oleastro in que’ boschetti,
     Là zampilla acqua fresca, e l’erba adulta
     Fa letto, e s’ode il cicalar de’ grilli.
comata
Io non ho fretta; ma mi punge troppo,
     Che tu pur osi fissar gli occhi in faccia
     A me; che da fanciul t’ammaestrai.
     Ecco il far ben che frutta. Alleva cani,
     Alleva lupicin, perchè ti mangino.
lacone
Quando sovviemmi aver nulla di buono
     Da te imparato, oppur sol anche udito,
     Omicciattol da nulla invidioso?
comata
Quand’io... Ben mi capiscì, e tu strillavi
     Belando sotto il becco le caprette.
lacone
Non possi mai tu, gobbo, andar più al fondo
     Di quel che andasti allor. Ma tu quà vieni,
     E poscia canterai.

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Comata
                                             Non vo’ venire.
     Qui son ciperi e querce, e qui le pecchie
     Fan presso gli alveari un grato ronzo:
     Qui due fontane son di gelid’acqua:
     Garriscon su per l’arbore gli augelli,
     Nè paragon con questa ha cotest’ombra.
     E là d’alto quel pin le pine scaglia.
lacone
Sovra pelli d’agnello e sovra lane
     T’adagerai più soffici del sonno,
     Se tu vien qua da me, dove le tue
     Di becco olezzan peggio di te stesso.
     E alle Ninfe porrò di bianco latte
     Una gran tazza, e d’olio grato un’altra
Comata
E se tu vien da me, t’adagerai
     Su molle felce, e florido puleggio,
     E su pelli di capre delicate
     Più quattro volte delle tue d’agnello.
     Ben otto secchie a Pan porrò di latte
     E otto conche di favi pien di mele.
lacone
Tu meco di costà gareggia e canta.
     Sul tuo ti resta, e le tue querce tienti.
     Ma chi deciderà fra noi la lite?
     Qua il bifolco Licopa almen venisse.
Comata
Per me non n’ho bisogno. E, se a te piace
     Chiamiam quell’uom, che scheggia colla scure
     Vicino a te le querce. Egli è Morsone.
lacone
Chiamiamlo.
Comata
                              Chiamal tu.

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lacone
                                                            Qua, galantuomo.
     Ascolta un po’. Noi disputiam chi sappia
     Meglio cantar. Non abbi a me rispetto,
     Caro Morson, nè favorir costui.
comata
Sì per le Ninfe, sì; nè far vantaggio
     A Comata, o Morson, nė a lui favore.
     Ve’ quel gregge è di Turio Sibarita,
     Le capre son del Sibarita Eumara.
lacone
E chi per Giove ti chiedea, s’è il gregge
     Del Sibarita, o mio, ciarlon malvagio?
comata
O dabbenissim’uomo, io parlo schietto,
     Non mi millanto. Oh tu sei pur rissoso!
lacone
Di’, se vuoi dire, e costui lascia ir vivo
     Alla Città. Gran Febo! Affè tu secchi.
comata
Le Muse aman più me, che il cantor Dafni;
     Ed io lor dianzi due caprette uccisi.
lacone
Febo vuolmi assai bene; ed io gli pasco
     Per le Carnee vicine un bel montone.
comata
Mungo ogni capra fuor di due, e la bella
     Mi guata, e dice: o poverin, tu mugni?
lacone
Ah, ah! venti panieri empio di latte,
     E poi tra’ fiori un bel fanciullo ho a lato.
comata
Clearista al caprar, che innanzi caccia
     Le capre, scaglia pomi, e dolce fischia.

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lacone
Cratida liscio innanzi viemmi, e in furia
     Mi mette, e i tersi crin sul collo scote.
comata
Non son rovo, nè anemone da porre
     Con le rose fiorenti appo le siepi.
lacone
Nè le montane mele con le ghiande,
     Quelle melate, e queste legno e scorza.
comata
Voglio ir per mia fanciulla un bel palom
     A prender sul ginepro, ov’egli cova.
lacone
E quand’io toserò l’agnella nera,
     Darò la molle lana in vesta a Cratida.
comata
Lungi dall’oleastro, o belatrici:
     Venite qua al pendio fra i tamarisci.
lacone
Via dalla quercia, Conaro e Cineta:
     Non pascete a levante, ov’è Falaro?
comata
Di Prassitele un secchio, ed una tazza
     Fatti in cipresso alla mia bella serbo.
lacone
Guardian del gregge un can, che i lupi strozza,
     Al mio garzon darò per cacciar fiere.
comata
Locuste, che saltate entro i recinti,
     Le mie tenere viti rispettate.
lacone
Cicale, com’aizzo ora il caprajo,
     Sì voi sempre aizzate i mietitori.
comata
Odio le volpi di pelosa coda,

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     Che a sera spoglian di Milon le viti.
lacone
Ed io gli scarafaggi odio, che in alto
     A roder vanno di Filonda i fichi.
comata
Non ti sovvien, quand’io scoteați, e dietro
     La quercia t’agitavi a denti stretti?
lacone
No. Ma sovviemmi ben d’allor, ch’Eumara
     Qui ti legava, e ti pulìa le spalle.
comata
Ve’ chi l’amaro ha in bocca. Il sai, Morsone?
     Va, svelli d’un sepolcro antiche scille.
lacone
Io frugo un non so chi. Morson, tel vedi,
     Va, sbarba presso Alente il pan porcino.
comata
Latte per acqua Imera corra, e Crati
     Di vin rosseggi, e il giunco metta frutti.
lacone
Corra anche mel la Sibariti, e favi
     Doman per acqua la donzella attinga.
comata
Mangia citiso, ed egilo il mio gregge,
     Sul corbezzolo posa, e pesta il giunco.
lacone
Mie pecore gran pasto han di melissa;
     E come rose l’edra alta fiorisce.
comata
Non amo Alcippa, a cui donai il palombo,
     Nè mi pigliò le orecchie per baciarmi.
lacone
Ed io molt’amo Eumede, che di baci
     Largo mi fu, quand’io gli diedi il flauto.
comata
Le putte agli usignuoi, l’upupe ai cigni

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     Mal fanno guerra: e tu le liti compri.
morsone
Silenzio impongo al pecorajo; e l’agna,
     Comata, a te dona Morson. Sì tosto
     Che alle Ninfe avrai fatto sacrificio,
     Manda a Morsone un bel pezzo di carne.
comata
A fè di Pan l’avrai. Tutto or di gioja,
     Branco d’irchi, stiamazza. Io mi sganascio
     Per Lacon pecorajo, a cui buscato
     Sonmi l’agnello al fin. Do salti al Cielo.
     Fate pur core, o mie cornute capre.
     Tutte doman vi laverò nel fonte
     Di Sibariti. Cozzator bianchetto,
     Ve’, se pria che svenato abbia alle Muse
     L’agnel, monti qualcuna, i’ ti fracasso.
     O va pur là. S’io non ti fiacco l’ossa,
     Possa Comata diventar Melantio.