I suicidi di Parigi/Episodio secondo/VII

Episodio secondo - VII. Una prescrizione verbale

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Episodio secondo - VI Episodio terzo


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VII.

Una prescrizione verbale.

Maud non rivide più suo marito.

Troppo debole per alzarsi, ella lo fece chiamare il giorno stesso nella sua camera, poi il dì seguente; poi il quarto giorno.

Il principe non ascoltò quella voce, non obbedì a quell’appello.

Il quinto giorno e’ partì per Nizza.

Il dottore di Nubo gli aveva ordinato di andare a prendere dei bagni di sole nelle contrade del mezzodì. Il dottore gli aveva inoltre promesso di andarlo a trovare e di recarsi insieme a lui in Svizzera.

Infrattanto, il principe aveva preparato un ordine di 150,000 franchi sul suo banchiere per il dottore. Ma questi aveva respinto l’ordine, preferendo ricevere quella somma di mano a mano, nel gabinetto.

Honni soit qui mal y pense!

Il principe pagava al medico certi apparecchi che questi aveva fatti costruire da un fabbricante di macchine di fisica, per i quali apparecchi il dottore di Nubo promettevasi di salvare la principessa Maud di Lavandall.

Ciò ci autorizza a pensare che il principe aveva ritirata la sentenza fatale con la quale aveva condannata sua moglie — alla fine del capitolo precedente.

Il conte Alessandro era ritornato in Russia.

Egli aveva ricevuto il giorno stesso un dispaccio del conte di Nesselrode, che lo chiamava, a nome dello Tzar.

Questa partenza aveva forse deciso il principe di Lavandall a lasciar Maud sola oramai nella sua residenza di Saint-Germain.

Noi che sappiamo le cose di una sorgente più autentica, noi diciamo che il conte Alessandro era tornato a Pietroburgo ed il principe Pietro erasi recato a Nizza. [p. 174 modifica]

Ma i giornali di Parigi, che san tutto ed un poco di più, e che sono sempre ben ragguagliati, raccontarono la storia in un altro modo.

Il conte Alessandro non era restato a Parigi che tre giorni e non aveva messo il piede fuori dall’Hôtel du Rhin. Ma il Corsaire lo aveva snidato. Questo giornale aveva anzi ricevuto comunicazione della storia sì drammatica dei due fratelli e di Maud, e sollecitavasi a portarla a cognizione dei Parigini — i quali aman tanto le forti emozioni — soggiungendo fedelmente l’episodio del duello fallito; la ragione di questo contrattempo; e come il conte Alessandro, essendo subitamente fuggito per non aumentare la desolazione di sua cognata, che lo amava, il terribile principe lo inseguisse per obbligarlo a battersi.

Tutti i giornali avevano riportato l’aneddoto sinistro di questo Otello russo, e non si sa come, un di quei giornali era caduto nelle mani di Maud, la quale non leggeva mai giornali.

Bisogna credere che quello stordito dottore di Nubo, il quale ne aveva sempre le tasche zeppe e li seminava da pertutto, avesse lasciato cader quel numero del Corsaire nella camera dell’ammalata — cavando una lettera del principe cui aveva ricevuta da Nizza e che voleva leggerle.

Ed in vero, la cosa ne valeva la pena. Imperciocchè il principe dimandava ragguagli sulla salute di sua moglie, con un’immensa tenerezza.

E’ scriveva che egli andava sempre più male, perchè quel clima, troppo ossigenato, non convenivagli punto, e chiamava il dottore appo di lui — quando la salute di sua moglie gli permetterebbe di lasciarla senza pericolo, anzi di condurgliela, se le forze di lei le consentissero di viaggiare, ed il cielo d’Italia potesse facilitarne la guarigione.

Questa lettera fece rivivere Maud. Ella rise perfin del Corsaire, quando vi lesse l’istoria del principe che dava la caccia a suo fratello.

Povera donna! ella conservò perfino il giornale per divertirne suo marito, quando la sarebbe a Nizza; perocchè ella proponevasi di andarvi il più presto possibile.

La grande parola, cui ella aveva a dire a suo marito: Io ti amo! la soffocava oggimai.

— La mia malattia è qui — diceva ella picchiandosi [p. 175 modifica]il cuore — questa confessione mi opprime. Quando ne sarò scarica, io mi rileverò. Io sarò guarita.

La malattia della principessa — il dottore lo à detto — era una consunzione lenta per appoverimento di forze, una malattia di languore, a cui s’erano congiunte le sincopi. Ma le sincopi erano cessate, e non restava adesso che a rilevare questo organismo spossato.

Il dottore di Nubo aveva sopperito a ciò, e non senza successo. Ma, se mestieri è di confessarlo, la lettera del principe da Nizza aveva avuto la metà più di efficacia che il trattamento medicale.

Quale era questo trattamento?

Semplicissimo.

Il dottore di Nubo aveva sottomessa la principessa all’azione elettro-galvanica. Egli aveva creduto opportuno di servirsi della pila di Volta — nè più, nè meno — con le modifiche ch’essa aveva posteriormente subite e quali erano note verso il 1840.

Il dottore aveva preferito la pila alla vecchia bottiglia di Leyde.

Una circostanza aveva forse contribuito a questa scelta, o avevagli suggerito quell’idea.

Abbiamo già detto che il principe di Lavandall occupavasi di scienze naturali. E’ lavorava sopratutto in chimica, e si dava di preferenza alla decomposizione dei metalli.

Quest’uomo non aveva in sua vita che uno scopo — e lo si comprende senza stento: — trovare un rimedio per l’epilessia.

Egli considerava questa malattia come un difetto di equilibrio tra le parti metalliche che entrano nella composizione dei fluidi del nostro corpo. Sotto certe combinazioni, a certi stati, in certe condizioni del magnetismo terrestre, queste parti metalliche del nostro corpo, di già alterate nel loro stato di ossidamento, ricevevano una scossa: ed ecco la convulsione epilettica! Ristabilire dunque l’equilibrio tra questi elementi metallici, onde sottrarli all’azione elettro-magnetica del globo, o metterli in condizione di sostenerne l’influenza; ecco il rimedio contro l’epilessia!

Il principe intendeva quindi alla scomposizione dei metalli, per ridurli direi quasi ad essenza, affinchè la loro [p. 176 modifica]miscela alla sève del corpo fosse immediata ed immancabile.

A questo effetto, egli erasi munito di potenti apparecchi elettrici.

Il dottore di Nubo gli aveva fatto costruire una serie di pile voltaiche, la di cui forza variava — da quella di un colpo di pugno a quella del fulmine.

La serie n. 10 uccideva un bue sul fatto, in un secondo.

Il dottore di Nubo aveva poi fatto costruire, per uso della principessa, una serie simile di queste pile — somiglianti per la forma, diverse affatto per la forza. Imperocchè, la serie n. 1 produceva appena un brivido; la seria n. 5, un forte buffetto; la serie n. 10, una viva scossa.

La principessa prendeva un bagno elettrico due volte al dì, per mezzo di un rheoforo — una specia di mezzaluna che metteva in comunicazione i due poli della pila metallica mediante la catena — e toccava il corpo della principessa con le sue due estremità: l’una applicata al cuore, l’altra al cervelletto.

Ogni cinque giorni, ella saliva di una serie.

L’esperimento essendo benissimo riescito, il trattamento era fisso.

Maud si sentiva sollevata per bene.

Le sue forze si rialzavano. La sua vita cominciava a risbocciare più rapidamente.

Ella si levava di letto adesso, ed un raggio di sole rallegrando il giorno, ella si trascinava verso un balcone per andare ad imbeversene.

Il sole è un sì gran rimedio per i convalescenti! Gli è forse perchè la luce è combustione incandescente metallica?

Ella andava a sedersi nel suo boudoir per ricevere le scosse elettriche. Disponeva ella stessa l’apparecchio; teneva ella stessa i rheofori appoggiati al suo petto. Poteva leggere adesso. Cominciava a pigliare un po’ di alimenti. Sostenendosi al braccio di Sarah, faceva il giro del suo appartamento, digeriva già un po’ di pesce ed un biscotto di arrowroot in qualche goccia di vino delle Canarie.

Ella era nel rapimento. Ed il dottore partiva dal palazzetto, fregandosi le mani dopo ogni visita. [p. 177 modifica]

Si era alla scossa della serie n. 8.

La guarigione consideravasi dunque ormai come assicurata, la cura regolata. Il dottore annunziò quindi un mattino alla principessa ch’egli andava a lasciarla, per una settimana o due. E’ le mostrò un’altra lettera del principe, nella quale e’ manifestava sempre la stessa sollecitudine tenerissima per sua moglie e la speranza di averla al più presto possibile accanto a lui.

Egli pressava il dottore di andarlo a vedere, perchè sentiva sicuramente che l’aria di Nizza non gli era propizia e credeva che quella di Pisa o di Palermo potesse meglio convenirgli.

Parlando di ciò, il dottore che aveva preso l’asciolvere nel Pavillon d’Henri IV ed aveva forse mangiato troppe ostriche, espresso il desiderio di avere una tazza di the — di quel the oro, che veniva loro dritto dalle canove dell’imperatore della Cina.

Sarah si recò immediatamente al tinello per apparecchiarglielo.

Il dottore continuò, infrattanto, a dare alla principessa le sue ultime istruzioni — cui ella doveva seguire durante l’assenza di lui — e le variazioni che poteva portare nel trattamento.

— Quanto alle variazioni, io credo madama, che non dovete pensar guari a farne — eccetto una forse, cui ci è consigliata dal successo stesso del rimedio adoperato.

— Quale, dottore?... — dimandò Maud.

— L’è semplicissimo: aumentare l’azione dei medesimi rimedi per avere un’efficacia più accelerata.

— Infatti. Io comprendo ciò. E che dovrei fare, allora?

— Io credo, però, che prima del mio ritorno voi non potrete tentar nulla di ben potente. Trattasi semplicemente di accrescere la forza del vostro apparecchio elettrico; ed è d’uopo che io sia lì per intendermi, a questo proposito, col costruttore della pila.

— Ma, Dio mio, dottore ciò tirerà troppo per le lunghe. E voi sapete come io brucio di recarmi il più presto possibile presso di mio marito. Io vado perfino a scrivergli una lunga lettera, che vi consegnerò domani, e voi gliela rimetterete. Io mi auguro che gli faccia altrettanto bene che ne fanno, a me, le lettera ch’egli vi scrive. [p. 178 modifica]

— Ma, a proposito, principessa — sclamò il dottore come illuminato da un’idea — il nome di vostro marito, cui invocate, fa sovvenirmi di una particolarità cui avevo perduta di vista.

— Vale a dire? — dimandò la principessa con ansietà.

— Ma! voi avete dovuto rimarcarlo voi stessa parecchie volte, m’immagino.

— Che dunque?

— Che vostro marito à nel suo gabinetto un apparecchio di pile voltaiche esattamente come il vostro, tranne che è di un grado di forza più potente.

— Appunto — sclamò la principessa — credo di avere ciò visto.

— Esso l’è certo, perchè il principe ne usa anch’egli, a mio consiglio, avvegnachè con minore beneficio. La forza della scossa essendo calcolata in ragione del sistema nervoso di un uomo, è più considerevole — ed essa è opportunissima alla circostanza ed allo stato in cui voi siete. Voi non avete, dunque, che a far uso dell’apparecchio di vostro marito, come è desso allistato per numero di ordine, e tenervene là, fino al mio ritorno.

— Avete ragione, dottore. Farò prendermi quell’apparecchio.

— Terminate dapprima tutta la serie del vostro. Quando vi sarete servita del vostro n. 10, sostituitelo con la serie, dello stesso numero, dell’apparecchio del principe.

— Sì, grazia: farò ciò.

— Bisogna mettervi codesto per iscritto, onde non l’obliate?

— Obliare! — sclamò la principessa. — State tranquillo, dottore, un’ammalata non oblia nulla, allorchè ella tiene alla vita quanto io vi tengo.

— Sia. Ci siamo bene intesi.

Il dottore abbreviò le istruzioni — sollecito ch’egli era di sorbire il the profumato che Sarah servivagli. E’ parlò allora d’altre cose.

— Sapete voi, principessa — diss’egli — che Parigi si occupa di voi?

— Di me! — sclamò Maud con sorpresa.

— Dovrei dire di vostro marito e di vostro cognato. [p. 179 modifica]

— E che dice essa, la vostra Parigi, dottore? Ne sa dessa più di voi e più di me?

— E’ pare, madama.

— Allora, dottore, io sarei incantata di apprenderlo, a volta mia.

— Ebbene, principessa, non più tardi che ieri, il Corsaire diceva che il principe di Lavandall segue alla pista suo fratello, in Siberia a quest’ora, in via per la Cina forse, prendendo sempre i cavalli che questi vien di lasciare all’ultima tappa.

— L’è desso terribile, ciò, dottore — sclamò Maud sorridendo. L’è del Byron o del Poe.

— E si soggiunse, principessa, per colmo d’informazioni infallibili, che voi morite di dolore e di disperazione, e che io, vostro medico, ò delle grandi inquietudini sullo stato dal vostro spirito.

— Ma ciò l’è infame! — gridò Maud. Dottore, bisognerebbe far smentire codeste stolidezze.

— Voi v’immaginate questo, madama? — rispose il dottore di un’aria attristata. Non ci crederebbero punto. Crederebbero, al contrario, che la novella è verissima, ed i miei colleghi direbbero che io mi fo della réclame!... Ah! la libertà della stampa! che tossico!

— Ma che fare, allora?

— Nulla affatto. Il Corsaire sarà profondamente ridicolo fra due mesi, quando vi vedranno brillare nei saloni di Parigi, appoggiata al braccio di vostro marito. Tutto al più, madama, se ciò vi aggradisce, io schernirò un poco al club il direttore di questo giornale sulle sue storie, e lo consiglierò ad attingere le sue nuove ad una sorgente meglio ragguagliata.

— Fatelo, dottore, perchè e’ vogliono renderci dei lions; e voi sapete che noi amiamo traversare il mondo senza rumore.

Il dì seguente, il dottore venne per la sua visita di congedo, e non trovò nulla ad aggiungere, nè a cangiare alle istruzioni della vigilia.

Maud gli dette una lettera per suo marito, cui aveva avuto la forza di scrivere, ed ove ella diceva infine quella parola tanto agognata dal principe, tanto pura nel cuore della giovane donna. Ella confessava di amarlo. [p. 180 modifica]

Amarlo! ciò avrebbe potuto sembrare una menzogna, e di già il principe Pietro la reputava un’ipocrita.

Allora Maud gli raccontava tutte le fasi che la sua passione aveva traversate, tutte le crisi che aveva subite, a come, infine, di un tratto, questa passione anonima — o piuttosto che aveva preso tutte la maschere — erasi trovata amore.

L’accento di questa lettera era così semplice, sì vero, sì toccante, ch’e’ sarebbe stato impossibile di scorgervi un dissimulamento. Il bagliore era così abbarbagliante, ch’e’ sarebbe stato d’uopo esser di macigno per non esserne rischiarato, riscaldato, trasportato.

Il dottore non sospettava guari che macchina infernale e’ rinchiudeva nel suo portafogli!1

Qualche giorno dopo, e’ partì.

Era verso la fine di novembre. La stagione diventava fredda e pluviosa. Non più caldo sole; non più canto di uccelli; non più farfalle e fiori nel giardino il giorno, e stelle nel cielo la notte.

Maud, che abbisognava di tutte queste cose — che sono il sorriso della natura — era triste; e la loro assenza diminuiva altresì l’efficacia dei suoi bagni elettrici. Ella si cacciava nelle stufe per vedervi ancora delle foglie e dei fiori e saturarsi dei loro languidi profumi.

Come tutte le inglesi, ella folleggiava per i profumi.

Il profumo è il bacio, nella creazione.

Ella sosteneva di già la scossa della sua serie n. 10.

Il quinto giorno, Maud si rese nel gabinetto di suo marito e vi cercò l’apparecchio cui il dottore le aveva indicato. Ma era troppo pesante per le sue forze. Chiamò un domestico, segnalò la cassa delle pile alla scritta n. 10, e gli ordinò di trasportarla nel suo boudoir.

Fu obbedita all’istante.

Ella precedè il domestico.

Questi rimpiazzò la serie n. 10 della principessa con quella n. 10 del principe, ed uscì.

La giornata scorse nella tristezza e nel silenzio.

Sarah era andata a Parigi per far delle compere. Ella ritornò la sera, portando un numero del Corsaire, nel quale [p. 181 modifica]si raccontava, che il dottor conte di Nubo era partito per la Svizzera e che il dottore Pinel l’aveva rimpiazzato presso della principessa di Lavandall, la di cui ragione dava segni di smarrimento funesto — dopo una lettera ricevuta dalla Russia.

Maud, profondamente abbattuta, gettò il giornale nel fuoco.

Ah! i giornalisti non sanno che colpi terribili e’ portano sovente sopra taluni, quando mandan giù certe novelle con indifferenza, per disannoiare tal’altri!

— Ma che ò fatto io dunque a questa gente perversa — sclamò Maud — perchè mi calunnia così?

Povero moscherino!

Ella non sospettava punto qual diabolico ragno tesseva intorno a lei i fili del suo destino!

Il dottore di Nubo, che seminava dovunque gli aneddoti, lasciavane cadere altresì al club senza farvi attenzione forse. Ed il direttore del Corsaire spigolava senza gridargli: guarda!

E gli è così, che la sventurata giovane malata passava nel dominio pubblico, per la noncuranza dell’uno, per la avidità di novelle della high-life dell’altro.

Ma era poi leggierezza, non curanza, quella del dottore conte di Nubo? Eh! eh!

Maud andò a letto, ma non chiuse palpebra per tutta la notte. Ella sollecitava più che mai il momento di volare presso suo marito, onde metter termine a questi odiosi rumori.

L’indomani, per buona ventura, il dì sorse bello, e Maud contemplò la vita al colore dei raggi del sole.

Ella si levò a mezzodì e passò nel suo boudoir.

Era quivi che la prendeva la sua colazione, prima di ricevere la scossa elettrica.

Ella mangiò quel mattino senza appetito, a causa della notte passata nell’insonnia.

Sarah trovolla più pallida, gli occhi velati, le orbite offuscate e più incavate. La non disse nulla, però, per non attristarla.

Maud s’impressionava sempre, apprendendo che l’andava più male. A venti anni! vedere, a venti anni, la morte che si avanza a passo lento, cauto, guardingo, da traditrice!... [p. 182 modifica]Maud bevve un uovo fresco, prese una cucchiaiata di gelée ed un boccone di petto di beccaccia. Poi, si allungò sulla dormeuse.

Sarah, impiedi innanzi a lei, attendeva l’ordine di darle le due fila della pila.

Maud si taceva. Si sarebbe detto che l’avesse obliata. Il suo spirito spaziava altrove, batteva i campi, saltava dall’ospizio di Londra al castello di Lavandall, dalla villa di Saint-Germain a Nizza, dal principe Pietro al conte Alessandro. Aveva bisogno di dormire. L’odore dei fiori le faceva male... E poi, di un tratto, ella si vide come se fosse divenuta folle... Gettò un grido. Allora, ella si accorse di Sarah che aspettava.

— Fa presto dunque, my dear, — ella sclamò. Finiamola. O’ sonno.

Sarah obbedì.

Maud prese i due fili dei due poli della pila; li riunì nella sua mano all’asta dei rheofori; la scintilla si sprigionò; la scossa ebbe luogo e si comunicò al cervelletto ed al cuore.

Maud gettò un grido, e si arrovesciò fulminata sul tappeto.

Sarah si precipitò verso la sua padrona e la rialzò.

Maud era morta...


Qualche giorno dopo, il Corsaire scriveva: «Noi eravamo ben ragguagliati sulla situazione mentale della giovane principessa di Lavandall. Ella si è suicidata colla macchina elettrica. La si dice vittima di un amore disperato.»

Un mese dopo, il dottore di Nubo ritornava dalla Svizzera, e portava la notizia, che il principe di Lavandall, avendo tentato l’ascensione del Monte Bianco, era caduto in un abisso di ghiaccio, da cui non lo si era potuto cavare. Era un accidente, un suicidio, ovvero...?

Il dottore lo accompagnava!

Il conte Alessandro divenne il principe Alessandro di Lavandall.


FINE DELL'EPISODIO SECONDO.

  1. Vedere: Diana, seconda serie dei Suicidi di Parigi.