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— Ma, a proposito, principessa — sclamò il dottore come illuminato da un’idea — il nome di vostro marito, cui invocate, fa sovvenirmi di una particolarità cui avevo perduta di vista.
— Vale a dire? — dimandò la principessa con ansietà.
— Ma! voi avete dovuto rimarcarlo voi stessa parecchie volte, m’immagino.
— Che dunque?
— Che vostro marito à nel suo gabinetto un apparecchio di pile voltaiche esattamente come il vostro, tranne che è di un grado di forza più potente.
— Appunto — sclamò la principessa — credo di avere ciò visto.
— Esso l’è certo, perchè il principe ne usa anch’egli, a mio consiglio, avvegnachè con minore beneficio. La forza della scossa essendo calcolata in ragione del sistema nervoso di un uomo, è più considerevole — ed essa è opportunissima alla circostanza ed allo stato in cui voi siete. Voi non avete, dunque, che a far uso dell’apparecchio di vostro marito, come è desso allistato per numero di ordine, e tenervene là, fino al mio ritorno.
— Avete ragione, dottore. Farò prendermi quell’apparecchio.
— Terminate dapprima tutta la serie del vostro. Quando vi sarete servita del vostro n. 10, sostituitelo con la serie, dello stesso numero, dell’apparecchio del principe.
— Sì, grazia: farò ciò.
— Bisogna mettervi codesto per iscritto, onde non l’obliate?
— Obliare! — sclamò la principessa. — State tranquillo, dottore, un’ammalata non oblia nulla, allorchè ella tiene alla vita quanto io vi tengo.
— Sia. Ci siamo bene intesi.
Il dottore abbreviò le istruzioni — sollecito ch’egli era di sorbire il the profumato che Sarah servivagli. E’ parlò allora d’altre cose.
— Sapete voi, principessa — diss’egli — che Parigi si occupa di voi?
— Di me! — sclamò Maud con sorpresa.
— Dovrei dire di vostro marito e di vostro cognato.