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il cuore — questa confessione mi opprime. Quando ne sarò scarica, io mi rileverò. Io sarò guarita.

La malattia della principessa — il dottore lo à detto — era una consunzione lenta per appoverimento di forze, una malattia di languore, a cui s’erano congiunte le sincopi. Ma le sincopi erano cessate, e non restava adesso che a rilevare questo organismo spossato.

Il dottore di Nubo aveva sopperito a ciò, e non senza successo. Ma, se mestieri è di confessarlo, la lettera del principe da Nizza aveva avuto la metà più di efficacia che il trattamento medicale.

Quale era questo trattamento?

Semplicissimo.

Il dottore di Nubo aveva sottomessa la principessa all’azione elettro-galvanica. Egli aveva creduto opportuno di servirsi della pila di Volta — nè più, nè meno — con le modifiche ch’essa aveva posteriormente subite e quali erano note verso il 1840.

Il dottore aveva preferito la pila alla vecchia bottiglia di Leyde.

Una circostanza aveva forse contribuito a questa scelta, o avevagli suggerito quell’idea.

Abbiamo già detto che il principe di Lavandall occupavasi di scienze naturali. E’ lavorava sopratutto in chimica, e si dava di preferenza alla decomposizione dei metalli.

Quest’uomo non aveva in sua vita che uno scopo — e lo si comprende senza stento: — trovare un rimedio per l’epilessia.

Egli considerava questa malattia come un difetto di equilibrio tra le parti metalliche che entrano nella composizione dei fluidi del nostro corpo. Sotto certe combinazioni, a certi stati, in certe condizioni del magnetismo terrestre, queste parti metalliche del nostro corpo, di già alterate nel loro stato di ossidamento, ricevevano una scossa: ed ecco la convulsione epilettica! Ristabilire dunque l’equilibrio tra questi elementi metallici, onde sottrarli all’azione elettro-magnetica del globo, o metterli in condizione di sostenerne l’influenza; ecco il rimedio contro l’epilessia!

Il principe intendeva quindi alla scomposizione dei metalli, per ridurli direi quasi ad essenza, affinchè la loro