I solitari dell'Oceano/19. I traditori si smascherano

19. I traditori si smascherano

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18. Il bandito biondo 20. La caverna dei pesci-cani
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CAPITOLO XIX.

I traditori si smascherano.


Mentre Sao-King ed Ioao lo guardavano con terrore, il briccone si era levata da una tasca una pipa, l’aveva caricata flemmaticamente poi, dopo averla accesa e d’aver aspirato due o tre boccate di fumo, riprese:

— Cosa volete? Voi avete avuta la pessima idea di approdare su quest’isola e noi la buona fortuna di vedervi. Incolpate quindi la vostra imprudenza e non noi. Se fosse approdata un’altra nave prima della vostra, avreste potuto andarvene senza venire forse inquietati.

— Canaglia! — gridò Ioao.

— Ohe, giovanotto, o meglio ragazzo, badate alla vostra lingua. Noi siamo uomini da far pagare cara un’ingiuria.

— Ma infine, che cosa volete fare di noi? — chiese Sao-King lanciandogli uno sguardo feroce.

— Obbligarvi a condurci in Australia, dove abbiamo dei gravi interessi, — rispose il pirata, con un sorriso diabolico.

— E come, voi, scorridori dei mari, non sapete guidare una nave!

— Manovrarla sì, guidarla no, non essendo sopravvissuto al disastro alcun ufficiale.

— È naufragata la vostra nave?

— Sì, a duecento miglia da queste isole, dopo un tifone spaventevole. Fortunatamente possedevamo una grossa scialuppa ed io ed i miei compagni abbiamo potuto giungere qui!

— Non avete veduto che la nostra nave è in parte disalberata?

— Si accomoderà.

— E che si trova anche arenata?

— Abbiamo avuta la precauzione di tirarla su un banco che non è pericoloso. Con una buona manovra e delle braccia robuste agli argani, la metteremo ancora in acqua.

— Ah! Siete stati voi a trascinarla verso la spiaggia! — gridò Ioao.

— Non posso negarlo, — rispose il pirata, ridendo. — Uno dei nostri, colui che ha sciolto le catene delle ancore, l’ha pagata cara però.

— È morto quel furfante? — chiese Sao-King.

— A quest’ora deve essere a casa di messer Belzebù suo compare, perchè quando io l’ho lasciato vomitava sangue a pinte. [p. 136 modifica]

Ma basta colle spiegazioni; veniamo al fatto.

— Che cosa pretendete da noi?

— Che consigliate i vostri compagni ad arrendersi senza opporre una inutile resistenza.

— Mai! — esclamarono ad una voce Sao-King e Ioao. — Mai!

— Noi siamo in nove ed i vostri compagni sono due soli, questo lo sappiamo.

— V’ingannate, — disse Sao-King.

— Il capo selvaggio che voi avete fatto salire a bordo, li ha veduti.

— Ah! Eravate d’accordo con quel miserabile!

— È nostro alleato, — disse il pirata.

— Un alleato che conta di banchettare colle nostre carni vero?

— Chi vi ha detto questo? — chiese il briccone, stupito.

— Lo abbiamo saputo.

— Mua non avrà la carne dei bianchi. Quando saremo a bordo della nave lo manderemo al diavolo.

Orsù, accettate la proposta che vi ho fatta?

— Di condurvi in Australia?

— Allo stretto di Torres e di consigliare i vostri compagni alla resa.

— Non speratelo mai, – disse Sao-King.

— Allora mi costringerete a darvi a Mua e vi avverto che quel bravo selvaggio non mancherà di mettervi allo spiedo. È impaziente di assaggiare un buon arrosto di carne bianca o gialla.

— Voi commettereste una simile infamia? Voi, un uomo bianco come me ed i miei compagni? — gridò Ioao, esasperato.

— Noi siamo uomini fuori dalla legge, — rispose il pirata, — e perciò capaci di tutto. Decidete: io non ho tempo da perdere.

— Voi non avrete mai il nostro concorso.

— Assaliremo egualmente il vascello.

— Vi sono dei cannoni a bordo ed i nostri compagni non esiteranno a servirsene.

— E noi abbiamo i nostri fucili. Orsù, decidetevi.

— Non contate su di noi, — disse Sao-King, con voce ferma.

— Ebbene, vedremo se saprete resistere a lungo, — disse il bandito con un sorriso crudele.

Ad un suo cenno gli equipaggi delle due piroghe ripresero i remi, ridiscendendo il fiumicello.

— Dove ci conducete? — chiese Ioao, a cui non era sfuggito il riso del pirata.

— Per ora vi metterò al sicuro, — rispose il bandito.

— Dove? — chiese Sao-King. [p. 137 modifica]

— In un rifugio che io solo conosco. —

Le due piroghe uscite nuovamente in mare, piegarono verso il sud, tenendosi a due o trecento braccia dalle sponde.

Dove andavano? Era quello che si chiedevano con angoscia Ioao e Sao-King.

Che il bandito volesse avvicinarli alla nave colla speranza che si decidessero a gridare ai loro compagni di arrendersi?

Poteva darsi, poichè le due piroghe continuavano a dirigersi verso il sud, e l’Alcione si trovava precisamente arenato sulle coste meridionali di quell’isola.

Quella corsa durò due ore, sempre rapidissima, poi il bandito diede un comando in una lingua che nemmeno Sao-King conosceva.

Tosto le due piroghe virarono di bordo allontanandosi dalla spiaggia. Solamente in quel momento Sao-King s’accorse che un isolotto sorgeva al largo, alla distanza di due o tre chilometri.

Più che un isolotto poteva chiamarsi uno scoglio, essendo assai elevato, colle sponde ripide e molto frastagliate e privo di qualsiasi albero.

Quantunque le piroghe fossero ancora lontane, si udivano le onde a frangersi con violenti scrosci contro le pareti di quell’enorme masso.

— Pare che abbiano intenzione di condurci là, — disse Sao-King in cinese, lingua che Ioao aveva già imparata sufficientemente per comprenderla.

— Se ci lasciassero soli non ci troveremmo imbarazzati a tornarcene alla costa, — rispose il giovane. — Una nuotata di due chilometri non mi spaventa.

— E nemmeno io, signor Ioao; però non potrei affermare di giungere alla sponda ancora intero.

— E perchè, Sao-King.

— Queste acque pullulano di pesci-cani. È vero che non sono così feroci come quelli che s’incontrano al largo, essendovi qui abbondanza di pesce, tuttavia non so se ci lascerebbero in pace.

— Non hai il mio coltello?

— Sì, signor Ioao; l’ho nascosto sotto la camicia.

— Ce ne serviremo.

— Hum! Dubito che ci lascino liberi su quello scoglio.

— Dove vuoi che ci rinchiudano!

— Queste isole abbondano di caverne, signor Ioao.

— È vero, Sao-King, non ci aveva pensato. —

Mentre si scambiavano quelle parole, le due piroghe si appressavano rapidamente allo scoglio.

I selvaggi arrancavano con lena, senza dare ancora il menomo indizio di stanchezza, quantunque avessero percorso almeno una dozzina di miglia. [p. 138 modifica]

Dobbiamo dire però che tutti gli isolani della Polinesia sono abilissimi ed infaticabili battellieri.

Colle loro piroghe percorrono dei tratti immensi e non è rado incontrarli a due o trecento miglia dalle loro terre.

Lo scoglio non era ormai che a poche gomene.

Era una roccia enorme, forse la sommità di un vulcano un tempo sottomarino, spinto fuori da qualche tremendo cataclisma.

Aveva la forma d’un cono mozzato, quasi irregolare, coi fianchi molto ripidi ed in parecchi luoghi squarciati forse dall’eterno urto delle onde.

Le grotte sottomarine vi dovevano essere numerose.

Nessun albero cresceva su quei fianchi, anzi nemmeno un filo d’erba. Doveva invece essere il rifugio degli uccelli marini, delle fregate, degli albatros e dei petrelli.

La marea, che allora montava, scagliava grossi cavalloni i quali sparivano entro le fenditure con un rombo assordante, pauroso.

Mentre la seconda piroga si fermava a qualche gomena di distanza, quella che portava i prigionieri si cacciò entro una larga squarciatura, dove una fila di scoglietti faceva argine all’irrompere dei marosi e approdò dinanzi ad una specie di canale che pareva si prolungasse fino alla cima del cono.

— Seguitemi, — disse il pirata, dopo d’aver slegate le gambe ai due prigionieri.

— Dove volete condurci? — chiese Sao-King.

— In un luogo da cui non potrete facilmente fuggire.

— E se noi ci rifiutassimo di seguirvi?

Il bandito li guardò per qualche istante cogli occhi torvi, poi raccogliendo il fucile ed armandolo, disse con accento minaccioso:

— In tal caso vi fracasserò il cranio.

— Gli antropofagi non agirebbero meglio di voi, furfante, — disse Ioao.

— Finitela, ragazzo! — gridò il pirata, il quale cominciava a perdere la calma. — Ringraziatemi invece di non avervi consegnato di già a Mua. Se lo avessi fatto, domani non sareste più vivi, bensì nelle budelle di questi cannibali.

Ioao e Sao-King, comprendendo che ogni resistenza sarebbe stata inutile e che avevano da fare con un briccone deciso a tutto, sbarcarono, seguìti da quattro selvaggi armati di pesanti clave.

Il pirata li aveva preceduti, salendo la fenditura che si apriva nel fianco del cono.

Si elevò sei o sette metri, poi piegò a destra inoltrandosi su una specie di cornice e sboccando su una piattaforma di pochi metri quadrati, coperta di massi e di frammenti di roccia.

Nel fianco del cono Sao-King e Ioao videro un buco nero che pareva l’entrata d’una caverna.

— Spingeteli là dentro, — disse il bandito. [p. 139 modifica]

I selvaggi afferrarono i due prigionieri e li trascinarono verso quell’apertura, minacciandoli colle mazze che facevano roteare sopra le loro teste.

Con una spinta li fecero cadere l’uno sull’altro, poi afferrati dei massi enormi, li accumularono dinanzi l’uscita, non lasciando che pochi fori attraverso i quali appena filtrava qualche raggio di luna.

— Canaglie! — urlò Sao-King, il quale era riuscito ad alzarsi, quantunque avesse le braccia legate dietro il dorso.

— Buona notte, — rispose il pirata, sogghignando. — Fra qualche giorno mi direte se sarete disposti a servirmi.

— Crepa, dannato cane!

Nessuno rispose. Il bandito ed i selvaggi si erano già allontanati, scendendo lungo la spaccatura.

Sao-King si era scagliato contro i massi che ostruivano l’apertura, urtandoli poderosamente col robusto dorso ma dovette convincersi della inutilità dei suoi sforzi.

— Tempo sprecato, Sao-King, — disse Ioao, il quale aveva ricuperata la calma prima del chinese.

— Noi troveremo un modo per uscire, — disse il coolie, con voce irata. — Non aspetterò certamente il ritorno dei selvaggi per farmi mettere allo spiedo.

— Sono anch’io della tua opinione, — rispose Ioao. — Qualche cosa bisogna tentare.

— Fra qualche ora l’alba spunterà e vedremo innanzi a tutto dove ci hanno rinchiusi quei birbanti.

— In una caverna, Sao-King.

— Noi non sappiamo ancora se sia vasta o se si tratti d’un semplice cavo.

— E se abbia qualche altra apertura, — disse Ioao. — Non odi questo rombo che viene dal fondo di questo antro?

— Sì, signor Ioao e vi dirò anche che mi aveva dato da pensare fino dal primo momento in cui eravamo entrati. Si direbbe che vi è qualche altra comunicazione col mare.

— Anch’io ho avuto il medesimo pensiero, — disse il giovane peruviano.

— Signor Ioao, sono buoni i vostri denti?

— Perchè mi fai questa domanda?

— Finchè spunta l’alba, cerchiamo di liberare le nostre braccia.

— Che roda le tue corde?

— Sì, e poi io col coltello taglierò le vostre.

— Mi proverò, Sao-King.

Il chinese volse le spalle al giovane e questi, trovate le corde, cominciò a roderle pazientemente, lavoro certamente lungo e difficile, però non impossibile.

Quelle funicelle, fatte con fibre di noci di cocco ritorte, opponevano una resistenza incredibile, tuttavia Ioao non disperava di poter riuscire. [p. 140 modifica]

I suoi denti, robusti e acuti, torcevano e tagliavano fibra per fibra, intaccando sempre il medesimo punto.

— Riposatevi un po’, signor Ioao, — diceva di quando in quando il chinese.

— No, Sao-King, — rispondeva il giovane. — Ancora un poco e noi saremo liberi.

Non fu che dopo mezz’ora che la prima corda fu finalmente spezzata, ma sopra i gomiti ve n’era una seconda e non meno robusta.

Ioao si riposò alcuni minuti e assalì anche quella.

Mentre lavorava con crescente accanimento, la caverna a poco a poco si rischiarava.

Attraverso le fessure lasciate dai macigni, cominciavano ad entrare alcuni sprazzi di luce, i quali diventavano, di momento in momento, più vividi.

Il sole doveva essere già comparso sopra l’orizzonte.

— Allarga le braccia, — disse ad un tratto Ioao. — La seconda corda è quasi recisa. —

Sao-King, raccolte le proprie forze, aprì violentemente le braccia, strappando le ultime fibre della funicella.

— Libero!... — esclamò. — Finalmente!... —

Si levò il coltello che fino allora aveva tenuto nascosto sotto la camicia e con pochi colpi tagliò le corde che stringevano il bravo giovane.

Il loro primo pensiero fu quello di esaminare la loro prigione.

La luce ormai entrava a fiotti attraverso le fessure, riflettendosi sulle pareti dell’antro, incrostate di cristalli d’origine vulcanica.

Era una caverna assai spaziosa, di forma circolare, terminante a cupola, priva di stalattiti e di stalagmiti, essendo perfettamente asciutta.

Di fronte all’entrata s’apriva uno stretto passaggio, una specie di galleria incrostata di vecchie lave ed era precisamente da quella parte che provenivano i rombi.

— Dove metterà quel passaggio? — si chiese Sao-King.

— Questo fracasso da che cosa credi che sia prodotto? — domandò Ioao.

— Da onde che s’infrangono, — rispose il chinese. — Non possiamo ingannarci.

— Che sbocchi sulla spiaggia?

— Hum! Suppongo che il pirata non sarà stato così sciocco da lasciarci aperta una porta.

Quel briccone avrà esplorata questa caverna prima di rinchiuderci noi.

— Dove metterà adunque!

— Non lo so, ma fra poco sapremo se potremo uscire per di là.

— E se provassimo a far crollare questi massi che chiudono l’uscita? [p. 141 modifica]

— Non riusciremo a nulla, signor Ioao, — rispose il chinese. — I selvaggi hanno dovuto farli rotolare pel pendìo ed erano in cinque col bandito. Come vorreste voi farli risalire, mentre noi non siamo che in due soli? Non vedete come sono enormi?

— Quei miserabili ci hanno sepolti vivi.

— Signor Ioao, andiamo a esplorare la galleria.

— Andiamo, Sao-King.

— Vediamo prima se vi sono dei selvaggi di guardia. È impossibile che ci abbiano lasciati soli.

Se sono partiti vuol dire che si tengono sicuri di noi e allora non ci rimarrà che attendere il loro ritorno.