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138 | Capitolo Diciannovesimo. |
Dobbiamo dire però che tutti gli isolani della Polinesia sono abilissimi ed infaticabili battellieri.
Colle loro piroghe percorrono dei tratti immensi e non è rado incontrarli a due o trecento miglia dalle loro terre.
Lo scoglio non era ormai che a poche gomene.
Era una roccia enorme, forse la sommità di un vulcano un tempo sottomarino, spinto fuori da qualche tremendo cataclisma.
Aveva la forma d’un cono mozzato, quasi irregolare, coi fianchi molto ripidi ed in parecchi luoghi squarciati forse dall’eterno urto delle onde.
Le grotte sottomarine vi dovevano essere numerose.
Nessun albero cresceva su quei fianchi, anzi nemmeno un filo d’erba. Doveva invece essere il rifugio degli uccelli marini, delle fregate, degli albatros e dei petrelli.
La marea, che allora montava, scagliava grossi cavalloni i quali sparivano entro le fenditure con un rombo assordante, pauroso.
Mentre la seconda piroga si fermava a qualche gomena di distanza, quella che portava i prigionieri si cacciò entro una larga squarciatura, dove una fila di scoglietti faceva argine all’irrompere dei marosi e approdò dinanzi ad una specie di canale che pareva si prolungasse fino alla cima del cono.
— Seguitemi, — disse il pirata, dopo d’aver slegate le gambe ai due prigionieri.
— Dove volete condurci? — chiese Sao-King.
— In un luogo da cui non potrete facilmente fuggire.
— E se noi ci rifiutassimo di seguirvi?
Il bandito li guardò per qualche istante cogli occhi torvi, poi raccogliendo il fucile ed armandolo, disse con accento minaccioso:
— In tal caso vi fracasserò il cranio.
— Gli antropofagi non agirebbero meglio di voi, furfante, — disse Ioao.
— Finitela, ragazzo! — gridò il pirata, il quale cominciava a perdere la calma. — Ringraziatemi invece di non avervi consegnato di già a Mua. Se lo avessi fatto, domani non sareste più vivi, bensì nelle budelle di questi cannibali.
Ioao e Sao-King, comprendendo che ogni resistenza sarebbe stata inutile e che avevano da fare con un briccone deciso a tutto, sbarcarono, seguìti da quattro selvaggi armati di pesanti clave.
Il pirata li aveva preceduti, salendo la fenditura che si apriva nel fianco del cono.
Si elevò sei o sette metri, poi piegò a destra inoltrandosi su una specie di cornice e sboccando su una piattaforma di pochi metri quadrati, coperta di massi e di frammenti di roccia.
Nel fianco del cono Sao-King e Ioao videro un buco nero che pareva l’entrata d’una caverna.
— Spingeteli là dentro, — disse il bandito.