I rossi e i neri/Primo volume/XXXI

XXXI

../XXX ../XXXII IncludiIntestazione 31 agosto 2018 25% Da definire

Primo volume - XXX Primo volume - XXXII
[p. 286 modifica]

XXXI.

Nel quale si racconta dell’uomo vestito di nero e degli apprestamenti che fece per una giornata campale

La mattina del 28 giugno, chi avesse potuto vedere il padre Bonaventura nel segreto della sua camera da studio, avrebbe durato fatica a riconoscerlo. Era vestito di nero, come sempre; mostrava le guance e il mento accuratamente rasi di quel giorno medesimo; non era insomma nè più bello, nè più brutto di quello che i nostri lettori sanno; ma ne’ suoi occhi sfavillanti si leggeva qualcosa d’insolito, come la gioia di una vittoria ottenuta, o la speranza di riportarla tra poco. Il che, per gli uomini avvezzi a’ grandi disegni, è tutt’uno. [p. 287 modifica]

Inoltre, il padre Bonaventura (cosa strana a vedersi, quando era nel suo studio) non leggeva, nè scriveva. Le opere di sant’Agostino non erano squadernate sullo scrittoio; la penna, povera vittima della sua feroce alacrità, si riposava un tratto nel calamaio, e forse andava col suo compagno di sventura facendo le meraviglie di questo non mai sperato giubileo che loro concedeva il padrone.

Questi, intanto, passeggiava concitato dall’una all’altra parete, o, per dire più veramente, dall’una all’altra scansìa, come un uomo a cui dolgano i nervi. Ad ogni tanto andava stropicciandosi forte le mani, poi le tornava a raccogliere dietro le spalle, senza punto smettere del suo passo breve e spedito, che lo costringeva a frequenti giravolte sui tacchi.

Finalmente si fermò un istante; e fu per guardare una ventesima volta il suo orologio.

- Ancora pochi minuti! - borbottò egli tra i denti. - Sia lodato il cielo! Signora Marianna!... -

E siccome non gli parve che la chiamata fosse efficace, fatti altri due giri, andò verso l’uscio e tornò a gridare:

- Signora Marianna! signora Marianna!

- Vengo, Padre, vengo, - rispose una voce dall’anticamera.

E poco stante comparve sull’uscio quella vecchia governante che i lettori conoscono, col naso bitorzoluto e il mento fiorito di peli, tutta chiusa nella sua gonnella di lana nera, nella sua cuffia e nel suo grembiale di pannolino.

- Non è ancora venuto nessuno? - chiese Bonaventura.

- Padre, no.

- Appena verrà qualcheduno, faccia entrare.

- Padre, sì. -

E la signora Marianna fece per andarsene e richiuder l’uscio, in quella che Bonaventura ripigliava la sua passeggiata.

- Signora Marianna, - diss’egli ad un tratto, come un uomo che si risovvenga di qualche cosa, - e il caffè?

- Domine! - esclamò ella voltandosi, e giungendo le palme in atto di maraviglia. - O non l’ha anche bevuto?

- E come vuole che io l’abbia bevuto, se non l’ha ancora portato?

- Ma sì, ma sì, Padre! Eccolo appunto, là, sulla scrivania. Sono venti minuti che l’ho portato, ma Lei pensava, e m’ha fatto cenno di lasciarlo là e di andarmene.

- È vero, è vero; l’avevo dimenticato. Grazie tante! - rispose in fretta Bonaventura, andando verso la scrivania. [p. 288 modifica]

- Ma sarà freddo, ora; - proseguì la signora Marianna. - E Lei che lo ama caldo....

- Non importa, non importa! - ribattè Bonaventura; e fosse per castigarsi della sua smemoratezza o per farla finita colle considerazioni della governante, mandò giù d’un tratto il caffè, rimettendo tra le mani di lei il vassoio e la chicchera.

La signora Marianna non disse altro; ma recandosi in mano il vassoio, notò la zuccheriera che non era stata neanche scoperchiata; segno che padre Bonaventura aveva trangugiato il suo caffè amaro (egli che lo amava inzuccherato per bene) e non se ne era accorto neppure.

- Quest’oggi è molto astratto; - disse ella tra sè. - Il sant’uomo lavora troppo, e non vuol sentirselo a dire. E sì, ch’egli non è più di primo pelo, e non fo per dire, ci ha tre anni più di me. -

Con questi pensieri, la governante dalle cinquanta primavere uscì dallo studio. Bonaventura frattanto avea ricominciato a passeggiare, a stropicciarsi le mani, a raccoglierle dietro le spalle, a guardar l’orologio. Pari al Cerbero dantesco, egli «non avea membro che tenesse fermo».

Una scampanellata si udì finalmente, dieci minuti più tardi, all’uscio di casa, e Bonaventura tese l’orecchio. La signora Marianna era lenta di soverchio nello andare ad aprire. Benedetta donna, sempre a tu per tu coi paternostri! O non aveva tempo la sera, a mettersi in grazia con Domineddio? Quasi quasi andava egli in persona, a far da portinaio! Ma, lode al cielo, la signora Marianna s’era mossa; si udiva il suo passo da sergente invalido nella sala d’entrata. A Dio piacendo, ella giungeva all’uscio; lo schiudeva un tantino per vedere chi fosse di fuori; finalmente, raffidata dalla sua ispezione, faceva uscir la catena dal gancio, e un passo mascolino suonava sul pavimento. Pochi secondi dopo, la signora Marianna apriva l’uscio dello studio, e si tirava da un lato, per lasciar entrare il nuovo venuto.

- Alla perfine! - non potè trattenersi dal dire Bonaventura, quando ebbe visto dinanzi a sè la faccia scialba del Bello.

Era per l’appunto il Bello, che padre Bonaventura aspettava; il Bello, che quel giorno mal rispondeva al suo nomignolo; colla zazzera bionda, ma un po’ scarmigliata; le guance rosee come le mele cotogne, ma come cotogne avvizzite. La cascaggine delle membra, gli occhi rossi, cerchiati di giallo e male avvezzi ancora alla luce, dicevano chiaro [p. 289 modifica]che il Garasso aveva passata la notte fuori di casa, con grande rammarico della signora Momina. Del resto, sempre vestito colla sua popolesca attillatura; una giacca di panno del colore di fava secca; un fazzoletto di seta rossa sprezzatamente annodato al collo; i calzoni a quadrelli, anticamente del color del latte, ma ingialliti dall’uso; insomma, quell’Adone da quadrivio che i lettori rammentano.

- Signor mio, - disse egli, per rispondere alla esclamazione dell’altro, - sono appena suonate le dieci....

- Sì, sì, sta bene; non dicevo per questo; - ripigliò Bonaventura. - Mi sapeva mill’anni di vedervi a giungere, perchè il tempo stringe. Veniamo a noi; che cosa avete fatto?

- Non tutto; il Guercio non l’ho veduto.

- Dovevate trovarlo ad ogni costo; - rispose asciutto il gesuita. - Garasso, badate; ne va la vostra riputazione.... -

Pareva che celiasse, il padre Bonaventura, con quella sua frase. Ma così non parve al Bello, che conosceva con chi avesse da fare, epperò sudava già freddo.

- Perdoni, illustrissimo, - diss’egli, - io non potevo fare il miracolo di.... non potevo essere in dieci luoghi ad un tempo. Vossignoria sa benissimo che iersera dovevo andare nella combriccola.... per pigliar lingua.... e penso che trattandosi d’una faccenda, la quale ha da esser finita domani a sera....

- Sì, sì, domani a sera; - interruppe Bonaventura; - ma intanto, se non m’industriassi io, non ci sarebbe mai nulla di fatto. Siete stato dal Ceretti?

- Illustrissimo, sì. Le sei divise son pronte in casa sua. Mastro Nicola se n’è andato ieri a Molassana; così il suo figliuolo, rimanendo solo in casa, avrà le mani più libere. Del resto, come ho già detto a Vossignoria, il Guercio è contentissimo, e non gli par vero di dover fare quella stupenda figura.

- Lo credo io! - sclamò Bonaventura. - Si piglia anche una bella moneta, per farla. E ditemi, la cassettina d’ebano?

- Sempre a posto, illustrissimo. Iersera ho veduto Michele, che ha trincato con me, e l’ho mandato cotto fradicio a casa.

- Vi rimarrà egli, domani a sera?

- Ah, credo di sì, perchè il Salvani non vorrà lasciar sola, in così grande trambusto, la sua sorella adottiva. [p. 290 modifica]

- Bisognerà farlo uscire con qualche pretesto; - notò Bonaventura.

- Sarà difficile, illustrissimo; tanto più che io dovrò essere al mio posto.

- Ah, ah! - disse Bonaventura. - Al vostro posto! voi? E dove sarà il vostro posto, di grazia?

- Sulla piazza della Nunziata. Il quartier generale è laggiù. -

Qui il padre Bonaventura si atteggiò dentro di sè ad uno di que’ sorrisi invisibili che erano la sua consolazione, sorrisi dei quali c’è già occorso notarne parecchi nei suoi dialoghi col dottor Collini e col marchese Antoniotto, sorrisi somiglianti alla parentesi dei personaggi da tragedia, che l’interlocutore può indovinare, se è accorto, ma che non ode nè vede.

- Garasso, - diss’egli, - bisognerà che per domani il quartier generale rimanga senza di voi. Uno di meno nel gran numero non farà sconcio, voglio sperare, e non ci si baderà più che tanto.

- Oh, non è per questo; - rispose timidamente il Bello, che ben vedeva come il gesuita lo canzonasse, mostrando di pigliarlo sul serio; - è pel timore di quello che potranno dirmi poi, se non m’avranno veduto in compagnia.

- Ma dunque, - esclamò spazientito Bonaventura, piantando in viso al Bello i suoi occhi grifagni, - avevate proprio fermo in mente di andare a farvi accoppare anche voi? Bravo, Garasso, me ne congratulo colla vostra prodezza. Ma andiamo per la più breve, che in queste ciarle non si guadagna nulla, nemmeno il gusto di trovar chi le creda. Voglio darvi un consiglio da padre. Voi non siete mai stato alla guerra.... Neppur io, ma ve ne parlo d’udita. Fate domani a sera come tanti e tanti usano fare alla guerra. Statevene rannicchiato in qualche buco, fino a tanto che tuona il cannone e fischiano le palle. Poi uscite fuori e vi fate scorgere qua e là nei crocchi, dove ognuno ci ha da raccontare la sua. Qui tenete bordone a chi le sballa più grosse. Egli vi piglierà tosto per testimonio, e farà a sua volta testimonianza onorevole per voi. Una mano lava l’altra e tuttedue lavano il viso.

- Ella ci ha sempre la sua celia per tutti, illustrissimo! - disse il Bello, ridendo.

- Perchè conosco un tantino gli uomini, Garasso, e conosco voi come tutti gli altri; - rispose Bonaventura. - Ora torniamo al fatto vostro; voi rimarrete domani a sera [p. 291 modifica]dal Ceretti, per invigilare il negozio, e al momento opportuno trarrete fuori di casa il Michele, con qualche frottola di vostra fattura. A voi queste alzate d’ingegno non mancano....

- Ha altro da comunicarmi? - chiese il Bello, inchinandosi a quella lode meritata.

- Sì, che troviate il Guercio, per dargli l’appuntamento ed esser sicuro di lui e de’ suoi compari. Fino a domani, poi, cercherete di stargli a’ fianchi, perchè non vi giri nel manico. Perciò vi consiglio, per questa sera, a lasciare in disparte anche la Violetta.

- O come! - esclamò il Bello, trasognato. - Ella sa?...

- So tutto, io. So che passate troppo di frequente la notte fuori di casa, e alla signora Momina, a quella santa donna - (Bonaventura disse proprio: santa donna) - fate veder lucciole per lanterne: che gli amici vi hanno trattenuto, che avete dovuto adoperarvi per me, eccetera, eccetera; e a me, poi, tocca rappezzare le vostre bugie presso quella megera innamorata. Basta, questa notte vi voglio veder di ritorno, a ragguagliarmi d’ogni cosa. Le due mila lire pei vostri compari le avrete a colpo fatto. E badate a non lasciarvi fuggire di bocca il nome di chicchessia; se no, metto fuoco alle polveri.... m’intendete?

- Oh, la non dubiti! - si affrettò a dire il Bello. - Ci ho troppi debiti con Vossignoria.... E poi, so bene come s’abbiano a maneggiare queste faccende.

- Benissimo, ora andate con Dio, e a rivederci stanotte. - Con queste parole il gesuita accomiatò il suo aiutante, e se ne tornò a passeggiare per la camera, stropicciandosi le mani.

- Ah, la vedremo! - andava mentalmente dicendo. - Domani a sera tenteranno la grande impresa per la liberazione d’Italia.... L’avranno, sì, l’avranno, l’Italia! L’avranno a Genova, a Livorno, a Napoli, e dovunque salterà loro il grillo di muoversi. E dire che se Bonaventura non era, se non li teneva d’occhio uno di questi poveri frati che i messeri del governo, per far cortesia alla plebaglia ubbriaca, hanno cacciato fuori come tanti lebbrosi, domani, sì davvero, sarebbero stati colti all’impensata! Che cime d’uomini! Ma vegliano per essi i lebbrosi, i reietti, e la Dio mercè comandano e comanderanno ancora un bel pezzo, a marcio dispetto dei libertini.... -

Il monologo fu interrotto in questo punto da un altro de’ sorrisi invisibili di padre Bonaventura. Il sarcastico uomo, non sapendo con chi pigliarsela, scherniva sè stesso. [p. 292 modifica]

- Adagio, Biagio! Tu vai mulinando una predica, come se si trattasse ancora di parlare ai fedeli nella chiesa di Sant’Ambrogio, o di tener bordone ai colleghi Curci e Bresciani sulla Civiltà Cattolica. Quegli arruffapopoli hanno la loro parte di ragione.... cioè intendiamoci, l’avrebbero, se venissero a capo de’ loro disegni. Post factum lauda. Ora comandiamo noi ed abbiamo ragione noi; questo è il punto. Branco di pecore matte, che non s’avvedono del lupo! E più matti quei giovani presuntuosi che s’attentano di tenere il campo contro di noi. Il Salvani, il colonnello in erba, l’avrà domani, la sua, e più salata che forse non pensa. Quanto all’altro.... Oh ecco! questi ha da essere proprio il Collini; sono infatti le undici. -

Era una nuova scampanellata (i lettori già l’indovinano), che interrompeva ancora l’allegro monologo del gesuita.

Il dottor Collini, che infatti era egli, entrò nello studio del suo antico maestro.

- Oh, buon giorno; capitate proprio a tempo; - gli disse Bonaventura.

- Mi avevate detto di esser da voi a quest’ora, e sono puntuale; - soggiunse il Collini; - la puntualità è la cortesia dei principi, e dei medici.

- E qui poi, dove non c’è nè un suddito nè un ammalato, - ripigliò il gesuita, - bisognerà darvene lode due volte. Sedete e ragioniamo.

- Domani a sera, dunque, - incominciò il Collini ex abrupto, - metteranno il fuoco....

- Lo so.

- Il Mazzini è in Genova da parecchi giorni, e....

- Lo so.

- Il Salvani s’è riserbata l’impresa della Darsena....

- Lo so. -

Il dottor Collini, interrotto da tutti questi monosillabi, ammutolì.

- Orbene, non dite altro?

- Che ho più da dir io, se ad ogni capoverso delle mie notizie rispondete: lo so?

- E sta bene; so per l’appunto tutte le cose che volevate accennarmi; ma non c’è proprio altro, e di più rilevante, che pure avevate da dirmi?

- Non v’intendo, padre mio.

- Ah, vedo che bisognerà rinfrescarvi la memoria. Il negozio del vostro banco.... Come si chiama il vostro banco? Cardi e.... [p. 293 modifica]

- Cardi Salati e compagni.

- Benedetto nome! Cardi Salati e compagni; me lo dimentico sempre. Or dunque, vi siete già intesi?

- Ma.... non ancora. Credevo che fosse un negozio poco urgente, da parlarne poi, a bell’agio e a mente riposata.

- No, no, v’ingannate, figliuol mio. È urgentissimo, anzi, e mi sta a cuore.

- Vi sta a cuore! - notò a denti stretti il Collini. - Io del resto ne ero già entrato, ma così alla grossa, e senza conchiuder nulla. Sapete che siamo cinque socii, che anzitutto a trovarci tutti insieme, e poi a persuaderci scambievolmente.... D’altra parte, si tratta di una somma ragguardevole, e di questi giorni non credo ci sia tanto danaro in cassa da poterne cavare tutto questo in una volta.

- Pretesti! ragazzate! - sentenziò Bonaventura. Queste cose s’hanno a poter fare in mezz’ora. Quanto al danaro, ne entrerà tutti i giorni. E poi, perchè lo tenete, se non per darlo a prestito e guadagnarvi su? Ora, questo negozio è d’oro, e così buone occasioni non capitano mica ogni giorno! -

Il Collini non rispose nulla a queste considerazioni; ma, con accento da cui trapelava un tal po’ d’amarezza, ne fece egli un’altra al maestro.

- Avete una gran voglia di aiutarlo, questo nobile spiantato!

- Sì, non lo nego, gli ho posto amore; - rispose Bonaventura, facendo ballar tra le dita la stecca che aveva tolta dallo scrittoio; segno che incominciava a perder la pazienza.

- E perchè, in tal caso.... Scusate, padre, se vi parlo alla libera....

- Sì, dite, dite; c’è sempre qualcosa da imparare, a sentirvi. -

Il Collini fece una smorfia; ma proseguì:

- Perchè, in tal caso, non gliele date voi ad imprestito, le trentamila lire?

- Io non le ho.

- Potete fargliele imprestare dal suo nonno, che ha tanti conti da saldare! - incalzò il Collini.

- Ragazzo!

- Ragazzo! Me lo avete già detto troppe volte.

- Perchè siete tale, e non volete mutarvi mai. Uomini nati ieri, che v’impancate coi vecchi, e non sapete ancora l’abbiccì della vita! Sentite, Collini; siete stato mio scolaro, e non avete fatto mala prova. La gente vi ha stima, come medico, [p. 294 modifica]lo concedo. Ma voi dovreste pur ricordare che tutto ciò che siete ora, non è merito del vostro ingegno, sibbene di chi ha preso a proteggervi.

- E l’ho io mai negato? - chiese il giovine, non giungendo ancora ad intendere dove volesse andare il gesuita.

- No, - soggiunse questi, - ma col fatto mostrate di volervi ribellare a quando a quando. E ciò non va bene. Lasciamo stare la gratitudine, santa che non è sul vostro calendario; lasciamo stare anche il vostro tornaconto, che io serberò per le frutte; parliamo da amici, da gente che si conosce, e che ha da stare insieme come pane e cacio. Queste vostre ribellioni mi seccano. Siete fidato ed operoso ma nella vostra fedeltà e nella operosità vostra recate troppi difetti. E i vostri difetti, figliol mio, se durano, leveranno il pregio ai vostri servizi.

- Difetti.... - si provò a dire il Collini.

- Sì, e non lievi. È il vostro vecchio maestro che ve lo dice, e che vuol darvi un insegnamento. Sarà l’ultimo. Volete che io vi dica quel che siete? Un cervello piccino. Ecco, voi eravate nulla, e da fanciullo, in collegio, portavate1 invidia ai più ricchi, ai più svegliati, ai più belli di voi. Una penna dorata, un calamaio, un astuccio di matite, messo in mostra da uno de’ vostri fortunati compagni, vi facevano stare in broncio per intiere giornate. Non eravate ricco di biancheria, nè di quei gingilli con cui si adorna la gioventù, ed eravate lì sempre a tirarvi i manichini, a rassettarvi allo specchio. Sono inezie, scusate, ma dalle inezie del fanciullo fanno capolino i vizi dell’uomo fatto. Vi ricordate la scena col Pedralbes? Amore della nettezza, direte voi, e sarà; ma intanto, quando il Pedralbes, vostro vicino allo studio, nella camerata, ebbe a farvi schizzare per caso una macchiolina d’inchiostro sulla vostra camicia di lino, gli metteste rabbioso i pugni sotto il naso, e minacciaste di richiamarvene al rettore, se egli non vi dava in cambio una delle sue belle camicie di tela battista, che guardavate da un pezzo con tanta malinconia di desiderio.

- Ma Padre, queste piccolezze....

- Abbiate pazienza; ora vengo al buono. All’università non vi siete mostrato punto dissimile da quello che eravate in collegio. Eravate assiduo alle lezioni, sempre a capo della prima panca, perchè i professori vi vedessero pigliar note di continuo, far tesoro dei loro insegnamenti. Ed anzi, per non averne a perdere un ette, imparaste anche la stenografia, e notaste ogni cosa, perfino gli spropositi. I vostri compagni [p. 295 modifica]vi chiamavano lo sgobbone; ma voi non ve ne davate per inteso, e tiravate innanzi a studiare. Ciò tornava ad elogio vostro, sicuro; non già il ricusar che facevate i vostri quaderni ai compagni, quando all’avvicinarsi degli esami, taluno di essi faceva capo a voi, perchè gli dèste una mano. Ricordate il Cosmelli, che tenuto a bada dalle vostre mezze promesse, non ebbe poi i quaderni, e fu coperto di palle nere all’esame?

- Voi vi ricordate di molte cose, - entrò a dire il Collini, che s’andava contorcendo sotto i colpi del sarcastico aguzzino, - ma io ricordo altresì che allora voi stesso mi deste ragione, perchè il Cosmelli era figlio d’un liberale.

- Non si tratta di me, ma di voi; - disse Bonaventura di rimando. - Proseguiamo intanto. Più tardi venne il tempo di raccogliere ciò che avevate seminato; venne il tempo degli onori, dei guadagni e degli amori. La vostra passione suprema, l’invidia, si manifestò sotto tutte le forme. Volevate esser ricco, per andar di pari passo coi ricchi; del dotto invidiavate i ciondoli, dell’elegante la sciocca attillatura, del giovinotto più in voga le avventure galanti. Credo che se un giorno passando per via aveste veduto far ressa intorno ad un pagliaccio e ammirarne le capriole, avreste invidiato la gloria del pagliaccio. E le donne, come piacevano a voi? Perchè piacevano ad altri. E quali vi piacevano di più? Quelle che notavate più riverite, più decantate dal pubblico. Corteggiavate la Cisneri perchè attorniata di spasimanti; v’impuntaste ad ottener le sue grazie per soddisfare una smisurata vanità, e ci guadagnaste una briga con Aloise di Montalto. Volevate atteggiarvi da cavaliere, da spadaccino, per non parere, anche in questo, da meno dei più celebrati Don Giovanni; e ne avete riportato il danno le beffe. Nè vi basta; c’è ancora il desiderio di mettere il vostro cuore a’ piedi della Torre Vivaldi. Crescono gli anni, la superbia del pari. Che diamine? la più ragguardevole dama, la più bella di Genova; e non ci saremmo un tantino anche noi, inginocchiati sul tappeto? C’è Aloise di Montalto, e noi no? Egli cercato, desiderato, voluto in casa dal marito, e noi no? Egli entrarci di primo acchito, laddove noi da due anni andiamo inutilmente implorando l’onore....

- E voi, padre, da due anni me lo contendete! - interruppe sdegnoso il Collini.

- Io non vi ho conteso nulla, - rispose Bonaventura, con la sua pacatezza crudele. - In queste cose io non c’entro. Il marchese Antoniotto non può chiamarvi presso di sè [p. 296 modifica]come medico, dacchè ci ha il suo, del quale non ha ragione a lagnarsi. Come amico, non vi conosce: non siete della sua sfera, e non può nè deve sapere che voi desideriate tanto di entrare in casa sua. Aloise di Montalto è in quella vece un gentiluomo....

- Senza il becco d’un quattrino.

- Più o meno; certo non è ricco, ma gentiluomo.

- Or bene, se vuol quattrini, li pigli a prestito dai gentiluomini.

- Lasciatemi finire, e glieli darete voi.

- Sì, - gridò amaramente il Collini, - perchè possa pagare il phaeton testè comperato a Milano; perchè si possa cavare il ruzzo di avere i due cavalli inglesi del principe Sobinski, e di sfoggiarla da gran signore sulla strada di Quinto....

- Sicuro, per tutte queste belle cose. Vedete, Collini, qui le vostre solite malinconie vi disaiutano, come sempre, e vi acciecano, come tante altre volte. Se foste un uomo avveduto, come vi dànno vanto di essere, avreste già capito che questo giovanotto manda le cose sue a rifascio; che con sette od ottomila lire di entrata, necessarie a vivere, non si possono far debiti senza mangiarsi il capitale. O che? vedete un giovine sodo, assennato fino al presente, il quale incomincia ad operare da pazzo, e non capite che le pazzie degli uomini sodi sono le più gravi e menano più rapidamente in malora? Per una vostra invidiuzza, per la soddisfazione di un momento, rinunziate ad una contentezza di tutta la vita? Venite qua, e consideriamo la questione da ambedue i lati. Entrate voi in casa Torre Vivaldi? No. Ed anco entrandoci, che fate? Nulla. Ve lo trovate di fronte, lui, sempre lui. Vi dà l’animo di romperla? Nemmeno. Ed anco se il cuor vi bastasse, vincereste il cuore di una donna come la Ginevra? Neppure. Egli ha gioventù, nome, bellezza, e non le ha baciato il sommo delle dita. Che otterreste voi, che non potete entrare in paragone con lui, e che al cospetto di quella avreste il gran torto di farle ricordare l’accaduto di San Nazaro? Ma guardate da quest’altra parte, la vendetta vera, la vendetta piena, la vendetta sicura. Tra un anno, Aloise è sul lastrico....

- Ah! - interruppe il Collini. - Così diceste il vero!

- È in vostra balìa che ciò avvenga. Non vi lasciate sviare dalla piccola invidia e della piccola vendetta; proseguite la grande. Ci guadagnerete voi, e non ci perderanno gli altri, che voi impacciate coi vostri rancori e le vostre imprese [p. 297 modifica]piccine. E qui torno al mio primo concetto, dal quale ho dovuto dilungarmi per voi. Obbedite senza disputare. La Compagnia, voi lo sapete meglio di tutti, non ha mai dimenticato i suoi fedeli. Essa ha il suo tornaconto a farvi salire, perchè altro è il servigio reso dal basso, altro il servigio reso dall’alto. Non mi parlavate voi d’un matrimonio? Orbene, io posso farvi contento, quando avremo dipanata tutta questa matassa.

- Ma.... - disse il discepolo a cui gli occhi sfavillarono subitamente, - quel nobilume accetterà d’imparentarsi con me?

- Perchè no, se noi lo vorremo? La fanciulla non ha volontà. Il consiglio di famiglia è tutto cosa nostra. Quanto alla nobiltà, siete un uomo per la quale; da due anni cavaliere; tra pochi giorni potrete essere uffiziale, e commendatore al tempo del matrimonio. Vi si farà eleggere deputato, se occorre. Farete una professione di fede costituzionale. Insomma, salirete, e i vostri nemici saranno nel fango. Abbacinato da tutte quelle grandezze che il maestro gli sciorinava sugli occhi, il Collini rimase un tratto sovra pensiero; quindi alzando la fronte e scuotendo il capo come uomo che ha pensato il pro ed il contro, rispose:

- Orvia, capisco che bisognerà fare a modo vostro. Il Montalto avrà domani le trentamila lire.

- Ah, così vi voglio! - soggiunse Bonaventura, alzandosi da sedere. - Ma badate; lettere di cambio! lettere di cambio! È vanaglorioso e vorrà pagare alla scadenza; perciò si voterà anco al diavolo, e in cinque giorni venderà per trenta ciò che vale sessanta. Voi mi capite.

- Oh, non dubitate. Padre mio; gli costeranno salate, quelle trentamila lire. Scadenza a tre mesi!

- Optime, fili mi; e lasciatevi vedere domani, che oggi s’è lavorato abbastanza.

Note

  1. Nell’originale "portatavate".