I naufraghi dello Spitzberg/14. Una storia d'orsi bianchi
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CAPITOLO XIV.
Una storia d'orsi bianchi.
Avendo scorta la nave, avevano senza dubbio abbandonati gli ice-bergs sui quali si erano imbarcati e spinti dalla fame, si erano affrettati ad approdare sul grande campo di ghiaccio, contando di pascersi colle carni dell’equipaggio.
Se fossero stati due o tre, Tompson non si sarebbe molto inquietato, ma erano una ventina e conoscendo la loro audacia, il baleniere voleva ricacciarli in acqua o distruggerli.
Dodici marinai, noti per la loro valentìa nel maneggio delle carabine, furono scelti per la grande caccia, mentre altri dodici dovevano mettersi a guardia dei magazzini per impedire il saccheggio dei viveri.
Quei due drappelli, guidati da Tompson e da Jansey, ai quali si era pure unito anche Oscar, attraversarono il bacino e si concentrarono attorno ai depositi.
Avendo il wacke una circonferenza di sei o sette miglia, ed essendo stato notato che gli orsi si erano dispersi parte sulle coste settentrionali e parte su quelle meridionali, i cacciatori decisero di dividersi in due drappelli, l’uno al comando di Jansey e l’altro del capitano baleniere.
– In marcia, giovanotti disse Tompson. Mirate con calma e guadagneremo delle belle pellicce e dei buoni arrosti.
Si mise alla testa di sei cacciatori e si diresse verso le coste meridionali in compagnia di Oscar, mentre Jansey, cogli altri, s’incamminava verso quelle settentrionali.
Gli orsi si vedevano distintamente, essendosi alzato il sole. Andavano e venivano lungo i margini del wacke a gruppi di due o tre, non osando ancora accostarsi alla Torpa, la cui massa giganteggiava in mezzo al bacino. Probabilmente attendevano qualche notte oscura o nebbiosa, per tentare un assalto generale.
– Li vedete, professore? chiese Tompson a Oscar.
– Sì, capitano, rispose questi, e mi pare che siano inquieti.
– Lo credo. Ci hanno già fiutati e prevedono un attacco.
– Credete che riusciremo a catturarli?
– Certo, ma ci saranno necessari parecchi giorni. Non tutti ci faranno fronte e quando si vedranno stretti da vicino, si getteranno in acqua ma per ritornare poi più tardi. Sono bravi nuotatori e possono resistere molte ore. .... ed in mezzo ai rottami vidi comparire la testaccia.... (Pag. 116)
– Avete ancora veduto tanti orsi radunati su di un banco di ghiaccio?
– Ordinariamente vivono isolati, o a due od a tre, ma in alto mare, ad una grande distanza dalle coste ne vidi parecchi raccolti su dei packs. Avendo l’abitudine d’imbarcarsi sugli ice-bergs, quando questi si sciolgono, si affrettano a raggiungere altri ghiacci e continuano così se ve ne sono. Sugli ultimi banchi si trovano allora riuniti in grosso numero.
– E quando si sciolgono anche gli ultimi ghiacci?
– Si annegano, se non trovano qualche isola o qualche costa rispose Tompson. Una volta ho pescato due orsi a duecento miglia dalle spiagge dell’isola Jan Mayen.
– Alcuni riescono a sbarcare anche sulle coste d’Europa?
– Sulla penisola di Kola, sulle spiagge del Mar Bianco e anche su quelle che si estendono fino al mar di Kara. Anche in Islanda ne sbarcano sovente, anzi nella mia gioventù mi è toccata un’avventura che mi fa ancora rizzare i capelli tutte le volte che mi torna alla memoria.
– Narrate, capitano, i nostri orsi sono ancora lontani.
– Mi trovavo sulle coste occidentali dell’Islanda. La nave che allora montavo in qualità di terz’ufficiale, avendo riportata una grave avaria in causa d’un urto contro un grande ice-berg, aveva dovuto poggiare nel golfo di Breda e chiedere soccorsi ad Asgasdur.
In cantiere doveva subìre delle lunghe riparazioni e non potendo riprendere il mare prima di tre settimane, avevo chiesto il permesso di recarmi a cacciare nei fiords del Shagestrand, dove mi avevano detto che le foche, le morse e gli eiders erano numerosi.
«Avevo fatto conoscenza con un valente cacciatore di foche, il danese Wicke, il quale si era costruita una capanna all’estremità d’un profondo fiord.
«Andavamo a caccia insieme molto di frequente, e m’insegnava tutte le astuzie per impadronirmi delle prede marine e terrestri.
«Una domenica ci accordammo per cacciare delle foche che si erano mostrate in buon numero nei dintorni del suo fiord.
«Al mattino, per tempissimo, abbandonai il villaggio che mi ospitava e mi diressi verso la capanna del mio danese, che era lontana sette od otto miglia.
«Eravamo nel colmo dell’inverno. I ghiacci avevano bloccate tutte le coste ed altri continuavano a scendere dalle coste meridionali della Groenlandia, mentre un altissimo strato di neve copriva la terra.
«Il freddo era diventato così acuto, che toccando un oggetto di ferro faceva l’effetto d’una dolorosa bruciatura. Il termometro aveva segnato -37° centigradi.
«Avevo percorso già sette miglia e cominciavo a distinguere la capanna di Wicke che era mezzo sepolta fra la neve, quando volgendo gli sguardi verso il mare scorsi un enorme ice-berg che s’avanzava verso la costa.
«Dapprima non vi feci caso, essendo cosa comunissima in quella stagione, ma osservando meglio, vidi sei masse biancastre agitarsi sul fianco del ghiaccione.
«Aguzzai gli sguardi e immaginatevi quale fu il mio terrore nello scorgere sette od otto orsi bianchi che mi guardavano con ardente bramosìa, pronti a gettarsi in acqua ed assalirmi.
«Non vi era da dubitare. Si erano imbarcati su quell’ice-berg staccatosi dalle coste della Groenlandia, per lasciarsi trasportare verso il sud, sperando di trovare delle prede più abbondanti.
«Dovendo noi cacciare le foche, mi ero munito d’un solo arpione, arma da preferirsi al fucile contro quegli anfibî, ma poco utile contro gli orsi. Non potendo quindi far fronte a quei formidabili nemici, mi misi a correre come un pazzo e giunsi alla capanna nel momento che le belve sbarcavano.
«Wicke era un uomo coraggioso. Informato dell’avvicinarsi di quei pericolosi avversari, m’invitò a seguirlo. Si era armato d’un vecchio e pesante fucile e d’una scure.
«A poche centinaia di metri si era arrestata un’orsa che era accompagnata da due orsacchiotti.
«Wicke, senza pensare al pericolo a cui si esponeva, fece fuoco e abbattè la madre, ma quasi subito vedemmo correrci addosso cinque maschi di statura gigantesca.
«Ebbimo appena il tempo di fuggire e di rinchiuderci nella capanna. Poco dopo gli orsi ci assediarono strettamente, impedendoci qualunque uscita.
«Wicke cercò di respingerli a colpi di fucile, ma quando volle far uso dell’arma, s’accorse che si era guastato il grilletto.
«La nostra situazione minacciava di diventare disperata. Non potevamo contare su alcun soccorso, poichè la capanna si trovava isolata e non vi era un solo abitante in un raggio di sei miglia. Uscire ed affrontare gli orsi colle scuri e colle fiocine sarebbe stata un pazzia, un voler farsi uccidere.
«Non ci restava che di armarci di pazienza e attendere che gli assedianti si stancassero; magra speranza, poichè sapevamo che gli orsi sono testardi. Avevamo in prospettiva la fame, essendo la capanna quasi sprovvista di viveri, ed un furioso assalto.
«Intanto le belve continuavano a ronzare attorno alla nostra dimora, emettendo sordi urli. Le loro formidabili unghie stridevano sulla neve gelata e di quando in quando intaccavano le pareti di legno, cercando di aprirsi un passaggio.
«Per un’ora gli assedianti s’accontentarono di girare e rigirare, poi non li udimmo più. Ci nacque allora il sospetto che cercassero di scavare una galleria.
«Passammo parecchie ore in angosciosa aspettativa. Era scesa la nebbia e l’oscurità era diventata profonda, quando Wicke mi disse:
– Presto, alzatevi e coraggio. Stiamo per venir assaliti.
«Aveva udito un sordo rumore che veniva dalla parete destra. Pareva che qualcuno grattasse la terra, cercando di passare sotto i pali della capanna.
«Non vi era da ingannarsi. Gli orsi avevano scavata una galleria e stavano per sollevare il pavimento di neve battuta.
«Afferrammo i ramponi e le scuri e ci tenemmo pronti a difenderci disperatamente. Ad un tratto mi sentii mancare il terreno sotto i piedi ed una parte del pavimento crollò, mentre due pali si spostavano.
«Udii un ruggito da far gelare il sangue all’uomo più intrepido, ed in mezzo ai rottami vidi apparire la testaccia d’un orso coperta di neve e di frammenti di ghiaccio.
«Il danese era rimasto in piedi mentre io ero caduto. Lo vidi alzare la scure e abbassarla con rapidità fulminea.
«Udii un colpo sordo, come s’infrangesse qualche cosa di duro, poi un rauco urlo e sentii delle gocce di materia calda balzarmi in viso.
«Il pavimento si livellò e l’apertura si turò, ma a fior di terra era rimasta la testa dell’orso colla bocca sbarrata ed il cranio aperto da un colpo di scure.
«— È morto, mi disse il danese. La galleria è chiusa dal corpo di questo bestione e per ora nulla abbiamo da temere.
«All’esterno si udivano gli altri orsi a urlare. Essendo il loro compagno rimasto nella galleria, erano stati costretti a tornare indietro.
«Resi furiosi per quello scacco, si gettarono contro le pareti della capanna cercando di aprire un’altra breccia, ma i pali che erano solidamente uniti, resistettero ai loro sforzi ed ai loro artigli.
«Tutta la notte si aggirarono attorno alla nostra dimora tentando sempre di atterrare le pareti. Noi, in preda a continue angosce, correvamo or qua ed or là pronti a respingere l’assalto.
«All’alba la situazione non era cambiata. Verso le dieci del mattino, però, udimmo delle grida e dei colpi di fucile.
«Una barca montata da alcuni pescatori s’avvicinava alla spiaggia e avendo veduto gli orsi, quei bravi uomini avevano aperto un vivo fuoco.
«Pochi momenti dopo le fiere scomparivano fra i ghiacci e noi ci trovavamo fra le braccia dei salvatori.»
– Una terribile avventura, in fede mia disse Oscar, che l’aveva ascoltata con vivo interesse.
– Che mi ha fatto scombussolare il sangue per due settimane, rispose Tompson, ridendo. Vi assicuro che non sono più tornato in quel fiord.
Ah! Ecco laggiù un orso che ci guarda sospettosamente. Professore, mirate bene e cercate di colpire la testa.