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capitolo xiv — una storia d'orsi bianchi 115


lasciarsi trasportare verso il sud, sperando di trovare delle prede più abbondanti.

«Dovendo noi cacciare le foche, mi ero munito d’un solo arpione, arma da preferirsi al fucile contro quegli anfibî, ma poco utile contro gli orsi. Non potendo quindi far fronte a quei formidabili nemici, mi misi a correre come un pazzo e giunsi alla capanna nel momento che le belve sbarcavano.

«Wicke era un uomo coraggioso. Informato dell’avvicinarsi di quei pericolosi avversari, m’invitò a seguirlo. Si era armato d’un vecchio e pesante fucile e d’una scure.

«A poche centinaia di metri si era arrestata un’orsa che era accompagnata da due orsacchiotti.

«Wicke, senza pensare al pericolo a cui si esponeva, fece fuoco e abbattè la madre, ma quasi subito vedemmo correrci addosso cinque maschi di statura gigantesca.

«Ebbimo appena il tempo di fuggire e di rinchiuderci nella capanna. Poco dopo gli orsi ci assediarono strettamente, impedendoci qualunque uscita.

«Wicke cercò di respingerli a colpi di fucile, ma quando volle far uso dell’arma, s’accorse che si era guastato il grilletto.

«La nostra situazione minacciava di diventare disperata. Non potevamo contare su alcun soccorso, poichè la capanna si trovava isolata e non vi era un solo abitante in un raggio di sei miglia. Uscire ed affrontare gli orsi colle scuri e colle fiocine sarebbe stata un pazzia, un voler farsi uccidere.

«Non ci restava che di armarci di pazienza e attendere che gli assedianti si stancassero; magra speranza, poichè sapevamo che gli orsi sono testardi. Avevamo