I misteri del processo Monti e Tognetti/Capitolo XXXIV

XXXIV. La firma del Papa

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Capitolo XXXIII Capitolo XXXV
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XXXIV

La firma del Papa.


Dopo tre quarti d’ora, il Papa era di ritorno nel palazzo del Vaticano, scese di carrozza sotto il portico del gran cortile quadrato, e preceduto dalle guardie e dai prelati di camera, seguito a breve distanza dal cardinale, sali le scale.

Erano giunti alla loggia dove stanno le scene del Vecchio Testamento, dipinte dalla mano di Raffaello d’Urbino, e da quella passavano nell’atrio vicino, quando all’improvviso apparve una donna, la quale, resistendo alle guardie, e trapassando lo stuolo dei cortigiani, venne a genuflettersi innanzi al Papa.

La voce soffocata dall’emozione e dai singhiozzi non le serviva, e invano cercava di parlare distintamente.

— Santo Padre!... mio marito!... furono le sole parole che potè emettere a stento, poi cadde svenuta.

L’inaspettata apparizione, l’agitazione di quella donna, fecero qualche [p. 141 modifica]impressione sull’animo di Pio IX, il quale ordinò che appena fosse rinvenuta fosse introdotta nelle sue stanze.

Infatti, dopo qualche minuto, Lucia Monti veniva condotta in quella medesima stanza cremisina, dove vedemmo il Papa pregare colle ginocchia posate sulla doppia sentenza di morte.

Questa volta, rinfrancata alquanto, e rimessa dallo sgomento del primo incontro, la moglie del condannato trovò una parola libera e commovente, pregando per suo marito.

— Santità! diceva ella, con una parola lei può ritornare da morte a vita il mio povero marito, la pronunci questa parola, per amore di Dio; e lei sarà come un Dio per me! Io la prego pei miei piccoli bambini, che aspettano il loro padre. Pensi che ha tanto sofferto, poveretto, in quest’anno, che ha passato in prigione, lontano dalla sua famiglia, e sopratutto dopo la condanna, all’idea di non poter più abbracciare i suoi figli. Oh! se ha fatto del male lo ha già pagato. Santo Padre! gli perdoni, come ha perdonato Nostro Signore. Renda il padre a quei poveri piccini, renda il marito a questa povera derelitta! Non abbiamo nel mondo altro sostegno, altra guida. Se questa ci manca, che sarà di noi? Ella, che è il padre degli afflitti, il ministro di Gesù Cristo, si lasci commovere da questo pianto, abbia compassione di noi poveri cristiani, ci tolga dalla desolazione! Può consolarci con una parola, la dica, per la Beata Vergine, per tutti i Santi la dica!

A questo punto l’infelice donna fu vinta nuovamente dall’emozione, si lasciò andare singhiozzando, prostesa colle mani giunte e la testa sul terreno.

Nel cuore del Papa si agitava una fiera tenzone. Lo abbiamo già detto, il cuore di Pio IX non è del tutto indurito. Sotto il lievito dell’egoismo e dell’indifferenza epicurea, accumulata da tanti anni di pontificato, serba ancora una fibra sensibile: e questa fu scossa dal pianto e dalle preci di quella meschina.

Egli si sarebbe adunque piegato a far la grazia ai condannati; ma appena vi poneva il pensiero, gli si presentavano nello stesso tempo i fantasmi dei gesuiti, e degli zuavi, e di Antonelli, e dei cardinali arrabbiati, che l’impaurivano, e sgridavano, e lo distoglievano dall’idea della clemenza, come da una debolezza imperdonabile e fatale.

Ma i muti singulti di Lucia, più eloquenti delle sue parole, a poco a poco finivano di vincere il cuore del vecchio. Egli si alzò di subito: si avvicinò al tavolo, vi trovò la carta, e la penna, che poco prima gli aveva presentato il cardinale Baldoni. Intinse la penna, e scrisse una linea sulla carta.

In quel momento entrò un camerario, ad annunziare il padre Ferri.

Pio Nono rabbrividì.

Il padre Ferri era il confessore che la compagnia di Gesù aveva scelto [p. 142 modifica]a dominarlo esso rappresentava agli occhi del Papa tutta intera l’idra gesuitica nella sua immensità spaventosa.

Egli si scostò dal tavolo, e fe’ cenno al camerario di allontanare la supplicante. Il domestico disse a Lucia di seguirlo. Essa avrebbe voluto aggrapparsi disperatamente a quell’ultima speranza della grazia, ma sentiva mancarsi le forze. In quello sforzo supremo aveva esaurito ogni vigore, mandò un ultimo gemito di preghiera verso il Pontefice, e dove attaccarsi al braccio del camerario per uscire senza cadere.

Mentre Lucia si allontanava dalla stanza del Papa, vi entrava in sua vece il Padre Ferri.

Egli s’inginocchiò dinanzi al Pontefice, e cominciò:

— Santo Padre! È la beatissima Vergine concetta senza macchia, che mi ha ispirata l’idea di venire a trovarla. Vostra Santità sta per prendere una gravissima risoluzione, ed io che indegnamente fui assunto all’onore di dirigere la sua coscienza, mi sento in dovere di porgerle una parola di consiglio.

— Padre! Venite a parlarmi in qualità di mio confessore? disse il Papa.

— Santità sì.

— Alzatevi dunque, e parlate al servo dei servi di Dio.

Il gesuita si levò in piedi e parlò in tuono d’ispirazione profetica, mentre il Papa seduto sul seggiolone, ma curvo col tronco, e col capo in segno di reverenza, lo stava ascoltando.

— Voi, Padre beatissimo, in questo momento porgete l’orecchio alla voce della clemenza, bella virtù e degna veramente d’un re sacerdote! Ma quando la giustizia fa udire la sua parola, la clemenza deve cedere e tacere. Perfino l’Onnipotente chiuse l’orecchio alle voci della misericordia e non esitò a sacrificare il suo prediletto figliuolo per soddisfare alla giustizia. La giustizia è la base e il cardine d’ogni opera buona, e senza la giustizia le altre virtù non sono altro che ombre ed errori. Nubi gravide di tempeste stanno addensate nei cieli, il tuono rumoreggia nell’aere, le mine degli empj sono approntate sotto i nostri piedi, e non aspettano che la scintilla che mandi tutto in rovina. In chi troveremo soccorso, se mostriamo di amare i nostri nemici più degli stessi difensori, e se lascieremo inulte le ossa di coloro che sono morti per noi? Nè possiamo lusingarci di vincere colla mansuetudine i nostri nemici. Il demone dell’empietà li ha acciecati, e non anelano se non che distruzione e rovina. Il nostro perdono è l’arma di cui si sono valsi altra volta per ribellarsi, e cacciare lontano gli eletti del Signore. Con costoro la misericordia diventa empietà, e pietà il rigore.

Pio IX ascoltava tacendo; non rispose, non fiatò. Stese la mano sulla tavola, prese la carta che aveva scritta poco prima, e la lacerò.

Il gesuita comprese il suo trionfo e sorrise. [p. 143 modifica]

Nello stesso tempo veniva annunziato il cardinale Antonelli.

— Datemi quel foglio, disse il Papa al Camerario.

E indicò la sentenza, ch’era rimasta sul cuscino dell’inginocchiatoio.

Il famigliare prese la carta, e la porse inginocchiandosi al Pontefice. Questi afferrò la medesima penna con cui aveva un minuto prima vergato la grazia, e scrisse rapidamente due parole in calce a quel foglio, mentre il segretario di Stato entrava nella stanza.

— Eminentissimo, a voi! disse Pio IX porgendogli il foglio. Ecco la sentenza approvata.

Antonelli la prese senza parlare, e scambiò col padre Ferri un’occhiata di soddisfazione.

Il Papa li invitò a lasciarlo solo, dicendo che non si sentiva bene.

Quel debole vecchio, sbattuto da tante emozioni, stava male veramente.

Il cardinale e il gesuita uscirono insieme.