<dc:title> I fioretti di Sancto Francesco </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Anonimo</dc:creator><dc:date>XIV secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Anonimo - I fioretti di Sancto Francesco.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=I_fioretti_di_Sancto_Francesco/Capitolo_IL&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20240703070848</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=I_fioretti_di_Sancto_Francesco/Capitolo_IL&oldid=-20240703070848
I fioretti di Sancto Francesco AnonimoAnonimo - I fioretti di Sancto Francesco.djvu
Come frate Giovanni della Verna si convertí, come Cristo il visitava dimesticamente et amorevolmente.
F
ra gli altri savj e santi frati e figliuoli di sancto Francesco, i quali, secondo che dice Salomone, sono la grolia dello Padre, fu’ a nostri tempi nella detta provincia della Marca il venerabile e santo frate Giovanni da Fermo: il quale, per lo grande tempo che dimorò nello sancto luogo della Verna, et ivi passò di questa vita, era pure chiamato frate Giovanni della Verna, imperò ch’elli fu uomo di singulare vita e di grande santità. Questo frate Giovanni, essendo fanciullo secolare, desiderava con tutto il cuore la via della penitenzia, la quale mantiene la mondizia dello corpo e della anima; onde, essendo bene piccolo fanciullo, si cominciò a portare Il coretto di maglia et il cerchio dello ferro a carne ignuda, et a fare grande astinenzia, ispezialmente quando dimorava co’ calonaci di sancto Pietro di Fermo, i quali viveano isprendidamente. Elli fuggiva le delizie corporali e macerava il corpo suo con grande rigidità d’astinenza. Ma abbiendo in ciò i compagni molto con[p. 181modifica][p. 182modifica]trarj, i quali gli spogliavano il coretto e la sua astinenzia impedivano in diversi modi, egli ispirato da Dio pensò di lasciare il mondo colli suoi amatori, e d’offerire sé tutto nelle braccia dello Crocefisso collo abito dello crocefisso di sancto Francesco, e cosí fece. Essendo adunque riceuto all’Ordine cosí fanciullo e commesso alla cura dello maestro de’ novizj, diventò sí ispirituale e divoto, che alcuna volta, udendo il detto maestro parlare di Dio, il cuore suo si struggeva come la cera presso allo fuoco, e con sí grande soavità di grazia si riscaldava in amore divino, ch’elli non potendo istare fermo e sostenere tante soavità, si levava e come ebbro di spirito discorreva ora per l’orto, ora per la selva, ora per la chiesa, secondo che la fiamma e lo empito dello ispirito il sospingneva. Poi in processo di tempo la divina grazia continuamente fece questo angelico uomo crescere di virtú in virtú et in doni cilestiali e divine elevazioni e rapti; intanto che alcuna volta la mente sua era elevata a’ sprendori di Cherubini, alcuna volta ad ardori di Serafini, alcuna volta a’ gaudi biati, alcuna volta ad amorosi et eccessivi abbracciamenti di Cristo, non solamente per gusti ispirituali dentro, ma eziandio per espressi segni di fuori e gusti corporali; e singularmente per eccessivo modo una volta accese il suo cuore la fiamma dello divino amore, e durò in lui questa fiamma ben tre anni; nello quale tempo elli riceveva maravigliose consola[p. 183modifica]zioni e visitazioni divine: et ispesse volte era ratto in Dio, e brievemente nello detto tempo elli parea tutto affocato e inceso dallo amore di Cristo; e questo fu in sullo monte santo della Verna. Ma, imperò che Dio à singulare cura de’ suoi figliuoli, dando loro, secondo diversi tempi, ora consolazione, ora tribulazione, ora prosperità, ora aversità, siccom’elli vede ch’egli è di bisogno loro a mantenersi in umiltà, overo per accendere piú il loro disiderio alle cose cilistiali; piacque alla divina bontà dopo i tre anni sotrare dal detto frate Giovanni questo raggio e questa fiamma dello divino amore, e privollo d’ogni consolazione ispirituale; di che frate Giovanni rimase sanza lume e sanza amore di Dio, e tutto isconsolato et afritto et addolorato. Per la qual cosa egli cosí angostioso se n’andava per la selva, discorrendo in qua et in là, chiamando con voci e con pianti e con sospiri il detto riposo dell’anima sua. Il quale s’era nascoso e partito dell’anima sua; e sanza la cui presenzia l’anima sua non truova requie, né riposo. Ma in niuno luogo et in niuno modo elli poteva ritrovare il dolce Gesú, né rabbattersi a quelli soavissimi gusti ispirituali dello amore di Cristo, com’elli era usato. E durògli questa cotale tribulazione per molti dí, ne’ quali elli perseverò in continuo pianto e sospiri et in pregare Iddio che gli rendesse per la sua pietà il diletto riposo della anima sua. Alla perfine, quando piacque a Dio d’avere provato assai la sua pacien[p. 184modifica]zia, et acceso il suo desiderio, uno di che frate Giovanni s’andava per la detta selva cosí afritto e tribolato, è per lassezza si puose a sedere accostandosi a uno faggio, et istava colla faccia tutta bagnata di lagrime guatando inverso il cielo, ecco subitamente apparve Jesú Cristo presso a lui nello viottolo, onde frate Giovanni era venuto; ma non diceva nulla. Veggendo frate Giovanni e riconoscendolo bene ch’elli era Cristo, subitamente gli si gettò a’ piedi, e con ismisurato pianto il pregava umilissimamente e diceva: — Soccorrimi, Signor mio, imperò che sanza te, salvatore mio dolcissimo, io istò in tenabre et in pianto. Sanza te, agnello mansuetissimo, istò in angoscia et in paura; sanza te, figliuolo di Dio altissimo, istò in confusione et in vergogna; sanza te io sono ispogliato d’ogni bene et accecato, imperò che tu se’ Gesú, vera luce delle anime; sanza te io sono perduto e dannato, imperò che tu se’ vita delle anime e vita delle vite; sanza te sono isterile et arido, però che tu se’ fonte d’ogni dono e d’ogni grazia; sanza te io sono al tutto isconsolato, però che tu se’ Jesú nostra redenzione, amore e desiderio, pane confortativo e vino, che rallegri i cuori delli angioli, i cuori di tutti i santi; inlumina me, maestro grazioso e pastore piatosissimo, imperò ch’io sono tua pecorella, benché indegna. Ma imperciò che il desiderio de’ santi uomini, il quale Iddio indugia ad esaudire, sí gli accende a maggiore amore e merito, Cristo [p. 185modifica]benedetto si parte sanza essaudirlo e sanza parlargli niente, e vassene per lo detto viottolo. Allora frate Giovanni si leva su e corregli dietro et a capo, gli si gitta a’ piedi, e con una santa inportunità sí lo ritiene e con divotissime lagrime il priega, e dice: — O Gesú dolcissimo, abbi misericordia di me tribulato, esaudiscimi per la moltitudine della tua misericordia, e per la isparsione del tuo sangue prezioso risuscita l’anima mia nella grazia dello tuo amore, conciò sia cosa che questo sia Il tuo comandamento che noi t’amiamo con tutto il cuore e con tutto l’affetto, il quale comandamento niuno puote adempiere sanza il tuo aiuto. Aitami dunque, amatissimo figliuolo di Dio, sicch’io ami te con tutto il mio cuore e con tutte le mie forze. — Et istando cosí frate Giovanni in questo parlare a pié di Gesú, fu da lui essaudito e riebbe da lui la prima grazia, cioè della fiamma dello divino amore. E tutto si sentí rinnovato e consolato; e conoscendo il dono della divina grazia esser ritornato in lui, cominciò a ringraziare Cristo benedetto et abracciare divotamente i suoi piedi; e poi, rizzandosi per raguardare il Salvatore in faccia, Cristo gli condiscese e porse le sue mani santissime a baciare. E baciate che frate Giovanni l’ebbe, sí s’apressò et accostò allo petto di Jesú, et abracciollo e baciò il suo sagratissimo petto, e Cristo abbracciò e baciò simigliantemente lui, et in questo abracciare e baciare frate Giovanni sentí tanto odore [p. 186modifica]divino, che se tutte le spezierie e tutte le odorifere cose dello mondo fossono state ragunate insieme, sarebbono parute uno puzzo a comparazione di quello odore. Et in esso fu allora frate Giovanni tutto ratto e consolato et inluminato, e durogli quello odore nella anima sua molti mesi. E d’allora innanzi della sua bocca, abbeverata alla fonte della divina sapienza nello sagrato petto dello Salvatore, uscivano parole maravigliose e cilestiali, le quali mutavano i cuori di chi le udiva, e facevano grande frutto alle anime. E nello viottolo della selva, nello quale istetteno i benedetti piedi di Cristo, e per buono ispazio d’intorno, sentiva frate Giovanni quello odore, e vedeva quello isprendore sempre quando v’andava. Ivi a gran tempo poi, ritornando in sé poi frate Giovanni dopo quello ratto, e disparendo la presenza corporale di Cristo, elli rimase sí inluminato nella anima nello abisso della sua divinità che, bene ch’elli non fosse uomo litterato per umano istudio, nondimeno elli meravigliosamente solveva le questioni sottilissime et alte della Trinità divina e li profondi misteri della sancta Iscrittura; e molte volte, parlando dinanzi allo Papa et a’ cardinali e dinanzi alli re baroni e maestri e dottori, tutti gli metteva in grande istupore, per le alte parole e profonde sentenze ch’elli diceva. A laude di Cristo. Ammen.