I divoratori/Libro secondo/XXX

XXX

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XXX.

Per il giorno delle nozze, Giugno — quell’elementare pittore! — aveva spennellato il mondo di striscie azzurre, di chiazze verdi, di sprazzi d'oro [p. 399 modifica]

La carrozza che doveva condurre alla stazione gli sposi aspettava alla porta del loro palazzo, circondata da una folla allegra e impaziente. I cavalli sauri scalpitavano scotendo le criniere. Quando, bionda e ritrosa, in cima allo scalone comparve Anne-Marie a braccio dello sposo, la folla diede un grande grido d’evviva, acclamandola come all’uscita d’uno dei suoi concerti.

La sposina sorrise cogli occhi luminosi, e la graziosa testa sotto al piumato cappello ondeggiò salutando a destra e a manca. Allora, dalla folla, cento mani si stesero verso di lei, ed ella leggiadramente sostò sull’ultimo gradino, e tese le sue mani a tutte quelle mani, e sorrise a tutti quei sorrisi, ringraziando e salutando.

Alto e serio al suo fianco, lo sposo avrebbe voluto farle fretta a salire nella carrozza; ma Anne-Marie, dolce e volontaria, sostava, rispondendo a tutti, ringraziando tutti; dicendo «addio! addio! arrivederci!... addio!»

Il giovane marito la sospinse dolcemente verso l’aperta portiera, e poi come ella con un piede già sul predellino s’indugiava ancora, egli la sollevò per l’esile vita e la mise nella carrozza; poi saltò dentro accanto a lei e chiuse lo sportello.

Spronati e spaventati dagli evviva della folla, i cavalli si lanciarono al galoppo battendo scintille dal selciato. In un attimo furono in fondo alla strada e fuori di vista.


...Nancy era rimasta sola in casa.

Sola. Ritta, immobile in mezzo alla stanza dove l’ultimo bacio di Anne-Marie l’aveva lasciata, ella udiva salire dalla via le acclamazioni e gli evviva. E per un istante si figurò che fosse la fine di un concerto, e che ella ed Anne-Marie salissero in carrozza per tornare a casa. Ecco: la portiera era chiusa, mille visi ignoti sorgevano intorno agli sportelli, ed Anne-Marie, la sua bambina, [p. 400 modifica] salutava — prima dall’una finestra, poi dall’altra — agitando le mani, ringraziando, ridendo... I cavalli partivano, ed Anne-Marie ricadeva indietro tra le braccia di sua madre, nascondendole il viso sul petto con un piccolo sospiro di felicità. Ed erano sole, dopo tanta folla e tanto rumore; sole, nella penombra della carrozza piena di fiori. E Nancy sentiva nella sua mano la tiepida manina di Anne-Marie; e ne vedeva diffusi sul suo petto i morbidi capelli biondi... Udiva la dolce domanda puerile, che era come il ritornello d’una canzone: «Ti è piaciuto il mio concerto, Liebstes?... Sei felice, cara mamma mia?»... Poi non si parlava più fino all’arrivo a casa. La casa per loro era sovente un albergo ignoto, in una sconosciuta città di un paese straniero. Ma era sempre «casa loro», perchè erano insieme!...

Ed ora... Nancy era sola. Sola! Il silenzio le sussurrò all’orecchio la terrificante parola.

Sola! Le desolate mura lo ripeterono... Poi l’universo parve urlarlo al suo spaventato cuore.

Nancy si mosse come in sogno e s’avvicinò alla finestra.

La strada era vuota.

La casa era vuota.

Il mondo era vuoto.

Nancy traversò barcollando la stanza, e uscì nel corridoio. Si fermò davanti alla porta chiusa della camera di Anne-Marie. Sporse tremando la mano e aprì l’uscio... Vuota, vuota la chiara stanza ridente!...

Sul letto giaceva, socchiusa, una cassetta da violino: era il Guarnerius del Gesù, abbandonato nella sua piccola cassa da morto.

Nancy si guardò intorno, disperata e convulsa. Dalla parete le sorrideva Fräulein, morta a Parigi qualche anno prima. E sopra il caminetto, tra Joachim e Beethoven, pendeva un piccolo ritratto di Bemolle, tornato [p. 401 modifica] umilmente a Praga ad assistere il Professore ormai vecchio, amareggiato, e quasi cieco.

Finito tutto... passato tutto... vano tutto...

E Nancy d’un tratto vide stesa davanti a sè la Vita — la Vita, in tutta la sua iniqua e spaventosa inutilità — la breve, vana, tragica, sonnambulesca corsa dal Nulla al Nulla.

Allora Nancy pianse e gridò — gridò forte, come una creatura ferita, inginocchiata presso la finestra, stendendo al cielo le braccia desolate.

— Anne-Marie, Anne-Marie!... Mio Dio! mio Dio! ridatemela! Fate che tutto questo sia un sogno! Fate ch’io mi svegli a trovare Anne-Marie ancora piccola nelle mie braccia!... Mio Dio, ma che cosa farò io ora? Che cosa farò?...

Nulla.

Non c’era più nulla da fare per Nancy.

Ormai era tardi. La sua creatura era partita. Il suo Libro era morto. Il Giardino azzurro era chiuso.