I divoratori/Libro secondo/XXIX

XXIX

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XXIX.

Il chiuso fiore del tempo svolse i suoi petali.

E i giorni lucenti e le notti stellate spinsero la piccola Anne-Marie di trionfo in trionfo. E le versarono flutti di mare negli occhi e flutti di sole sui capelli. Ed ella assurse fulgida come un giglio alla virginea e radiosa gioventù.


Il chiuso fiore del tempo svolse i suoi petali.

E i giorni e le notti versarono il loro crepuscolo su Nancy, e la spinsero indietro nell’ombra dove seggono le madri, con miti labbra che nessuno bacia, con dolci occhi di cui nessuno conta le lagrime [p. 398 modifica]

Ella imparò a scordare. Scordò di essere stata giovane; scordò di essere stata poeta. Scordò di aver saputo un giorno la storia del Giardino azzurro:

La belle qui veut
La belle qui n’ose
Cueillir les roses
Du jardin bleu.

Il Giardino azzurro della gioventù chiuse pianamente le sue porte dietro di lei; e i fiori che Nancy non vi aveva colti, ora per lei non fiorirebbero più.

Ma per Anne-Marie, quando il tempo fu venuto, si spalancarono i dorati cancelli.

Allora il folle Pifferaro della Gloria la chiamò invano.

Anne-Marie aveva udito un’altra voce — la voce lontana del richiamo d’Amore. Frale e formidabile quell’appello le scuoteva il cuore.

Il Pifferaro gridava: «Vieni! che fai? Vieni! è per di qua la Fama; sei alla porta dell’Immortalità!»

Anne-Marie esitò... ristette. Poi si volse e seguì la voce novella.

E l’Amore le tolse di mano il violino. L’Amore le cinse di tenui fiori d’arancio la candida fronte, sulla quale già, grave e maestosa, la Gloria protendeva l’ombra del serto d’alloro.